Partiti e politici
Pd e 5 stelle: neanche gli elettori si piacciono molto
Ancora molte sono le divergenze su molte questioni sia tra i vertici che tra gli elettorati dei due partiti che dovrebbero rappresentare la colonna portante di un’alleanza programmatica per riuscire a sconfiggere l’attuale governo. Pare che non siamo ancora a buon punto…
Sappiamo come, da molti decenni ormai, le alleanze che l’area di sinistra persegue sono sempre a rischio, molto intermittenti e spesso interrotte nel momento migliore per dare una svolta decisiva alla politica italiana.
Per limitarci alla Seconda Repubblica, prima con Occhetto – nel 1994 – e la mancata intesa con il centro di Segni, che probabilmente l’avrebbe portato alla vittoria su Berlusconia; poi con il ritiro di Bertinotti dal governo Prodi nel 1998 e con quello di Mastella dal secondo Prodi nel 2008. Tutte occasioni perse dai diversi partiti di centrosinistra (Pds, Ds, Margherita) per riuscire ad avere esecutivi solidi e duraturi.
Una situazione che si è riproposta nel 2022, con Letta, e in questi mesi con la nuova segreteria Schlein: ancora una volta le supposte alleanze restano fragili, inesistenti i punti programmatici di eventuale accordo almeno di medio termine, difficili le reciproche “fiducie” tra i leader delle principali forze politiche, in particolare tra quelle che sono le più importanti dal punto di vista del consenso elettorale.
Insomma: Schlein e Conte non si fidano l’uno dell’altra, ognuno vuole essere il punto di riferimento della coalizione, facendo ombra sull’alleato. E in questi giorni, lo sappiamo, gli avvisi di garanzia verso il personale politico vicino al Pd hanno dato il via ad una serie di ripensamenti “etici” del leader dei 5 stelle, che come sempre avviene da tutte le parti politiche, sottolinea deficit di trasparenza negli altri schieramenti e (quasi) mai nel proprio. Ma tant’è.
La cosa interessante da capire è se questa mancanza di fiducia e questa mancanza di unitarietà di vedute politiche appartiene soltanto ai livelli dirigenziali ovvero è attribuibile anche ai rispettivi elettorati. Possiamo scoprirlo analizzando brevemente, avvalendoci delle rilevazioni di Ipsos degli ultimi mesi, le opinioni di chi si professa vicino al Pd e al M5s.
Il primo dato, già di per sé un pochino preoccupante nella valutazione del grado di sovrapposizione dei due elettorati, è il livello di fiducia che essi nutrono per l’altra forza politica: tra i pentastellati, soltanto il 35% dichiara la propria fiducia a Schlein e un misero 20% fornisce un giudizio positivo sul Pd; va lievemente meglio tra i dem, tra i quali Conte viene giudicato positivamente dal 46%, mentre il Movimento 5 stelle ottiene il gradimento del 35%. Insomma: non un buon viatico per le eventuali speranze che anche la base accetti accordi di vertice.
Ma osserviamo anche le opinioni su alcune tematiche specifiche. Già è noto il comportamento di voto referendario così antitetico per ciò che riguarda il diritto di cittadinanza. Una differenza significativa si avverte nel giudizio sulla Russia e su Putin: quasi il 60% dei dem si dichiara dalla parte dell’Ucraina contro solo il 26% dei pentastellati, che si definiscono per la maggior parte “super-partes” e nettamente contrari (75%) all’invio di armi per sostenere la difesa ucraina, oltre 30 punti in più del popolo del PD. La Russia rappresenta poi una minaccia anche per l’Europa per il 53% dei dem e soltanto per il 25% dei pentastellati.
Anche sulla stessa immigrazione i pareri sono molto difformi: l’accoglienza incondizionata viene ben giudicata dal 40% degli elettori del Pd, contro il 15% di elettori 5 stelle, che giudicano poi non particolarmente urgente una eventuale approvazione dello “jus scholae”.
Queste sono alcune delle principali divergenze sia tra i vertici che tra gli elettorati dei due partiti, che dovrebbero rappresentare la colonna portante di un’alleanza programmatica per riuscire a sconfiggere l’attuale governo. Un’alleanza che mi pare non parta con il vento in poppa.
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