Epicità dei no-vax

4 Gennaio 2022

In un post precedente avevo fatto un parallelo e una distinzione psicologica tra i Si-Vax e i No-Vax. Questi ultimi, mentre erano assimilabili ai Si-Vax per la componente ipocondriaca, avevano una loro caratterizzazione nella propria Ribellività. Ma poiché i termini sono come le matrioske russe e contengono, magari all’infinito, una serie di altri concetti, andiamo a scoprirne uno molto evidente e che può spiegare il surplus di energia che muove le masse dei No-Vax.

Definiamolo in termini di “Epicità'” e cioè come forma di appartenenza a fenomeni, specie sociali ma con un buon collegamento individuale, di grande impatto emozionale, e quindi, in termini strettamente psicoanalitici, come contraddistinto da una dislocazione energetica rilevante, nel bene e nel male.

Cioè non solo la nostra Storia occidentale ma quella anche di tutte le altre società, dalle più complesse a quelle primitive, sono attraversate da questo valore potente ed esaltante. Basti pensare a come viviamo gli atti e le imprese di eroi, santi, navigatori e simili. E senza scordarci ovviamente dei capi politici e degli imprenditori, le cui gesta con effetti sia positivi che negativi, si ripercuotono sulla collettività. Forse sembrerà un po’ disdicevole che si accumuni nella epicità delle grandi azioni l’eroe Achille con qualsiasi industriale che ha fatto la propria fortuna mettendo o surgelando prodotti (magari di dubbia qualità) in scatole e contenitori ma siamo schiavi dei nostri tempi e dobbiamo adeguarci a nuovi sistemi valoriali che la dinamica storico-sociale ci impone.

Ora noi possiamo ammirare il prode Achille o l’uomo politico o l’imprenditore che hanno compiuto grandi imprese ma è solo una dipendenza nella quale siamo spettatori e quindi scarsamente fruitori della loro gloria, della loro fama, del loro orgoglio. E se invece riuscissimo a partecipare anche noi? Da qui l’amara delusione di non poter tentare vie individuali sulle quali, se non affetti da maniacalità, si stende il nostro pessimismo nella riuscita.

E allora ecco la grande occasione, che si ripete, anche noiosamente con all’incirca negli stessi termini, nelle diverse ere storiche. Cioè partecipo a movimenti di massa, sono tutt’uno con una globalità collettiva, fondo la mia scarsa individualità con una moltitudine che sembra pensare ed agire collettivamente. Una moltitudine che nella sua azione mi fa vivere una solidarietà che nella mia piccola solitudine soggettiva è assente. Ma non solo: da un lato un nuovo eros, collettivo, si impone nella sua esaltazione ma anche un’aggressività, finalmente potente ed efficiente, sostituisce la quotidiana rabbia di ognuno sul presente, sui ricordi del passato, sulle prospettive future. In tutto questo sta l’epicità della partecipazione.

Ovviamente questo discorso può non piacere a chi crede in valori, ideologie e relazioni. Anche perché la mia partecipazione collettiva può essere non solo reale ma anche virtuale: qualsiasi accanito spettatore televisivo di partite di calcio e altri sport lo può testimoniare. Mi sarebbe facile ammettere che è proprio tramite la partecipazione collettiva che si sono spesso cambiate, sia in bene che in male, le vicende storiche di popoli e di tempi. È facile perché è ovvio e banale. Diventa banale ed anche superficiale poiché non ci spiega fino in fondo cosa ha agito nella testa delle persone per portarli a queste azioni comuni, magari anche con gravi rischi, addirittura a volte tragici. Vi sono cioè componenti simili nella diversità di ognuno e queste trovano l’occasione di collegarsi, di fondersi e di alimentarsi reciprocamente. Per questo uomini politici accorti e pubblicitari avveduti cercano, anche se culturalmente non sono un granché, di individuare queste parti psichiche individuali che possono essere accumunate e quindi più facilmente gestibili.

Per coloro che sono preoccupati, dati i loro scrupoli di “brava gente”, del dilagare dei narcisismi individuali, dovrebbe esserci l’accortezza di riflettere che questa espansione è paradossalmente un fenomeno collettivo proprio di chi vuole stare “insieme”. Invece un vero narcisista se ne sta per i fatti propri.

Così i No-Vax, sono riuniti attorno ad una bandiera epica (che magari qualcuno cerca anche di strumentalizzare) e marciano insieme, sentendo di partecipare a qualcosa di straordinario e coinvolgente. E qualcuno di loro, più o meno rozzamente, si chiede: ma non sono così nate le Rivoluzioni? Insomma essere No-Vax significa anche, più o meno, essere assimilabili al popolo di Parigi che più di due secoli fa, diede l’assalto alla Bastiglia.

TAG: COVID-19
CAT: Psicologia

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