La vita è una navigazione in un oceano di incertezze attraverso isole di certezze. Anche se celata o rimossa, l’incertezza accompagna la grande avventura dell’umanità, ogni storia nazionale, ogni vita individuale. Perché ogni vita è un’avventura incerta: non sappiamo prima quello che ci attende né quando arriverà la morte. Facciamo tutti parte di questa avventura, piena di ignoranza, ignoto, follia, ragione, mistero, sogni, gioia, dolore. E incertezza» (Edgar Morin 1 ottobre 2020, La Repubblica)
Il dramma della pandemia ha dato vita ad una vera e propria letteratura da “coronavirus”.
Sono numerosi ormai i libri dedicati al tema.
Tra tutti, secondo me, merita un’attenta lettura l’ultima fatica di Edgar Morin: Cambiamo strada. Le quindici lezioni del coronavirus, Raffaello Cortina.
Morin è un filosofo, sociologo e antropologo con una bibliografia sterminata. Nato nel 1921, ha scritto quest’ultimo libro all’età di 99 anni! Con una nota biografica stupefacente, Morin può iniziare il suo libro ricordando di essere stato anche lui una vittima dell’epidemia di influenza spagnola. Nato quasi morto e poi rianimato in extremis, perché sua mamma, con la spagnola, aveva contratto una lesione cardiaca.
Morin è l’iniziatore del “pensiero complesso” – la necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi presente nella nostra epoca e che sia capace di educare i formatori ad un pensiero della complessità -, uno dei più grandi intellettuali contemporanei. Ha partecipato alla Resistenza (rinunciando agli studi universitari) assumendo il cognome della sua futura moglie: Morin. Ha preso parte a movimenti anarchici, pacifisti e libertari e al Partito Comunista Francese, da cui è stato espulso nel 1951. Ha passato tutta la vita insegnando e scrivendo.
Il libro è di piccole dimensioni (124 pagine), merita di essere letto da chi non conosce lo sviluppo del pensiero di questo originale intellettuale. Troverà in questo piccolo libro una sintesi di tantissimi suoi contributi.
Ma merita di essere letto anche da chi lo ha seguito in tutti questi anni.
Ciò che è davvero interessante infatti è che l’impianto complessivo del suo pensiero non è affatto intaccato da un evento imprevedibile e di dimensioni planetarie come la pandemia da covid 19.
Le quindici lezioni che Morin ricava da questo avvenimento sono una conferma che tutto ciò che ha detto e scritto in tutti questi anni è davvero la strada giusta per quello che lui chiama “un umanesimo rigenerativo”.
Tutto ha come fondamento la coscienza della comunità di destino terrestre che lui definisce “l’evento chiave del nostro secolo. Siamo solidali in e con questo pianeta. Siamo esseri antropo-bio-fisici, figli della Terra. La nostra Terra-patria” (p. 115).
In termini di riformulazione di un nuovo paradigma di pensiero politico, Morin riprende la sua nota lezione: “proponiamo una via progressiva, segnata da una nuova politica radicata nella cultura umanista del passato e nella rivitalizzazione dei principi della Repubblica: Libertà, Uguaglianza, Fratellanza. Tale complementarietà comporta degli antagonismi che un pensiero politico deve continuamente gestire dando la priorità ora all’uno ora all’altro di questi termini. Infatti la Libertà da sola tende a distruggere l’Uguaglianza, l’Uguaglianza imposta tende a distruggere la Libertà, La Fratellanza può solo essere stimolata dalla politica e dipende dai cittadini. Ma essa contribuisce all’Uguaglianza e alla Libertà” (p.82).
Credo che l’invito di Morin e la strada da lui tracciata meritino un’attenta considerazione, aggiungendo al suo invito “cambiamo strada” il monito “prima che sia troppo tardi”.
«La speranza non è sinonimo di illusione. La speranza vera sa di non avere certezze, ma sa anche che il cammino si fa con l’andare. La speranza sa che la salvezza attraverso la metamorfosi, sebbene sia improbabile, non è impossibile. Ma la speranza non è che un’illusione se ignora che tutto ciò che non si rigenera, degenera» (Morin, La via, Raffaello Cortina).
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