Se la vita è un photoshop! Perché siamo diventati falsificatori di immagini

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27 Agosto 2016

La civiltà finisce dove inizia il buffet
Anonimo

La vita è un grande banchetto, a cui siamo invitati nostro malgrado, e non sempre le pietanze che vengono servite sono di nostro gradimento.

Come ai pranzi di nozze, a volte arriviamo a questo banchetto con la fame agli occhi. Archiviamo ogni regola di buona educazione e cerchiamo la posizione strategica per ritrovarci al primo posto davanti al buffet. Siamo così lanciati sulle pizze fritte che non abbiamo alcuna intenzione di alzare la testa, con il rischio di incrociare lo sguardo dello sposo. Ci buttiamo in questa vita divorando tutto quello che troviamo, così profondo è il senso di vuoto che ci portiamo dentro, confidando nel bicarbonato che questa sera ci assicurerà un po’ di sollievo!

Chi più chi meno, siamo tutti in qualche modo divoratori di immagini e di telecamere, di gratificazioni e di affetto, cerchiamo tutti il primo posto nel banchetto, e se accettiamo di sederci in un punto più defilato è solo perché siamo usciti sconfitti nella corsa al buffet!

Cerchiamo un posto nella vita dove stare comodi, cerchiamo un posto nel cuore delle persone, soprattutto cerchiamo un posto dove stare bene in vista per essere riconosciuti e gratificati, chiediamo ogni giorno al mondo di rassicurarci e affidiamo la nostra stima alle attese degli altri.

Chi va a occupare l’ultimo posto invece può alzare serenamente lo sguardo, perché si presenta così com’è, non ha paura di essere visto nella sua povertà. Per questo non ha paura di incrociare lo sguardo dello sposo. Lo sposo infatti è colui che si è umiliato per primo, che non ha considerato un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, è colui che ha rifiutato il privilegio di trasformare per sé le pietre in pane, è colui che non ha trovato posto nell’albergo, ma l’ha trovato solo sul Golgota, è colui che è stato esaltato solo sulla croce.

Coloro che cercano di occupare i primi posti vivono nello sforzo quotidiano di indossare una maschera pesante che seduce e inganna. Non sono mai loro stessi, perché vivono nell’ansia di nascondere le loro angosce. È come se quotidianamente dovessero lavorare al photoshop della loro vita. Com’era lungimirante Ignazio di Loyola quando vedeva la vera tentazione non tanto nella ricchezza, che è solo il primo stadio della tentazione, ma molto di più nella vanagloria (mostrare una falsa immagine di sé) e ancor più nella superbia (ritenersi migliori degli altri)!

Se la vita somiglia a un grande banchetto, è anche vero che a volte siamo chiamati noi a prepararlo. È anche vero che ci sono coloro che preferiscono passare la vita girando di sala in sala, di ricevimento in ricevimento, senza prendersi mai la responsabilità di organizzare un pranzo per qualcun altro. Sono le vite che si scoprono improvvisamente senza senso, quelle che si sono riempite la pancia fino a scoppiare, quelli che sono diventati così gonfi da non riuscire più a passare per la porta stretta.

La vita invece ci chiede continuamente di passare dall’essere ospitati al diventare coloro che accolgono. Questa è la dinamica dell’amore. Ma – sebbene abbiamo fatto della reciprocità un valore fondamentale delle democrazie occidentali – la reciprocità non è un valore per il vangelo, ma una distorsione dell’amore! Il banchetto che prepariamo non è un luogo in cui guadagnare, ma è il luogo in cui restituire. È davvero triste quando nelle relazioni, anche nelle relazioni quotidiane, si fa la partita doppia per verificare se i conti tra me e te sono in pareggio. Quello è il segno che la relazione non funziona più.

Io credo che la nostra vita sia ogni giorno un banchetto d’amore e il modo in cui organizzo questa festa dice molto del mio modo di amare, dice chi sono: ci possono essere banchetti per pochi intimi, feste di paese, ricevimenti diplomatici, momenti di famiglia… A chi do il permesso di varcare la porta della mia sala da ballo?

Che cosa ci guadagnerò da questa relazione? Questa è la domanda che distrugge la festa. Se nella mia lista degli invitati non ci sono i cechi e gli zoppi, vuol dire che la mia vita non è una festa, ma una riunione d’affari. Al tempo di Gesù i ciechi e gli zoppi erano esclusi dalle cerimonie del tempio, persino i luoghi sacri erano diventati luoghi di affari! Ecco, possiamo sempre decidere ogni giorno se vogliamo fare della nostra vita una festa o una riunione di lavoro.

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Testo

Lc 14,7-14

Leggersi dentro

  • A che distanza sono dal buffet?
  • Chi ho invitato per la mia festa di oggi?

TAG:
CAT: relazioni, Religione

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