Grillo per la testa

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21 Aprile 2021

Detesto Beppe Grillo abbastanza da aver voglia di maledirlo per sette generazioni, come faceva l’iracondo dio dell’Antico Testamento, perciò evito di dire la mia sulla spinosa questione in cui è coinvolto il figlio insieme ad altri rampolli della cosiddetta Genova “bene”.

Non è passato molto tempo dall’ultima volta in cui una donna mi ha raccontato di essere stata stuprata e di non aver ancora superato il trauma, dopo anni. Come uomo non è stato facile ascoltare e appunto come uomo mi è sembrato doveroso prestare un orecchio solidale alla parte offesa, pur sapendo che poteva servire a ben poco.

Detto questo ci sono parecchie cose dell’affaire Grillo jr. che mi irritano. Non mi stupisco dell’intervento a gamba tesa del non più comico padre, data la sua megalomania e passo oltre. Quello che fatico a  sopportare sono l’ambiente, il modo di vivere, la pubblica reputazione  di superiorità e esclusività che girano intorno al locale dove gli accusati e la presunta vittima si sono trovati, il famoso Billionaire del famoso Flavio Briatore e ai locali altrettanto famosi e VIP dei dintorni.

Sarà che uno vale uno, ma lì esisti soltanto se hai prenotato un “tavolo”, pagando facilmente migliaia di euro per una o più bottiglie di alcolici, con la proprietà che ha tutto il logico incentivo a che tu ne consumi più che puoi e di quello che farai dopo, presumibilmente ubriaco, non si cura.

A dire il vero di quei locali apprezzo che i frequentatori tirano così tardi che si fa meno fatica a trovar posto in spiaggia la mattina, quando loro dormono. Il pomeriggio bisogna sorbirsi i loro racconti quando sono vicini di ombrellone, su quante migliaia di euro hanno speso in bottiglie, su Tizio e Caio che avevano tavoli migliori e ascoltare magari la mamma, famosa conduttrice TV, che implora al telefono il PR di un famoso locale perché trovi un tavolo al suo pargolo per la sera, il tutto in un imbarazzante vuoto pneumatico cerebrale, bizzarramente ambientato fra le spiagge più belle del Mediterraneo. Concedetemi un po’ di misoginia se ritengo che sia ancora peggio il racconto delle gentili fanciulle che si vantano di quanto sono state inflessibili la sera precedente con i malcapitati che si pavoneggiavano con loro.

Una nota interessante è che in quel bel mondo le femmine sono ferme ad almeno mezzo secolo fa, perché funziona così, i maschi pagano e se non sono così figli di papà si suddividono la spesa del tavolo e delle sue bottiglie, mentre le femmine non pagano. Mi sfugge se i maschietti siano cavalieri all’antica, anche loro fermi a mezzo secolo fa o se si suppone o almeno si spera che prima o poi le femmine si sdebitino in altro modo. A rendere più complicato il tutto e più alta la spesa è che, ammesso che si evitino il noleggio pomeridiano di un motoscafo e la spiaggia da cento euro, ogni giorno bisogna mettere in conto l’aperitivo, il ristorante e poi il tavolo al locale, per ogni giorno della vacanza.

Naturalmente i ricchi spendono i loro soldi come vogliono e per me l’uva non è ancora matura o sono troppo maturo io, ma trovo leggermente ipocrita che il figlio di uno vale uno, del capo e fondatore dei populisti sdegnati passi le notti, alla sua tenera età, nel locale più costoso del Mediterraneo, spendendo quanto a una persona normale basta per tirare avanti un mese o più. Il padre lo sapeva? Quando l’ha saputo ha mandato fuori dalla villa il figlio a calci nel sedere, se non altro perché politicamente gli fa fare una figura di m.? Gli ha consigliato di passare le vacanze successive a raccogliere fragole in Scozia o a fare un soggiorno in Pakistan per studiare l’Urdu?

Dopo aver espresso la mia solidarietà alla vittima, se come tendo a credere le cose stanno come le ha raccontate lei, a me che sono di un’altra generazione crea qualche perplessità che una ragazza poco più che diciottenne passi le notti in un locale dove consuma l’equivalente in alcol di qualche stipendio di un suo coetaneo che lavora al call center e che poi, ubriaca fradicia, invece di tornare a casa propria vada con l’amica nella villa del figlio del Garante delle Stelle. Non le è passato nemmeno per l’anticamera del cervello che potesse essere pericoloso? Evidentemente no e probabilmente sono troppo anziano per capirlo.

A me, che sono più vecchio di qualche generazione, il maestro delle elementari diceva di non accettare caramelle dagli sconosciuti e mi piacerebbe che alle sue coetanee i genitori ancora dicessero che è meglio evitare di ubriacarsi oltre misura e di andare a dormire, in quello stato, a casa di gente che non si conosce, per quanto benestante.

Non vuol dire che sia stata colpa sua, se è stata violentata, ma non pensare che fosse pericoloso mi sembra veramente naif. A monte stanno quella “cultura” dell’ubriacarsi e/o dello sballo come supremo divertimento che purtroppo ormai prevale anche da noi e che lo Stato non fa molto per prevenire.

Tra l’altro dubito che le compatriote della moglie del Garante, nel loro Iran, consiglino alle figlie di ubriacarsi prima di andare a dormire a casa di uno sconosciuto. Ma a casa Grillo la doppia morale non è tabù.

I reati sono reati e, se sono dimostrati in un processo, vanno perseguiti con durezza, questo però non esime l’individuo dal cercare di evitare comportamenti pericolosi, tanto più che, come  mi hanno detto parecchie che hanno avuto sfortuna, proprio non vale il detto nà lavàda, nà sùgàda, la par n’anca duperàda. Se Grillo jr. venisse processato e condannato la presunta vittima avrebbe solo una soddisfazione morale che non potrebbe cancellare quello che ha subito.

Forse l’opinione pubblica pensa che la donna ha diritto di andare ubriaca a dormire a casa di ignoti senza essere violentata, questo è legalmente inattaccabile, purtroppo però non esiste il “diritto” di andare ubriaca a dormire a casa di ignoti senza rischiare di essere violentata. Lo stupro è una violenza così devastante che merita di essere sempre messo in conto.

Forse si è capito che, fra i tanti imperdonabili difetti, sono pure astemio, che non mi potrei permettere bottiglie di Cristal al Billionaire e che piuttosto che votare 5 Stelle chiederei la cittadinanza della Corea del Nord. Ognuno faccia quello che gli pare, ma mi piacerebbe che la piramide sociale non prevedesse l’invidia di tanti esclusi per quel mondo “dorato” in cui l’unico oro è quello incassato dal furbacchione Flavio Briatore e sarei altrettanto felice se qualcuno capisse in che mare di ipocrisia nuota e sguazza Beppe Grillo.

TAG: Grillo
CAT: Questioni di genere

2 Commenti

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  1. emanuele-profumo 3 anni fa

    Sembra che a Genova ci sia qualche gran gondone che nei mesi scorsi si sia fatto i vaccini in un’unica siringata. Forse poteva prendersi un po’ di tempo e leggere con calma quali sarebbero state le controindicazioni perché a volte, anche a distanza di tempo, le controindicazioni possono essere gravissime, come ad esempio sparare belinate davvero enormi.

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  2. emanuele-profumo 3 anni fa

    “[…] Ma come l’appellativo di Führer altro non è che la forma tedesca dell’italiano Duce e la camicia bruna una variante della camicia nera e il saluto nazista un’imitazione del saluto fascista, così in Germania si conformano all’esempio italiano tutti i film imperniati su queste scene, usati poi come propaganda, e anche la stessa scenografia, col discorso del Führer al popolo riunito. In ambedue i casi quel che conta è mettere il capo a diretto contatto con il popolo, non solo con i suoi rappresentanti.
    Volendo rintracciare nel passato questi concetti, ci si imbatte inevitabilmente in Rousseau, in particolare quello del Contratto Sociale. Quando Rousseau lo scrive è cittadino di Ginevra, ha dinanzi agli occhi la realtà di una città-stato e perciò per lui quasi inevitabile immaginare di rendere alla politica la sua forma classica, di contenderla entro i confini di una città; non è forse infatti la politica l’arte di guidare una polis, una città? Per Rousseau, lo statista è l’uomo che parla al popolo, alla gente riunita sulla piazza del mercato, per Rousseau le manifestazioni sportive e artistiche, cui prende parte la collettività, costituiscono istituzioni politiche e mezzi di propaganda. E’ stata la grande idea della Russia sovietica, quella di sfruttare le nuove scoperte tecnologiche, radio e cinema, per dilatare all’infinito il modello degli antichi e di Rousseau, necessariamente limitato nello spazio, di far sì che chi era alla guida dello stato si rivolgesse veramente e di persona “a tutti”, anche se questi “tutti” erano milioni, anche se migliaia di chilometri dividevano i vari gruppi. Così, fra tutti i mezzi e i doveri propri dello statista, il discorso riacquistava quell’importanza preminente che aveva posseduto ad Atene, anzi ne acquistava una ancora maggiore perché ora al posto di Atene c’era un intero Paese e addirittura più di un paese.
    Ma non soltanto ora il discorso era più importante di prima; di necessità anche la sua natura dovette mutare. Dato che ora era rivolto a tutti e non più a rappresentanti eletti dal popolo, dovette farsi più popolaresco (volkstümlich), e quindi più concreto, quanto più di fatto di cose è un discorso, quanto meno si rivolge all’intelletto, tanto più è “popolaresco”. Appena il discorso, anziché limitarsi a non gravare l’intelletto, passa scientemente dal popolaresco per passare alla demagogia e alla seduzione del popolo.”

    da LTI Lingua del Terzo Reich, Taccuino di un filologo di Victor Klemperer

    Victor Klemperer di (1881-1960) si laurea a Monaco nel 1914. Nel 1935 le leggi razziali lo obbligano a lasciare la cattedra al Politecnico di Dresda. Sebbene perseguitato riesce, in quanto sposato a una “ariana”, a scampare alla deportazioni e dopo la guerra riprende il suo posto all’università di Dresda. Nel 1947 pubblica questo straordinario-saggio sulla lingua del Terzo Reich, pubblicato in Italia da Giuntina (pagine riportate 72-73).

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