Tsipras fa retromarcia sul Pireo, apre a Pechino e punta Mosca

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31 Marzo 2015

Ancora fissa negli occhi è la favola del porto di Atene, diventata il simbolo della turbolenta girandola politica greca. In molti pensano che la trama si sia iniziata a tessere ai tempi di Samaras, che in perenne affanno nel cercare liquidità necessarie a diminuire la voragine del debito troikiano, trovò l’accordo con i cinesi per la vendita del Pireo. Questo è vero, anche se in realtà l’idillio tra Cina e Grecia vide la luce anni addietro. Era l’ottobre del 2010, il premier ad Atene era Papandreou e il paese aveva appena intrapreso l’accelerazione decisiva per il tracollo inesorabile che tutti conosciamo. Fu in quell’occasione che l’allora Primo Ministro asiatico Wen Jiabao, in visita ufficiale ad Atene, colse l’occasione stringendo i prodromi della partnership che si trascina fino ad oggi e che può garantire prezioso ossigeno alla boccheggiante economia ellenica, alle prese con tavole rotonde, debiti, impegni, riforme e scadenze.

Ovviamente la suddetta partnership prevede in primo luogo la presenza contante di Pechino in Grecia, considerata in Cina la “porta per il Mediterraneo”. In giugno l’attuale premier Li Keqiang aveva dichiarato che “l’80% dell’ import-export tra Cina ed Europa si svolge via mare”, consolidando la bontà dell’investimento statale asiatico. Fu così che per mano della ditta Cosco -una delle maggiori industrie di spedizioni marittime cinesi- la Cina si è assicurata la gestione del porto ateniese.

In realtà la partecipazione asiatica alla gestione del Pireo è una faccenda di compartecipazione. Il 20 marzo 2014 l’ex premier ellenico Antonis Samaras fece da padrino all’accordo siglato tra Cosco e Zte Corporation (Zhongxing Telecommunication Equipment Corporation), un altro colosso cinese che gestisce l’apparato delle telecomunicazioni. In questo modo si definirono compiti e incarichi nella nuova via di amministrazione del porto ateniese, ampliando gli iniziali accordi presi da Samaras durante la visita a Pechino nel 2013. In poche parole il Terminal dei container del porto greco verranno co-gestiti dalle due multinazionali cinesi: alla Cosco il compito dello smistamento e della gestione, alla Zte quello della fornitura. In questo modo, dal Pireo i prodotti Zte vengono smistati e distribuiti in 12 paesi europei, allargando gli investimenti della Cina in Europa.

In questo modo Pechino garantisce la sua propulsione economica nel vecchio continente, da affiancare alla ormai consolidata egemonia sul suolo africano.

Ma la notizia non è questa, questa è la storia. La notizia è che il governo Tsipras da pochi giorni ha fatto intuire di aver cambiato radicalmente posizione in merito al rapporto con la Cina, dopo le dichiarazioni di fine gennaio in cui, all’indomani del trionfo elettorale, il leader di Syriza aveva fatto capire di voler bloccare la trattativa per l’avanzata degli investimenti asiatici sul suolo ellenico.

Dopo due mesi infatti Tsipras deve presumibilmente essersi convinto del fatto che la via di salvezza per la Grecia passa obbligatoriamente dalla Cina e dai suoi yen.

Si è conclusa infatti lo scorso sabato la prima visita ufficiale del nuovo governo greco a Pechino, rappresentato dal vice premier Yiannis Dragasakis e dal ministro degli Esteri Nikos Kotzias. Al tavolo gli emissari ellenici hanno discusso su come produrre nuove efficaci collaborazioni col gigante cinese, con cui si sono prodigati soprattutto nel ricucire lo strappo -o il presunto tale- maturato nel post tornata elettorale.

L’obiettivo di Tsipras a questo punto prevede una concertazione su più piani: da una parte la lunga trattativa con l’Eurogruppo, da un’altra la via politica intrapresa con il nuovo corso Merkel – che in Germania soffre sempre di più il malcontento dell’ala più radicale della sinistra tedesca, diventata ormai voce forte nell’evidenziare gli errori passati della Cancelliera-, da un’altra ancora l’itinerante sondaggio extracomunitario -vedi Cina, vedi Russia, vedi Usa- con cui si cerca di trovare nuova linfa per realizzare il piano di riforme e al contempo garantire il risanamento sociale.

Poche ore fa in Parlamento ad Atene c’è stato un duro confronto tra Tsipras e Samaras, in occasione del dibattito sul bilancio sulle trattative con Bruxelles. Tsipras ha esplicitamente detto di «aver ereditato non un paese sull’orlo del baratro, ma un paese sul fondo dell’abisso», con  infuocato riferimento al predecessore Samaras.

Intanto la delegazione di Syriza torna dalla Cina con buone novelle: il vicepremier Dragasakis ha già annunciato che si andrà avanti con la graduale cessione delle quote di maggioranza del Pireo alla Cosco, che infatti punta ad assicurarsi più o meno il 70% dell’intero pacchetto. Pechino è pronta infatti a dare il via a un altro investimento portuale approvato già da qualche tempo e ormai prossimo all’attuazione, con la costruzione di un’unità di riparazione navale a Salamina. Scrive Ilias Bellos sul quotidiano Ekathimerini:

«L’azienda cinese Cosco -China Ocean Shipping Company, ndr-  ha scelto la penisola di Kynosoura  (dove avvenne la battaglia navale di Salamina del 480 aC tra Greci e Persiani) proprio di fronte alle OLP (Pireo Port Authority) di proprietà,  per un progetto che potrebbe creare migliaia di posti di lavoro. Il piano prevede l’installazione di una unità principale per ospitare e riparare grandi navi oceaniche, unità dotata di un bacino galleggiante, che è essenziale per la riparazione di tali navi. L’area scelta -prosegue Bellos- appartiene all’autorità portuale ed è abbastanza grande per aggiungere un’altra unità a quelle già esistente. Il piano è noto da tempo allo stato greco, così al nuovo governo, e prevede l’acquisizione di un bacino di carenaggio galleggiante per navi Post-Panamax (più di 366 metri). Il costo di costruzione e di trasporto al Pireo è stimato intorno ai 50 milioni di dollari».

Questo il fronte cinese, ma non è finita qui. Già la scorsa settimana una delegazione greca, parallelamente a quella partita per la Cina, è andata a Mosca: i tavoli per trattare nel tentativo di sedurre gli investitori internazionali sono molteplici. Proprio su questa linea di fondamentale importanza sarà la prossima visita di Tsipras in Russia della settimana prossima, occasione in cui presumibilmente si parlerà degli interessi russi sul porto di Salonicco e sulla TrainOse, la compagnia ferroviaria ellenica.

Vai a capirla, questa Grecia. Pochi mesi fa sembrava un’appendice incancrenita figlia del collasso sistemico, a cui sembrava necessaria soltanto un’estrema unzione. Oggi sta diventando un importantissimo passaggio tra Oriente e Occidente, potenziando con criterio le proprie linee di trasporto -un criterio non proprio comunitario, a giudicare da altre esperienze- e incarnando un ruolo cardine nei rapporti commerciali tra l’Europa e i due colossi “alternativi” Cina e Russia, interessati a nuovi investimenti e collaborazioni con il vecchio continente che, non respirando più, forse ne ha davvero bisogno. D’altronde se la Merkel -come pare- non la pensa più come Schaeuble, un motivo ci sarà.

 

TAG: alexis tsipras, Cosco, Crisi Greca, Li Keqiang, Pireo, Zte
CAT: Politiche comunitarie, trasporti (aerei, ferrovie, navi, bus)

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