Sono il padre dell’algoritmo

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19 Agosto 2021

Nei primi anni del corrente secolo l’informatizzazione nella scuola era ai primordi e le segreterie scolastiche, come gli uffici territoriali e quelli regionali, erano governati da “algoritmi manuali”. In buona sostanza, una generazione di impiegati abituati a lavorare con carta e penna, con competenze elevatissime nella conoscenza dei problemi che dovevano essere affrontati nella scuola e delle minuzie che dovevano essere governate, comprensibilmente lavorava in questo modo artigianale e alla portata di tutti appartenendo alla generazione analogica. Naturalmente lo stivale è lungo, le province nel nostro paese sono moltissime decine, di conseguenza ci sarà senz’altro stato un ufficio efficiente e altri meno perché in ogni dove ci sono persone più o meno capaci. Diciamo che la percezione che avevo quando ero precario negli anni a cavallo del primo decennio del correte secolo era quella di avere di fronte persone preparate nel merito delle vicende scolastiche, ma con scarse competenze informatiche.

Da subito, quando le graduatorie scoppiavano di precari abilitati e specializzati, figli dell’epoca successiva al cosiddetto “concorso tombale” e della formazione iniziale delle SSIS, poi TFA, integrati dai PAS (Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario, Tirocinio Formativo Attivo, Percorsi Abilitanti Speciali, tutte formazioni erogate dalle Università) avanzai la richiesta al decisore politico di configurarsi in modo tale da assorbire il precariato tramite un algoritmo descritto nella “proposta scientifica per il veloce assorbimento delle graduatorie ad esaurimento” elaborata in seno al “Comitato Precari Liguri della Scuola” di cui ero portavoce. Si trattava di un modello legato alla teoria dei giochi e noto come “algoritmo del matrimonio” che “sposava” le preferenze dei coniugi possibili ottenendo questo risultato: ciascun aspirante al matrimonio otterrà il “coniuge migliore possibile” nel senso che i coniugi migliori di quello trovato, si sono sposati con persone a loro preferite. Tale algoritmo è stato di fatto implementato a seguito dello svuotamento delle graduatorie dovuto alla Legge 107/2015 a partire dall’anno scolastico 2015/16 e in tale occasione rilasciai un’intervista a La Stampa il cui articolo venne titolato “Sono io il padre della formula per assegnare le cattedre ai precari”. Giacché i social network erano già diffusamente radicati, venni subissato da insulti perché all’epoca si parlava di “deportazioni”. Fu del tutto inutile precisare il significato dell’intervista e, ancora dopo diversi anni, qualcuno, non perfettamente informato dei fatti, mi insulta ancora.

Un altro esempio di implementazione di questo algoritmo è legata alla cosiddetta “call veloce” che ha consentito a chi era disponibile a spostarsi di provincia di trovare il ruolo entro i confini dichiarati disponibili. Pur avendo raccolto scarsa disponibilità materiale, il meccanismo era tuttavia quello. Infine un ultimo esempio è legato alle assunzioni di quest’anno che implementano l’algoritmo sia per l’assunzione in ruolo che per l’assegnazione dei posti ai precari.

La novità è che, quest’anno, l’algoritmo gira su un software anche per i precari, mentre fino a ieri era gestito a mano. Questo aveva infiniti difetti e qualche discutibile pregio. I difetti erano quelli degli enormi tempi di assegnazione delle cattedre che spesso si sono spinti fino al mese di novembre (con buona pace della qualità dell’offerta formativa). Considerata anche la ristrettezza degli organici degli uffici territoriali, l’enorme lavoro manuale aveva, su più di cento province nel paese, conseguenze sul “prezzo-uomo dell’operazione” piuttosto alto, dovendo sostanzialmente fermare il lavoro ordinario degli uffici scolastici sul territorio per questa corvée stagionale. Ma un altro difetto evidente è legato alla dignità delle persone, costrette a presenziare in occasione di quello che tutti percepivamo come “il mercato delle vacche”. Le chiamate avvenivano infatti ad agosto, per scivolare, nel corso dei lustri, a settembre e, più recentemente, addirittura ad ottobre (anche se questo, lo scorso anno, è avvenuto “a distanza” con altro genere di problemi collegati).

La generazione di precari attuale si lamenta di questa nuova modalità sostanzialmente per tre motivi:

  1. La costruzione delle preferenze a priori è laboriosa. Anche se parliamo di supplenti, quindi generalmente di aspiranti mediamente più giovani degli insegnanti di ruolo, le competenze informatiche non sono così diffuse e le difficoltà a compilare una intelligente lista di preferenze impegna sia cognitivamente che tecnicamente le persone che preferirebbero arrivare di fronte ad un interlocutore umano e chiedere: cosa è rimasto? È un argomento comprensibile, ma essendo le competenze informatiche un requisito innestato nel CCNL scuola, il fatto che ci sia chi non le possiede è un difetto che non può essere curato, ad esempio, successivamente con il non superamento del periodo di prova perché il periodo di prova i precari non ce l’hanno. Vale la pena informare il lettore sul fatto che la possibile scelta delle preferenze è molto ben fatta, consentendo all’aspirante di elencare scelte certosine o “un tanto al chilo” in merito alle scuole, alle classi di concorso, agli spezzoni, al tipo di cattedra al completamento e così via. Congratulazioni allo Stato per avere lavorato, in questo caso, così bene. Infine occorre rilevare che le chiamate avvenivano in giorni diversi per le diverse classi di concorso e, di conseguenza, avvenivano rinunce (sulle quali non si pagava dazio) su una materia, assegnata prima, per convergere su una assegnata dopo. Questo meccanismo perverso in cascata di chiamate successive ha portato in classe persone fino a novembre!
  2. Quando un aspirante docente arriva di fronte ad una persona, sa anche dove sono andati, o dove non sono andati, quelli prima di lui, ne consegue che possono essere fatte delle scelte “al volo” in funzione di questo parametro. Tipico è il caso di coniugi, fidanzati e amanti (o semplici “amici professionali”) che scelgono con l’obiettivo di essere, o di non essere, nella stessa scuola. Che l’Amministrazione debba piegarsi a questo genere di motivo, mi pare assurdo e la richiesta è quindi irricevibile.
  3. I precari invocano trasparenza. Ci sono cattedre “nascoste”, dicono. È un problema antichissimo ed è, perlopiù falso. L’organico di diritto viene stabilito con congruo anticipo (sono le cattedre al 31 agosto) e quello di fatto arriva solo a luglio. Poi ci sono gli spostamenti dei trasferimenti, le nomine in ruolo, gli utilizzi e le assegnazioni provvisorie. Infine ci sono gli stessi studenti che si spostano da una scuola all’altra, cambiando idea rispetto alle iscrizioni, e le pressioni di noi presidi per avere una classe in più in quel tale indirizzo. In breve, avere tutte le informazioni a priori non è affatto semplice perché molti elementi emergono a valle di tante altre premesse. Non c’è dolo, non c’è malafede, c’è una realtà cangiante che il precario non vede, se non per fenomenologie che lo insospettiscono per un presunto diritto leso: andare in questa scuola piuttosto che in quella. Anche in questo caso, le cose sono fatte al meglio, contemperando le diverse esigenze, tra queste, quelle dell’amministrazione. Vale la pena di ricordare che i dirigenti scolastici sono responsabili di queste questioni e rischiano in proprio. Chiunque può tutelarsi per via giudiziaria. Quello che succede, invece, è che si strilla di fronte a qualche giornalista compiacente che ben lieto ne fa un caso.
  4. Col vecchio metodo, uno doveva selezionare 20 scuole. C’erano dei “fessi” incapaci di scegliere “cum grano salis” e, di conseguenza, chi sceglieva scuole scomode o poco gradite, aveva un vantaggio su chi allocava le proprie aspettative sulle scuole bene. Invero l’algoritmo su questo tema è neutro e non accetta furbizie, di conseguenza questo può essere un difetto o un pregio a seconda dei diversi punti di vista. Certamente l’algoritmo informatico che è stato implementato è equo e, di conseguenza, non lede il diritto di nessuno.

I vantaggi dell’evoluzione digitale sono evidenti: efficienza, efficienza, efficienza. Basti pensare che ci sono ragionevoli speranze di avviare l’anno scolastico già dal primo di settembre con la stragrande maggioranza degli insegnanti nominati e presenti alla prima riunione di Collegio dei Docenti generalmente fissata per il 1° settembre. Risibili, quindi, sono i comunicati sindacali di “sostegno emotivo” ai precari che vengono empatizzati nelle proprie richieste inaccettabili e che, se accolte, avrebbero per conseguenza il ritorno all’inefficienza, alle nomine tardive, ai danni nella formazione delle future generazioni. I precari vanno certamente compresi e rispettati, partendo dalla costruzione di un sistema di reclutamento efficiente che non può che essere affidato alle scuole, braccio diffuso dello Stato, attraverso rinnovati meccanismi concorsuali, ma contemporaneamente vanno informati, formati e orientati. Anche istituendo il periodo di prova che blocchi aspettative di chi non è manifestamente adatto e lo orienti verso lavori fuori dalla scuola, se questo non è il proprio futuro.

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CAT: Precari, scuola

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