I SEGNI E GLI STRUMENTI DELLA PASSIONE
I bambini che a Gaza muoiono di fame e quelli che a Zaporižžja muoiono sotto le bombe sono segni drammatici di una «Passione»; se gli ordigni esplosivi ne hanno provocato la morte, le cause certamente dimorano nelle mani di chi decide che la pace non debba avere diritto di parola. Eppure da duemila anni le vicende dell’Uomo della Croce possono dare un senso a quelle di tutti i crocifissi della storia; non tanto perché abbia un senso vivere la nostra passione umana unendoci alla sua; quanto perché l’offerta della sua vita può dare una luce nuova ad ogni nostro dolore.
I segni della passione del Crocifisso sono il suo “biglietto da visita”, quello con il quale si è presentato ai suoi nelle apparizioni pasquali, chiedendo a Tommaso di verificare in maniera cruda e reale tutto ciò.
Nella geografia dell’”uomo della Sindone” è impressionante come il lino di Torino sia segnato non dalle impronte del sangue di un crocifisso qualsiasi, ma da ferite che riproducono in maniera fedele quelle della Passione del Cristo descritte in maniera minuziosa dai racconti evangelici: i segni della flagellazione, la coronazione di spine, le trafitture dei chiodi, le gambe non spezzate, la ferita da taglio nel costato.
Da sempre l’iconografia presenta accanto alla rappresentazione del crocifisso anche i particolari di alcuni strumenti utilizzati per realizzare gli eventi descritti: la croce, la colonna della flagellazione, la corona di spine, la tunica, i chiodi, martello e tenaglia, fino al gallo che cantò dopo il rinnegamento di Pietro.
Nel capitolo enorme delle reliquie sparse nelle chiese di tutto il mondo, qualcuno nota che con i frammenti del legno della croce si potrebbe mettere insieme una foresta. Nel calendario liturgico la festa della sua Esaltazione è legata alla tradizione del suo rinvenimento da parte di Elena, madre dell’imperatore Costantino.
Dietro ogni studio ci sono però tracce interessanti. Così, nel capitolo delle reliquie, la tradizione vuole che la corona di spine (che non era di per sé a forma di “aureola” come normalmente è raffigurata; ma era come le corone orientali, un vero e proprio casco, che doveva avvolgere tutta la parte superiore della testa fin dietro la nuca) sarebbe stata in larga parte privata delle sue spine, che si trovano sparse in varie cattedrali di tutta l’Europa.
Fra queste, molto interessanti sono le ricognizioni fotografiche e filmografiche sulla Sacra Spina donata alla cattedrale di Andria (BAT) da Beatrice, figlia di Carlo II d’Angiò. Secondo la tradizione, quando la Festa dell’Annunciazione del Signore, il 25 marzo, cade nel giorno del Venerdì Santo, la spina andrebbe a ravvivarsi, mostrando una specie di sudorazione. Ciò è documentato dalle riprese video del 2005 e nel 2015.
I segni della Passione, le “Sacre Piaghe”, provocate dai vari strumenti con cui è stata attuata, sono registrati, come detto, da tutta l’iconografia cristiana, culminando con la catechesi visiva tracciata da quell’icona che è la Sacra Sindone di Torino.
Anche nella mistica cristiana è interessante notare come lo studio su quei personaggi che hanno subito la stigmatizzazione somatica, dei quali Francesco d’Assisi è il primo caso conosciuto, è estremamente interessante il confronto con quel che l’osservazione medica ha rilevato. A riguardo, ci sono i casi di chi ha riportato i segni delle trafitture nel palmo delle mani ed altri sotto i polsi, dove, storicamente, è provato che i chiodi venissero conficcati.
Se la lettura dei Vangeli della Passione, la partecipazione alle rappresentazioni sacre o la visione della trasposizione di un film fedele ai racconti evangelici come The Passion di Mel Gibson possono introdurci sulla scena e aiutarci a vivere il messaggio conseguente a quegli eventi, è interessante altresì soffermarsi non solo sui dolori fisici, a partire dalla sudorazione di sangue nell’orto degli ulivi.
Gesù di Nazareth avrebbe infatti non solo sofferto fisicamente le fasi più cruente della sua passione, descritte in maniera visiva e celebrate nella tradizione millenaria delle Vie Crucis, ma ancor di più per la consapevolezza che il dono libero cruento della sua vita non sarebbe stato accolto e riconosciuto da tutti.
Torniamo a chiarire quello che abbiamo accennato all’inizio.
Ogni volta che ciascuno di noi vive il dolore legato alle sue sconfitte, alle sue sofferenze, al dramma di una prova o di una grave malattia con la quale doversi confrontare, un messaggio fuorviante è quello di chi ci propone: “Come Cristo si è caricato sulle spalle la sua croce, così anche noi dobbiamo fare lo stesso!”
In realtà, il messaggio evangelico, è esattamente il contrario: non siamo noi che dobbiamo imitare o condividere la croce di Cristo. È Cristo che, potendo evitare la sua dolorosa Passione e la sua Morte in croce, ha invece deciso, liberamente e per amore, di andare fino in fondo, di donare la sua vita e, dunque, di condividere le nostre croci per dare un senso, con il suo esempio, al modo in cui possiamo affrontare il dolore e le sofferenze che la vita ci propone.
È questa la luce che fa risplendere il Mistero della Passione, della Morte e poi della Risurrezione di Cristo.
Un commento
Devi fare per commentare, è semplice e veloce.
In tutto questo c’è, ovviamente, da tener presente la grafomania e la vena narrativa degli evangelisti, quelli accettati e quelli rifiutati a Nicea, che, tutti quanti, abbondano di invenzioni notevoli.
Da non credente ma da studioso delle dottrine orientali, cosciente del frullato culturale che sono tutte quante e di quanto una abbia attinto dall’altra, dico che questo messaggio di un presunto Gesù è un po’ fine a sé stesso, perché alla fine il risultato è “beati quelli che soffrono”. Francamente, se c’è il diclofenac che mi fa passare i dolori, preferisco prendere il diclofenac.
Devo anche dire che le processioni che tanti turisti (molto più numerosi dei devoti) richiamano, da Siviglia a Trapani a Grassina, offrono delle rappresentazioni sadomasochistiche abbastanza inquietanti.
Non so, spenderei meglio quei soldi e farei, forse, corone di spine di marzapane che lasciano un dolce ricordo in bocca.