Dimenticate rapidamente le 42 interruzioni con cui il Parlamento ha voluto testimoniare il suo compiacimento per le parole del presidente Mattarella, sbrodolamenti estetici per mondarsi la coscienza, come già accadde nel corso del (secondo) discorso di Napolitano quando ne fustigò la cronica incapacità, e concentriamoci su ciò che ha detto il nuovo capo dello Stato. Le immagini “rubate” da un giovane nipote nel corso della riunione familiare in casa Mattarella e poi postate su Facebook sono la chiave principale per comprendere i passaggi più significativi del suo discorso. In quel contesto familiare il presidente era circondato da ragazzi, figli dei suoi figli, amici dei suoi figli, una condizione necessaria, inevitabilmente sentimentale e protettiva, per un uomo che pochi anni prima aveva perso l’adorata moglie. Un uomo, un politico – oggi Presidente – che trae evidentemente speranze dalle generazioni più giovani, riconoscendone un ruolo fondamentale, fino a questo momento solo in una dimensione più privata. Una condizione, ad esempio, che nel corso del suo mandato mai aveva avvertito Oscar Luigi Scalfaro, presidente refrattario a ogni istanza giovanile o “giovanilista” e in fondo neppure poi tanto a Giorgio Napolitano, che sui giovani non ha fondato praticamente nulla del suo pur significativo “novennato”.
Ebbene, nel suo discorso di investitura di fronte alle Camere riunite Sergio Mattarella ha fondato proprio sui giovani l’architrave della sua presidenza. Riconoscendone il ruolo decisivo nello sviluppo di una democrazia compiuta, partendo proprio da quel “futuro rubato a ragazze e ragazzi” in virtù di una crisi che mangia la speranza. Non si è solo rivolto all’esterno, e cioè a tutti quei ragazzi che guardano ai Palazzi anche con un certo sospetto, se non con vera e propria repulsione, ma ha voluto puntare la sua attenzione all’interno del corpo istituzionale, a quel Parlamento tanto vituperato, in cui, per la prima volta c’è «la più alta percentuale di donne e di giovani. I giovani parlamentari – ha detto Mattarella – portano speranze e attese di tutti i giovani». Ne rappresentano anche «l’indignazione», ha aggiunto molto significativamente.
Una sola volta è comparsa questa parola: indignazione. Ma più che sufficiente a rivelare la consapevolezza del nuovo capo dello Stato sul disfacimento progressivo delle nostre istituzioni: «Questa Aula non sia rappresentante di interessi particolari, ma dell’intero popolo italiano, condizione primaria per riportare gli italiani alla politica». Sa bene, Mattarella, cosa sia la Casta in tutte le sue espressioni, avendone in qualche misura fatto parte ma con la dignità del politico serio e del tutto dignitoso, e quindi immaginiamo che quotidianamente i suoi nipoti, nel corso di tutti questi anni, gli abbiano fatto un benefico e amorevole lavaggio del cervello sui pericoli e sulla deriva di una classe politica che ha perso sempre più credibilità.
Altro punto significativo: la Pubblica Amministrazione. Non era affatto scontato che un presidente della Repubblica ne facesse cenno nel suo discorso di investitura e non ne ricordiamo accenni significativi da parte dei suoi predecessori. Mattarella ci è entrato per via diretta e senza troppi birignao politici, consapevole che in un momento in cui tutti i dipendenti privati vivono la sofferenza della precarietà e di posti di lavoro che non sono certo stabili né sicuri, non si potesse evitare di parlare di una classe privilegiata come quella della PA, che la nuova riforma del lavoro non ha voluto scalfire. Quando ha affrontato il tema delicatissimo della “pari dignità sociale”, Mattarella non ha avuto incertezze: «La pubblica amministrazione si deve adeguare», auspicando «trasparenza e coerenza delle decisioni». Più chiaro di così.
Naturalmente c’è tutta una parte più politica, dall’affiancamento al governo per il cammino delle riforme e sul ruolo vero del capo dello Stato, dove si è nel giusto nel considerarla «la figura efficace di arbitro», con l’aggiunta significativa che lui sarà «imparziale», comprendendo poi una sorridente implorazione al Parlamento: «I giocatori lo aiutino con la loro correttezza», all’invocazione dolorosa per una vera lotta «a mafia e corruzione che sono priorità assolute». Ma insomma, se c’è un vento di novità è per la considerazione del nuovo Presidente nei confronti dei giovani. È forse un paradosso per un vecchio democristiano come lui, ma è davvero una prima volta nella storia della nostra Repubblica.
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