Noi donne italiane, ci (cal)pestano e stiamo (troppo) zitte

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25 Novembre 2015

Spagna e Italia per molte cose si assomigliano: lingue simili, stesso clima mediterraneo, una comune joie de vivre. Anche i problemi sono simili: la mafia che imperversa pure lì, un salutare tasso di corruzione politica, tanto lavoro in nero e tantissima disoccupazione giovanile… e il maschilismo, che a Madrid chiamano machismo.

Però… però bisogna fare un importante distinguo. Per quanto riguarda la lotta alla violenza sulle donne, non è un mare ma un oceano quello che separa Spagna e Italia. Un primo esempio, che fa rabbrividire: nel 2013 le donne spagnole uccise dai loro uomini (figli inclusi) sono state 54, le donne italiane 179 (fonte Eures). Ancora, in Spagna è facilissimo sapere quanti femminicidi sono avvenuti nel 2015, ci sono centinaia di siti che forniscono dati aggiornati ogni mese, mentre in Italia è difficile trovare dati affidabili dopo il 2013.

Terzo esempio: i media spagnoli, da anni, danno grande risalto ai casi di violenza contro le donne. Non se ne occupano solo i quotidiani e i notiziari, ma anche i mensili, e i programmi di approfondimento e i talk show, sia in televisione che alla radio. Insomma, i bastardi che ammazzano le donne ci sono in Spagna come in Italia (e in Svezia, Brasile e Papua Nuova Guinea), ma almeno in Spagna c’è uno sforzo serio per contrastare questa vergogna, nell’ultimo decennio la società è stata profondamente sensibilizzata, c’è una grande consapevolezza del problema tra persone tutte le età.

È dal 2004 che Madrid ha cominciato a lavorare seriamente contro la violenza di genere. In quell’anno il parlamento spagnolo approvò la cd Legge organica di misure di protezione integrale contro la violenza di genere. Fu la prima legge promossa dal socialista Zapatero, allora appena eletto, e la sua entrata in vigore fu accompagnata da una vastissima campagna mediatica.

Oggi, se una spagnola cerca aiuto in internet, trova subito la pagina sulla violenza di genere del Ministero della salute, servizi sociali e parità. E per prima cosa riceve istruzioni su come cancellare le tracce della sua navigazione dal computer di casa, per non farsi scoprire da un marito/compagno/figlio violento.

Certo, anche in Italia ci sono dispositivi giuridici contro la violenza di genere, così come i numeri di telefono specializzati a cui rivolgersi in caso di bisogno. Però manca un dibattito vero e proprio sull’argomento, non si fanno grandi sforzi di sensibilizzazione della società, e la Spagna sembra davvero avanti anni-luce rispetto a noi.

Ne ho parlato proprio questa mattina con Laura Cima, protagonista dei movimenti degli anni Settanta e Ottanta, poi deputata del Gruppo parlamentare verde, e oggi presidente dell’Assemblea permanente prima le persone. Secondo Laura la Spagna è riuscita a fare tanto perché lì le donne si sono organizzate politicamente, mentre qui continuiamo ad avere una cultura politica fortemente maschile, e le femministe sono divise e lontane dalla politica (senza contare che opinionisti e media, soprattutto di centrodestra, sono riusciti abilmente a trasformare l’aggettivo “femminista” in una specie di dispregiativo ridicolizzante). E in effetti, se per Zapatero la legge contro la violenza di genere è stata una priorità, è stato anche perché in quel momento tra le donne spagnole c’era grande fermento e attivismo. In Italia invece non c’è nessun coordinamento nazionale, nessuna segreteria centrale con cui lavorare e concordare dei traguardi e delle linee di azione.

“Intendiamoci – mi ha detto Laura – ci sono tantissime donne che fanno moltissimo, ma quasi a livello individuale. Non siamo unite. E un lavoro in solitaria non può cambiare le cose, può solo rappezzare. Noi stiamo a rappezzare tutte le ferite (politiche e sociali) provocate dai maschi. Immagina solo che a Roma e Milano ci fossero una Ada Colau (sindaca di Barcellona) e una Manuela Carmena (sindaca di Madrid). Sarebbe tutt’altra storia”. E in effetti entrambe le sindache, espressione rispettivamente dei movimenti Podemos e Ahora Madrid, si identificano in modo chiaro con i valori femministi, e l’hanno esplicitato in diverse occasioni. Del resto già durante le proteste degli Indignados del 2011, uno degli slogan più sentiti e letti era “La revolución será feminista o no será”. Che vuol dire: “la rivoluzione sarà femminista o non ci sarà”.

Laura me l’aveva già detto tempo fa: molti pensano che il femminismo sia superato, che ormai le donne non hanno più tanti problemi. Ma questo è falso, perché l’anno scorso sono state uccise oltre due donne al giorno. Ed è falso perché non si tratta solo di violenza fisica, ma anche psicologica. È pure falso, giusto per fare un altro esempio, anche per la discriminazione sul lavoro, e perché le donne europee (e quelle italiane in particolare) sono pagate meno degli uomini, tanto che lavorano gratis due mesi l’anno. Ed è falso per i tantissimi piccoli ostacoli o soprusi quotidiani che molte italiane non considerano neanche più come tali, dal momento che li hanno interiorizzati.

Ora, io non considero la Spagna l’Eldorado dei diritti delle donne. Come ho già sottolineato prima, la violenza di genere esiste in tutto il mondo (altrimenti l’Onu non l’avrebbe definita una pandemia globale). Solo che qui in Italia ci calpestano e noi non facciamo rumore. Neanche un suono. Stiamo zitte, a preparare il sugo per gli spaghetti, e ci diciamo che sono problemi di poche altre. Qui in Italia sembriamo aver dimenticato che la nostra vera forza sta nella nostra unione.

TAG: attivismo, femminicidio, femminismo, maschilismo, politica, spagna, violenza di genere, Zapatero
CAT: Questioni di genere

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