elezioni regionali

Partiti e politici

Vincere o scomparire: le regionali saranno decisive per le opposizioni

Vincere 5-2 alle regionali per il centro-sinistra non è facile, ma è la condizione per essere competiti alle prossime politiche. Calabria e soprattutto Veneto andranno al centro-destra, Toscana e Puglia al centro-sinistra, mentre Marche, Campania e Val d’Aosta sono più incerte

1 Settembre 2025

L’appuntamento decisivo per il futuro della sinistra, del centro-sinistra, insomma delle opposizioni al governo Meloni, si sta avvicinando. Quel momento così carico di possibili conseguenze future per l’assetto della politica nazionale è alle porte: se non vincesse almeno 5 delle 7 regioni al voto in autunno, le prospettive del campo oppositivo per le politiche del 2027 si farebbero molto negative. E per la prima volta nella storia elettorale della Seconda Repubblica la compagine uscente di governo verrebbe riconfermata anche nella legislatura successiva.

Finora l’alternanza destra/sinistra (per così dire) è stata le regola aurea, il simbolo più evidente della incapacità della politica di creare consenso nel paese; finora la logica del voto degli italiani era: “proviamo anche con Dio, non si sa mai…” (Ornella Vanoni, L’appuntamento). Visto che questo governo non ci ha convinto, sperimentiamo il suo opposto, sperando in meglio; un meglio che pare non essersi mai realizzato. Ma che forse con Meloni e i suoi partners di centro-destra per la prima volta potrebbe accadere…

Scongiurare questa “prima volta” è la missione di una opposizione finora molto sbrindellata, senza capo (una candidatura carismatica) né coda (un programma, delle parole d’ordine comprensibili e condivise). Si potrebbe forse definirlo “campolungo” invece di campo largo, una formula più efficace nel descrivere il tipo di alleanze, declinabili non tanto in larghezza quanto in lunghezza, all’interno dello spettro parlamentare o comunque della collocazione politica.

Dopo il tentativo di ritorno, diciamo così, alla sinistra pura, la segretaria del Pd – il possibile fulcro di questo campolungo – poco alla volta si è resa conto che questa era una tattica un pochino perdente, proprio per la presenza sia all’interno che all’esterno del partito, le anime presenti nella cosiddetta area progressista, di troppi personalismi, di troppe divergenze nelle tattiche e nelle strategie da utilizzare, e soprattutto in alcune tematiche di base (immigrazione, globalizzazione, guerra in Ucraina, pacifismo,  eccetera) per riuscire a diventare una forza coesa e soprattutto affidabile per l’elettorato. Il libro che stiamo scrivendo io e il mio collega Fasano si chiamerà proprio Obiettivo 52: cosa deve fare il campolungo, insomma la sinistra (chiamiamola così) per diventare una maggioranza stabile nel paese?

Occorre capire cosa fare per non replicare la triste (per il centro-sinistra) storia di Prodi 2006, che ha avuto certo una maggioranza, ma che era talmente vasta dal punto di vista del numero dei partecipanti che la prima minima differenziazione su alcuni temi fece scoppiare la maggioranza stessa, portandola presto il paese ad elezioni anticipate.

Una situazione che potrebbe facilmente essere replicata anche oggi, stante la varietà di forze e di personaggi politici che potrebbero entrare a far parte di questo campolungo: Verdi e Sinistra Italiana, Più Europa, Movimento 5 stelle, Partito Democratico, Italia Viva, Azione e qualche altro cespuglio. Dunque: Fratoianni, Bonelli, Magi, Conte, Schlein, Renzi, Calenda; tutti con i propri distinguo, tutti e tutte con le proprie parole d’ordine, le proprie piccole e grandi constituency da assecondare, nessuno capace di farsi indietro in nome di qualcosa di più importante come il governo unitario del paese. Destinati a rimanere lì, scomparendo nel maelstrom delle figurine intervistate nei telegiornali (10-15 secondi a testa per sentire commenti certo non fondamentali sui massimi sistemi…).

La situazione per le opposizioni è chiara: o riescono a stare unite in vista delle prossime regionali e vincere almeno in 5 regioni (Toscana, Marche, Campania, Puglia, oltre alla Val d’Aosta) o l’avvicinamento alle politiche del 2027 sarà in salita, rischiando di replicare la situazione di sparpagliamento del 2022, con una vittoria certa delle attuali forze di governo.

Probabilmente, in questo momento, la cosa più intelligente da fare per loro è proprio quella di tenere il campo più lungo possibile, perché comunque la vittoria porta consensi, il famoso effetto bandwagon; significa comunque dare uno sprint ulteriore all’elettorato di centrosinistra che sappiamo negli ultimi anni è un po’ smobilitato: molto astensionismo, crisi di valori, di visioni del mondo e di specifiche policy da adottare contro la deriva occidentale.

La vittoria in almeno 5 regioni riuscirebbe a regalare un futuro un pochino più stabile, dove riuscire a lavorare anche sulle tematiche più che sugli accordi e, last but not least, dovrà cercare di ridurre davvero la propria composizione delle forze politiche: da 6 o7 come sono oggi, per essere più coesi e contemporaneamente più competitivi, l’obiettivo dovrà essere quello di arrivare ad uno schema a tre punte, una sinistra più radicale, un centro-sinistra classico e una formazione più moderata, qualcosa che assomiglia, specchiandosi, alla conformazione attuale del governo, con un partito di centrodestra, uno di destra e uno di estrema destra, come ormai è diventata la Lega di Salvini e Vannacci.

Per ultimo, guardiamo quali sono le previsioni così come emergono dagli ultimi sondaggi più accreditati. La Calabria e soprattutto il Veneto andranno sicuramente al centro-destra, Toscana e Puglia quasi certamente al centro-sinistra, mentre nelle altre tre regioni (Marche, Campania e Val d’Aosta) è sempre il centro-sinistra in vantaggio, sia pure con molte incertezze in più.

In tutti gli ultimi casi, grande importanza si riverserà sulla capacità di mobilitare quegli astensionisti che hanno recentemente abbandonato le loro scelte progressiste, delusi dal comportamento dei partiti di quell’area: una campagna elettorale che potrebbe dunque fare una grande differenza. Staremo a vedere…

 

Università degli Studi di Milano

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