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Partiti e politici

Perché a Conte non conviene aderire al “campo largo”, oggi…

di Paolo Natale
5 Ottobre 2024

Chiamiamolo pure “campo largo”, come tanto piace ai giornalisti e ai media in generale, benché non sia chiaro cosa significhi realmente: sarebbe l’opposto del campo “stretto, o ristretto”, dove con il termine stretto si identifica l’alleanza tra Pd e AVS? Non è chiaro. Oppure questo campo largo dovrebbe differenziarsi da un’alleanza unicamente tra il centro-sinistra e il Movimento 5 stelle?
Escludendo +Europa, che effettivamente non si capisce bene dove metterla, le definizioni avrebbero dunque i seguenti significati: campo ristretto (Pd+AVS), campo medio (Pd+AVS+M5s), campo largo (Pd+AVS+M5s+Renzi+Calenda). Più Europa decidete voi dove inserirla, se in tutti i “campi”, a partire dal primo, oppure solo nel vero e proprio campo largo o larghissimo.
È fuori di dubbio che queste differenziazioni giornalistiche, a volte astruse, risentano non poco delle modalità con cui le forze di opposizione si propongono ad ogni specifica consultazione elettorale. Mentre da una parte esiste una precisa coalizione di centro-destra (o di destra-centro se preferite), che si presenta sostanzialmente sempre con lo stessa schema a quattro partiti, con qualche aggiunta civica locale, dall’altra parte le forze in campo si formano attraverso uno schema a geografia variabile che sorprendono molto spesso gli elettori, che si chiedono: chi ci sarà questa volta? i pentastellati sono dentro o fuori? Renzi starà con la destra o in questa occasione darà indicazioni di voto per il candidato del Pd? e Calenda, come è messo, si presenta in autonomia, con le forze di governo, con Renzi, con +Europa, con il centro-sinistra oppure diserta del tutto le urne, dando indicazione di NON votare?
Tanti dilemmi, tante sorprese, tante possibili alleanze che in ogni occasione hanno bisogno di essere definite da una modalità specifica, e non è possibile compilare sempre l’elenco dei partecipanti, come se fosse una formazione calcistica. Occorre quindi capire anche la necessità di una formulazione sintetica, una delle tre possibili che ho sopra elencato, sebbene occorra molto spesso, me ne rendo conto, di ulteriori specifiche, ben superiori agli schemi calcistici di cui sopra.
Detto comunque delle varianti di campo, resta il tema essenziale della collocazione del Movimento 5 stelle e del suo attuale leader Giuseppe Conte all’interno di quell’area di opposizione, che vorrebbe tanto diventare area di governo. Con il costante dubbio della difficoltà a divenire area di governo una somma di partiti con una litigiosità così spinta, che non fa intravvedere molto spesso la capacità o la possibilità di una unità di intenti comune.
Ad ogni modo, a Conte attualmente il cosiddetto campo largo non conviene, almeno fino all’approssimarsi della prossima elezione politica. Differenziarsi oggi lo aiuta ad avere una sua offerta politica specifica, a fidelizzare l’elettorato dei 5stelle. Essere o diventare una sorta di ruota di scorta del Pd, al contrario, lo penalizza, e gli fa rischiare di perdere consensi. Questo, in sintesi, il ragionamento di Conte: se continuo a dire cose molto simili a quelle che dice il Partito Democratico, come posso evitare un passaggio in massa vero quella forza politica, come è già accaduto in misura significativa nelle recenti elezioni europee? Per questo motivo insiste: non siamo pronti ad allearci, dobbiamo chiarirci su molti temi cruciali.
Ovviamente, gran parte del suo elettorato è comunque diverso da quello del Pd: e da qui la battaglia per le periferie, per il salario minimo, per il no alla guerra, per il freno all’immigrazione irregolare, tutti elementi che servono invece a creare un blocco elettorale proprio. Un percorso che, da un certo punto di vista, appare funzionale ed utile ad una alleanza futura, che unisce constituency differenti e quindi risulta più produttiva per una possibile vittoria elettorale. Ma ancora qualcosa manca, una tradizione di alleanze stabili e non soltanto episodiche o ai fini elettoralistici, come è stato con Romano Prodi nel 2006, l’ultima vittoria di Pirro dell’area di alternativa a Berlusconi.
Centrodestra e centrosinistra (o “campo largo”) oggi nei sondaggi sono più o meno appaiati, intorno al 46-47%, ma è questo un gioco solo aritmetico. Il centrodestra è unito da quando l’ha “costruito” Silvio Berlusconi, e ha avuto diverse esperienze di governo; le differenze certo esistono, ma esiste anche un costante senso di appartenenza a uno schieramento ben chiaro.
Nel campo delle attuali opposizioni il collante per governare assieme ancora manca, e la strada appare ancora lunga e poco definita, da questo punto di vista. Meglio, per loro, che venga percorsa “prima” di una eventuale vittoria elettorale. E questo è davvero essenziale.

Università degli Studi di Milano

Conte m5s Pd
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