Covid e Guerra: choc e modificazioni dell’Io

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15 Maggio 2022

In un post pubblicato tempo fa avevo utilizzato il termine Assuefazione nei riguardi delle conseguenze psicologico-sociali di eventi traumatici. Ma Assuefazione è un termine comune, tipico della cosiddetta folk psychology, della psicologia usuale della quale siamo consapevoli e che permette un uso abituale nella comunicazione esterna o quella interna (la confabulazione). Che poi qualcuno aggiunga nuovi termini, tipo per esempio empatia, resilienza ecc., fa parte di un fenomeno semantico che interessa i linguisti, soprattutto quando si interessano della “discesa” di parole più raffinate dagli ambiti più specialistici alle moltitudini dei parlanti (e degli scriventi).

Ma qui vorrei tentare di applicare modelli un poco più complessi di origine psicoanalitica. E non solo per “fare sfoggio” della mia cultura  specialistica ma per cercare di allargare il campo conoscitivo dei meccanismi reattivi  davanti a due eventi , Covid e Guerra, che sono ora dominanti nel nostro mondo occidentale (l’unico sul quale mi sento di parlare).

Parto dalla constatazione (che è poi non del tutto condivisa dai colleghi), che il nostro assetto psichico si leghi ad una serie di funzioni, meccanismi, reazioni che chiamiamo Io e che  collegano il  nostro interno ad un esterno. Esterno reale, quello percepito ed esterno virtuale, creato anche ad hoc per vari scopi (ideologie, miti, pubblicità, talk show ecc…). Cioè il mondo reale “inventato” come avviene anche nelle nostre fantasie, sogni, deliri.

Ora i due eventi attuali dei quali parliamo data la loro immanenza reale, il Covid e la Guerra, nella loro violenza, imprevedibilità e indefinibilità, hanno, come si dice, traumatizzato inizialmente il nostro povero Io che prima , mediante i suoi meccanismi cosiddetti omeostatici riusciva a mantenere, nella maggior parte degli individui, un equilibrio, sia pure sempre precario, come insegna la storia di ognuno. Si potrebbe dire , antropomorfizzando l’Io, affermare che è stato colto di sorpresa. Il peggio è che sembrano che siano stati colti di sorpresa anche coloro che per ruolo sarebbero chiamati a dirigerci e proteggerci. Ma questo è un altro discorso.

Ora sull’evento traumatico si è molto discusso ed elaborato, dal punto di vista psicologico, negli ultimi tempi: la forza drammatica delle esperienze di guerra, dapprima sottaciuta e poi infine ammessa all’osservazione psicologica, sono all’origine in parte di questa attenzione, per lo meno come fenomeno collettivo, ma già presente in ipotesi individuali, specie della prima infanzia.

Ora mentre per un segmento ridotto di popolazione, colpita da eventi traumatici, l’Io non poteva che trasformarsi in un Io-trauma al limite di gravi disturbi ed anche incubi e deliri, la stragrande maggioranza di questa popolazione  sembra reagire, passato magari l’iniziale choc a quella assuefazione che citavo. Ma che preferirei chiamare trasformazione. Cioè, pur di non essere travolti da un trauma, una parte dell’Io si scinde, diventa un Io-Nuova situazione. Freud, parlando dei traumi di guerra e chiedendosi come mai non tutti i soldati ne fossero terribilmente scioccati, affermava che in loro si formava un Io-militare, sufficiente a farli andare avanti. L’istituzione militare conosce bene questi meccanismi e li rinforza con quelle procedure formali e retoriche che, a torto, ci fanno sorridere.

Quindi non solo tra di noi che ne siamo spettatori mediatici ma anche per coloro che ne sono partecipanti, attivi e soprattutto passivi, il meccanismo di un cambiamento di una parte, importante, dell’Io rende sopportabile le situazioni drammatiche. Forse è un meccanismo ereditario per la sopravvivenza della specie. Ma lasciamo pure queste argomentazioni agli psico-evoluzionisti nei quali temo, l’esercizio immaginativo diventa preponderante. Anche per la seduzione di tale visione  dell’umanità.

Qui, invece, mi interessa considerare come la scissione di una parte dell’Io orientata all’adattamento alle nuove situazioni, possa non solo danneggiare una globalità delle funzioni egoiche, ma anche , saldandosi con il sociale, dare forma a nuovi assetti ideologici che facilitino la manipolazione, la giustificazione, l’indifferenza.

Che poi qualcuno di noi, sia impressionato  dai terribili effetti di questi traumi e mantenga mix di commiserazione per le vittime e di timore per se stesso, potrebbe anche essere spiegato, in termini clinici, come il manifestarsi di componenti depressive ed anche masochistiche. Ma, come diceva la Melanie Klein, si può costituire una depressione riparativa che faccia recuperare parti del proprio Io nella loro riflessività. Sempre che questo, nella realtà, serva a qualcosa.

 

 

 

 

 

TAG:
CAT: Psicologia

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