Lo sciopero delle donne e il senno del poi

9 Marzo 2017

Oggi le pagine dei quotidiane sono zeppe di commentatori ex-post che spiegano perché lo sciopero delle donne di ieri sia stato un errore. Da un lato, suona un po’ fastidioso tutto questo senno del poi e soprattutto non si fa giustizia all’idea che stava dietro la giornata di mobilitazione di ieri, che invece da un certo punto di vista è stato un successo.

Io ho trovato emozionante che fosse una giornata di mobilitazione internazionale, che credo rappresenti al meglio la vera potenzialità di sorellanza universale di questo movimento. Noi italiani siamo abituati a manifestare per la giornata della donna, io al liceo non sono mai entrata in aula l’8 marzo per dire. Ma all’estero non è così, e quindi che ci sia stato un risveglio globale, sicuramente trascinato dalla women’s march di gennaio, lo trovo un fatto molto positivo.

Chiunque sia stato alle manifestazioni di ieri ha potuto vedere quante giovani donne ci fossero, nonostante la mobilitazione fosse stata tacciata di vetero-femminismo per contenuti e modalità. Ma di questo sui giornali di oggi non si parla molto. Il fatto che le donne giovani sentano ancora il bisogno di manifestare per i loro diritti dovrebbe far quantomeno riflettere i vecchi uomini che si riempiono la bocca di parità e risultati raggiunti.

Quello che sembra unire i commentatori è il giudizio negativo sullo strumento dello sciopero come arma di mobilitazione, per assenza di vera controparte o per inesperienza nell’organizzazione. Forse è vero, io non sono una sindacalista e non ho mai scioperato ma mi sarei aspettata un’informazione diversa che avrebbe forse evitato anche alcune polemiche.

Leggendo l’intervista a Elena Lattuada (segretario generale della CGIL Lombardia) sul Corriere ho scoperto solo oggi che la CGIL non ha appoggiato lo sciopero pur condividendo le rivendicazioni e soprattutto che lo sciopero indetto dai sindacati di base nel settore dei trasporti, quello che ha generato le maggiori polemiche, non era a sostegno delle istanze femminili. Ieri, e nei giorni prima, purtroppo fioccavano le critiche allo sciopero “contro le donne” che avrebbe reso più complicata la vita di così tante famiglie proprio nella giornata della donna. Anche ostacolando il raggiungimento di cortei e presidi. Questo non fa che aumentare la mia sfiducia (eufemismo) nei sindacati di base che ieri hanno contaminato una giornata di mobilitazione che era nata con altre premesse.

Ma lo scarso servizio reso dai media mainstream alla giornata di ieri credo abbia il suo culmine nel commento in prima pagina del Corriere a firma di Dario Di Vico (un uomo, chissà perché) dove egli ci comunica che lo sciopero è stato un errore, e che ha ostacolato la gestione della vita quotidiana a molte donne (che poi chissà perché sempre le donne vengono in mente quando la mensa sciopera o portare i figli a scuola è più complicato) e conclude spiegando(ci) che forse tutto questo sforzo era mal diretto, che queste rivendicazioni non hanno (più) senso e suggerisce una nuovo impiego per le energie femminili: “….ha senso oggi coltivare ancora la separatezza delle donne? O piuttosto si tratta di spendere la loro grande forza morale e le loro straordinarie motivazioni per ricucire le nostre società e liberarle dal cinismo e dall’indifferenza? In fondo se vogliamo davvero «salvare l’Occidente» oggi c’è bisogno di più giustizia sociale e le donne in materia sembrano sicuramente le più attrezzate.”.

A me è suonato tanto come “lasciate stare le vostre battaglie, noi uomini abbiamo scassato il mondo e ora servite voi per rimetterlo a posto”, a cui sinceramente mi viene da rispondere con parole non da ragazza per bene.

 

(foto di Roberta Abdanur)

TAG: #adaywithoutawoman, #nonunadimeno, 8marzo
CAT: Questioni di genere

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