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Partiti e politici

Rosatellum o Germanicum, la destra vince sempre

di Paolo Natale
18 Agosto 2020

Quando il clima di opinione va in una certa direzione, c’è poco da fare per mutarne le conseguenze. Si possono cambiare le regole, si possono modificare gli strumenti per trasformare i voti in seggi, ma il risultato finale sarà sempre più o meno il medesimo. È ciò che accade in questo periodo per quanto riguarda il centro-destra in Italia, ritornato dopo oltre un decennio ai fasti della coalizione guidata da Berlusconi nel 2008, con una quota di consensi prossima al 50%. Sono come noto cambiati i protagonisti partitici: allora Forza Italia – nelle sue diverse denominazioni – era la formazione di spicco, oggi lo sono la Lega e in misura minore Fratelli d’Italia, con il partito di Berlusconi soltanto in terza posizione e in costante arretramento. Ma la somma dei voti per quell’area è di nuovo vicina alla metà della popolazione elettorale.

Molti tra gli oppositori del centro-destra discutono in questi giorni e si ingegnano per tentare di capire quale potrebbe essere il sistema migliore per ridurre la loro possibile maggioranza parlamentare, domandandosi inoltre quali sarebbero le conseguenze su questa maggioranza della eventuale riduzione di deputati e senatori, tra poco occasione di referendum. Le risposte sono abbastanza semplici e immediate: nessun cambiamento o quasi, come ha ben dimostrato un’analisi effettuata da Ipsos qualche settimana fa e riportata sul Corriere della Sera.
In caso di nuove elezioni, con il Rosatellum (il sistema di voto del 2018 con il 66% dei seggi proporzionali ed il 33% maggioritari), un’alleanza organica del centro-destra la porterebbe ad avere oltre il 60% dei deputati; che scenderebbe di poco, al 55%, anche contro una coalizione formata da Pd e M5s. Con la nuova legge chiamata Germanicum, sostanzialmente proporzionale con una soglia di sbarramento al 5%, i partiti di centro-destra alleati arriverebbero ben oltre il 55% dei seggi. Abbassando la soglia al 3%, come qualcuno propone, favorendo in questo modo l’ingresso anche di altri partiti, comunque il centro-destra resterebbe poco sotto a quella soglia.
Infine, la diminuzione del numero dei parlamentari non produrrebbe di fatto alcun significativo mutamento sulla rappresentanza parlamentare, in termini di percentuale di seggi, mentre l’avrebbe ovviamente sulla loro numerosità. Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia avrebbero rispettivamente 115, 75 e 30 deputati circa, per un totale di 220 su 400: il 55% del totale.

Come si evince chiaramente da questa rapida disanima, il centro-destra disporrebbe in tutte le situazioni di una significativa maggioranza alla Camera e, in maniera simile, anche al Senato. Tutto questo è quello che peraltro accadrebbe oggi, in caso di elezioni anticipate. Una situazione che potrebbe cambiare, anche drasticamente vista l’elevata volatilità degli elettori, nei prossimi mesi. Ma per l’opposizione al centro-destra, l’unica via per sconfiggere quelle possibili maggioranze non è certo quella di puntare a nuove “impossibili” riforme elettorali, quanto su un deciso cambiamento del clima di opinione, attraverso importanti indirizzi delle proprie politiche. Essendo al governo, pur in un difficile periodo economico-sanitario, non dovrebbe essere un compito così proibitivo. Basterebbe volerlo fare.
*Università degli Studi di Milano

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