Isolamento: effetti collaterali sulla socialità

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20 Febbraio 2021

In questi mesi di libertà condizionata mi è capitato spesso di scambiare sensazioni, pensieri ed esperienze con amici e colleghi circa le difficoltà indotte dalla pandemia. In particolare di quelle difficoltà strettamente connesse alla sfera dei rapporti sociali. Essi, infatti, come tutte le attività umane, per essere performanti (specialmente con riferimento alle abilità nella sfera professionale) necessitano di allenamento, di ripetizione, di pratica affinché tutti quei fattori che intervengono nella interazione tra individui si mantengano efficienti.

Qui non intendo parlare di quelle forme patologiche che hanno coinvolto milioni  di cittadini nel mondo, sotto forma di fenomeni depressivi, disturbi dell’umore, apatia generalizzata e sindromi ansiose varie, di cui a tutti noi è capitato di leggere sui giornali in questo anno di restrizioni. Ma voglio concentrarmi su una forma particolare, forse più subdola delle succitate, che riguarda specificamente quel tipo di “abilità attoriali” il cui uso ogni individuo ha appreso e affinato nel corso dell’esistenza; e attraverso le quali recita il ruolo più adatto in funzione del contesto nel quale interagisce. Mediante le quali, essenzialmente, interpreta il suo ruolo di attore sul palcoscenico della vita. La realtà, infatti, non è che un gigantesco palcoscenico, un immenso teatro nel quale ogni giorno interpretiamo molteplici ruoli, provando a indossare la maschera giusta per ogni occasione. Pensiamo, per esempio, al nostro comportamento in famiglia, sicuramente differente da quello che teniamo in ambito pubblico. Tuttavia, anche all’interno della nostra sfera più intima e riservata, quella famigliare, appunto, continuiamo ad interpretare un ruolo, una parte: la madre, il padre, il fratello, la sorella, la moglie, il marito etc. Riusciamo a liberarci completamente delle maschere che indossiamo quando siamo soli con noi stessi, ovvero quando passiamo dalla scena al retro-scena.

In questi mesi di semi reclusione, dicevo, alcune di queste abilità in molti di noi (soprattutto nell’ambito delle professioni artistico creative) si sono notevolmente affievolite, probabilmente in conseguenza della rarefazione dei rapporti interattivi umani e socio professionali. E’ come se avessimo perso un frammento importante della nostra identità per il rarefarsi di quei segnali di ritorno che otteniamo proprio dalla interazione con altri individui; e più in generale dal contesto sociale in cui abitualmente agiamo.

Ciò ha determinato che in quelle sporadiche occasioni di confronto, scambio sociale, proviamo una spiazzante sensazione di insicurezza, talvolta di inadeguatezza allo sforzo interpretativo e performativo che la ribalta esige. Spesso ci scopriamo intolleranti verso le normali difficoltà insite nei rapporti interpersonali di carattere professionale. Oppure scarsamente empatici, anche verso quelle situazioni della vita che, prima delle limitazioni alla nostra libertà, ci vedevano invece coinvolti emotivamente.

Come agire per contenere questo pericoloso effetto collaterale della pandemia? Intensificando lo scambio di idee, anche a distanza, con amici e colleghi di cui abbiamo stima, condividendo con loro esperienze e stati d’animo. Ma soprattutto riprendendo, dove è possibile, la nostra attività di animali sociali, di attori professionisti sul proscenio della vita.

TAG: Lavoro, psicologia della pandemia, socialità
CAT: relazioni

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