Hanno ammazzato Silvio, Silvio (non) è vivo

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30 Gennaio 2015

Silvio lo voglio ricordare da vivo. E lo voglio ricordare tutto intero, il sentimento politico a cui non ebbi mai la minima possibilità di aderire e la parte umana a cui resto solidamente affezionato avendo passato buoni vent’anni della mia esistenza professionale a corrergli dietro. Devo avere anche rischiato un tot di sindrome di Stoccolma, cui ho sempre opposto sedute di ossigenazione mentale per restare sereno ed equilibrato. Ma vederlo adesso, paralizzato nella sua inazione che non sarebbe neppure ingeneroso scambiare per puro onanismo (politico), al punto da aver immaginato per lunghe ore di uscire dalla sacra Aula alla quarta votazione, come un ladruncolo dalla porta posteriore, tutto per non assistere al trionfo del suo maramaldo, beh questo è sinceramente uno spettacolo che mi sarei volentieri evitato. Si attesterà su una meno indecorosa scheda bianca, ma la questione non cambia.

Eppure, ha avuto mesi per prepararsi a un evento che era super annunciato, sin dall’attimo in cui Napolitano si diede un tempo, un certo tempo, oltre il quale il suo secondo mandato non avrebbe avuto seguito. Ha avuto il tempo per immaginare un nome, due nomi, persino una rosa, ha avuto tutto il tempo per studiare le mosse del suo amico Nazareno, ha avuto – avrebbe avuto – il dovere responsabile, come capo ormai stinto di una stinta opposizione, di sottoporre ai suoi (ancora) elettori una idea di Italia, attraverso le persone, le loro storie, le loro virtù, le cose buone fatte in una vita. Invece niente, non ha avuto neppure il coraggio-spudoratezza di proporre per un attimo il sodale di una vita, il suo lobbista storico, la sua ombra giudiziosa rispetto a tutti i Previti ingombranti e corrotti, quel Gianni Letta sempre assiso alla sua sinistra su ogni macchina blu che li portava a un incontro istituzionale. Niente, neppure lui. Anzi, prima che iniziasse davvero la giostra Quirinale, ha buttato là solo un nome e senza neppure la nobiltà di proporlo ufficialmente come un candidato almeno di bandiera, quello di Antonio Martino, tessera numero 2 di Forza Italia, dal quale gli è arrivato lo schiaffone più amaro, non credendoci neppure lui a quella investitura farlocca: «È uno scherzo da prete», ha chiosato impietoso.

Silvio lo voglio ricordare da vivo. Le mille volte che lo davano per morto e le relative mille che già calato nella fossa con tanto di fiori e lacrimucce sparse ha riaperto gli occhi uscendo sorridente dal proprio scheletro. Lo vorrei ricordare da vivo, se lui si facesse almeno aiutare, perché in fondo se vale il detto secondo cui ognuno è fabbro del proprio destino, nella sua vicenda è appena il caso di modificarlo geneticamente con “ognuno è fabbro del proprio Verdini”. Non è stato un buonissimo affare mettersi nelle mani dell’amico di Renzi, tanto valeva mettersi nelle mani direttamente di Renzi senza dolorose mediazioni. Avrebbe dovuto caricare il premier di tutte le responsabilità: «Occupati tu, Matteo, del mio destino e io ti ricambierò generosamente». È finita come sappiamo.

Silvio lo voglio ricordare da vivo. Ma chi rappresenti adesso, caro Silvio? Te lo chiedo perché se faccio adesso un giro per la città e cerco qualcuno disposto a darti un soldino (di credibilità), tutti fanno finta di non averti mai conosciuto. Dicono che hai sbagliato tutto, che non ne azzecchi una da anni, che sei vecchio e sei invecchiato male, che non sei stato più tu da quella volta che ti trasformasti nel più indomito dei puttanieri e lo dicono loro che puttanieri lo sono sempre stati e che negli anni ti adoravano senza se e senza ma, e che ti pensavano Dio sulle terra e nei cieli e che poi si sono ridotti magari a votare Monti e adesso Renzi.

No Silvio, dammi un segno che sei vivo. Altrimenti devo ricorrere al poeta: «Hanno ammazzato Silvio, Silvio (non) è vivo!».

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CAT: Quirinale

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