Al di là dei confini del sistema solare: breve storia dell’esplorazione spaziale

14 Marzo 2023

L’esplorazione spaziale è l’esempio più eclatante del trionfo dell’intelligenza umana e della sua perseveranza nel tentativo di esplorare gli angoli inesplorati dell’universo. Non molto tempo fa, poco più di un secolo, il “volo verso le stelle” era appannaggio degli scrittori di fantascienza, ma già alla fine degli anni Cinquanta il primo oggetto costruito dall’uomo ha superato la gravità terrestre ed è entrato nell’orbita della Terra. Iniziando così la corsa allo spazio.

In meno di sette decenni, l’uomo è riuscito a costruire un’incredibile stazione spaziale, a camminare sulla Luna e a fotografarne il lato oscuro, a scrutare le profondità dell’universo attraverso il telescopio Hubble[1] e a vedere le immagini di altre galassie grazie al telescopio “James Webb”[2], a lanciare satelliti artificiali e a vedere i dettagli di Giove, Saturno, Mercurio, a far nascere il turismo spaziale, a imparare a stare nello spazio quanto tempo si vuole e a pensare seriamente di poter colonizzare altri pianeti[3].

Alla fine del 2022, più di 260 diversi veicoli e satelliti per l’esplorazione spaziale sono stati lanciati da diversi Paesi[4]. Non tutti hanno avuto successo, ma certamente ognuno di questi ha rappresentato un piccolo passi sulla strada dell’esplorazione spaziale. I progressi nella tecnologia dei razzi e nella navigazione spaziale sono stati i fattori chiave che hanno permesso ai veicoli spaziali di percorrere grandi distanze e di fare molte scoperte scientifiche. Fattori importanti sono stati: lo sviluppo di potenti motori a razzo, lo sviluppo della navigazione e della comunicazione spaziale, ed infine lo sviluppo di antenne speciali e di tecnologie di trasmissione dati che hanno permesso ai veicoli spaziali di determinare la loro posizione e di comunicare con la Terra su lunghe distanze[5].

Il volo verso le regioni più lontane del Sistema Solare è reso possibile anche dalla scoperta del “gravity assist”. Si tratta di un metodo per utilizzare il campo gravitazionale di un pianeta o di un altro oggetto spaziale di grandi dimensioni per modificare la velocità e la direzione di volo di un veicolo spaziale. Quando un veicolo spaziale si avvicina a un pianeta, utilizza il campo gravitazionale di quel pianeta per guadagnare velocità aggiuntiva, risparmiando carburante e il tempo necessario per manovrare nello spazio[6]. Nella vita reale, questa tecnica è perfettamente illustrata da una partita di biliardo su un tavolo da gioco.

Verso le stelle

L’area sconosciuta al confine del Sistema Solare[7]

Nel marzo 1972, il programma spaziale Pioneer 10 della NASA ha lanciato una navicella che, per la maggior parte della sua missione, è stata la cosa più lontana dalla Terra mai costruita dall’uomo. È stata la prima sonda a passare attraverso una sconosciuta fascia di asteroidi e ad avvicinarsi a Giove, nel dicembre 1973[8]. Il suo scopo principale era quello di studiare il gigante gassoso, i suoi satelliti, le fasce di radiazioni intrappolate e il suo campo magnetico[9].

Il veicolo spaziale era dotato di un complesso di 11 strumenti di ricerca per svolgere le ricerche previste. All’inizio del dicembre 1973, il Pioneer 10 è nel punto più vicino a Giove, a una distanza di circa 132’000 km, e al momento dell’avvicinamento tutti i sistemi funzionano correttamente. “Il “pioniere” riesce ad avvicinarsi al pianeta, a raccogliere i dati necessari e, alla fine del viaggio intorno al gigante gassoso, a restituire alla Terra 500 immagini del pianeta e dei suoi satelliti[10].

Il Pioneer 10 ha inviato i suoi ultimi dati nel 2002 e ha ricevuto il suo segnale più debole nel 2003, 31 anni dopo il lancio, quando si trovava a 12,21 miliardi di km dal Sole. La causa presunta dell’interruzione delle comunicazioni è l’esaurimento della fonte di energia (il reattore nucleare portatile). Il Pioneer 10 sta probabilmente continuando il suo viaggio verso la stella Aldebaran, al di là del Sistema Solare, e se non incontrerà ostacoli sul suo cammino raggiungerà le vicinanze della stella tra circa 2 milioni di anni[11].

La sonda Pioneer 11 è stata lanciata dalla Nasa nell’aprile 1973. Il suo compito era quello di esplorare il sistema solare esterno e l’ecosistema di Giove. La missione aggiuntiva consiste nel volare verso Saturno e studiarne gli anelli e i satelliti. Il Pioneer 11 era dotato degli stessi strumenti di ricerca del suo predecessore[12]. La sonda si è avvicinata a soli 42’500 km da Giove, tre volte più vicino del suo predecessore, ha scattato numerose fotografie del gigante gassoso (compreso il polo del pianeta) e dei suoi satelliti e, sulla base dei dati raccolti, ha tratto conclusioni sui confini della magnetosfera di Giove.

Sfruttando il campo gravitazionale di Giove, la sonda ha tracciato la rotta per Saturno, a cui si è avvicinata quasi 5 anni dopo. Lì ha ottenuto più di 400 immagini del sistema planetario, è stato in grado di accertare la temperatura totale del pianeta e del suo satellite principale Titano, ed ha scoperto un nuovo satellite, traendo conclusioni nuove e sorprendenti sull’atmosfera di Saturno e sul suo campo magnetico[13].

Un’immagine di Titano scattata da Pioneer 11[14]

Lasciato Saturno, Pioneer 11 è volato in direzione opposta al suo predecessore, verso la stella Deneb, nella costellazione dell’Aquila, che dovrebbe raggiungere in circa 4 milioni di anni[15]. Ventidue anni dopo il lancio, Pioneer 11 trasporta ancora due strumenti e la sua ultima sessione di comunicazione è avvenuta con successo nel novembre 1995[16]. Ma il volo continua. In caso di incontro con una civiltà extraterrestre, entrambi i Pioneer portano con sé una targa d’oro che raffigura la navicella stessa, un uomo e una donna, e un atomo di idrogeno dei pianeti del sistema solare, con la posizione della Terra segnata[17].

In effetti, le sonde Pioneer stavano preparando un percorso sicuro per gli altri due esploratori spaziali. Nel 1977, il programma Voyager della NASA, nato per l’esplorazione dei pianeti esterni del sistema solare, ha lanciato due sonde spaziali con lo stesso nome: “Voyager 1” e “Voyager 2”. Il loro obiettivo è quello di raccogliere il maggior numero di informazioni possibili sui giganti gassosi più esterni del sistema solare. Il lancio è stato programmato per tenere conto delle posizioni orbitali di Giove, Saturno, Urano e Nettuno, in modo che le navicelle possano utilizzare i campi gravitazionali dei pianeti per manovrare e regolare la loro velocità[18].

Oggi la dotazione tecnica di quelle sonde spaziali potrebbe far sorridere, ma nel 1977 erano il fiore all’occhiello dell’industria spaziale. Le apparecchiature scientifiche sono le stesse dei loro predecessori, Pioneer 10 e Pioneer 11, e anche la fonte di energia è un generatore termoelettrico a radioisotopi. Dato che le sonde devono raggiungere i punti più lontani del sistema solare, grande attenzione è stata data ai sistemi di comunicazione, in particolare alle antenne. Il sistema informatico è composto da tre computer indipendenti, ognuno con una propria funzione: controllo e monitoraggio dello stato della navicella, elaborazione e trasmissione della telemetria, controllo del sistema di controllo dell’assetto e della piattaforma di strumenti di ricerca[19].

Meno di due anni dopo il lancio, Voyager 1 ha raggiunto Giove ed ha proseguito verso Saturno, raggiunto nel novembre 1980. La sonda ha poi utilizzato la manovra gravitazionale per guadagnare la velocità necessaria per seguire la sua traiettoria di allontanamento dal sistema solare[20].

L’equipaggiamento del Voyager[21]

Il percorso di Voyager 2 è stato più misurato e lungo: ha superato Giove nell’estate del 1979 e gli anelli di Saturno nell’estate del 1981, si è diretta verso Urano, che ha raggiunto nel gennaio 1986, per poi avvicinarsi a Nettuno nell’agosto 1989. Dopo un così lungo viaggio di esplorazione, la sonda si è diretta verso lo spazio interstellare. “Voyager 2 è l’unica sonda costruita dall’uomo ad aver raggiunto gli ultimi due pianeti del sistema solare, Urano e Nettuno[22].

Il Voyager ha fatto un lavoro incredibile. Ha raccolto una grande quantità di dati sulle atmosfere dei quattro giganti del sistema solare, come l’atmosfera turbolenta di Saturno o gli anelli trasformisti di Giove, i numerosi poli dei due pianeti, il fatto che emettono 2-2,5 volte più energia di quanta ne ricevano[23], la scoperta di oltre due dozzine di nuove lune e satelliti, le immagini dei numerosi laghi e fiumi di idrocarburi sulla loro superficie, la scoperta di vulcani attivi su Giove[24].

Il 25 agosto 2012 è un momento importante per la sonda spaziale Voyager 1, così come lo è stato il 5 novembre 2018 per la sua navicella gemella, che entra nello spazio interstellare[25]. Questa “uscita” significa che la sonda è riuscita ad attraversare l’eliopausa, il confine dell’eliosfera, la regione dominata dal vento solare e dai suoi campi magnetici associati[26].

La missione interstellare dei Voyager non ha un limite temporale preciso. Entrambe le sonde sono ancora in funzione e inviano dati alla Terra, che gli scienziati continuano ad analizzare. Si prevede che le sonde Voyager continueranno a funzionare almeno fino al 2025, quando si pensa che gli strumenti a bordo esauriranno le loro risorse. Tuttavia, le sonde Voyager potrebbero continuare a funzionare e a trasmettere dati per diversi anni dopo, fino all’esaurimento delle risorse energetiche delle sonde[27].

Per ora, a quasi 46 anni dal lancio, le sonde Voyager 1 e 2 comunicano, sono attive, e distano rispettivamente 23,82 miliardi e 19,93 miliardi di km dalla Terra, e raggiungere l’esterno del sistema solare rimane l’obiettivo primario della loro missione per le prossime centinaia di anni, nella migliore delle ipotesi[28]. Finora nessun oggetto costruito dall’uomo ha lasciato il sistema solare. Sono le nostre nuove Colonne d’Ercole: possiamo solo intuire cosa ci sia dopo, e Voyager, se avremo fortuna, sarà il primo viaggio dell’uomo al di là di questo confine[29].

Oltre le nuove Colonne d’Ercole

Diagramma del sistema solare che mostra la posizione attuale di Voyager 2[30]

Il sistema solare comprende tutti i corpi che sono soggetti alla gravità del Sole, che orbitano intorno ad esso e che sono attratti dalla sua gravità[31]. Il confine ipotetico del Sistema solare è quello della Nube di Oort, la cui parte più esterna si trova presumibilmente a una distanza di 100’000 unità astronomiche (a.u.) dal Sole[32] (1 a.u. è pari alla distanza media tra la Terra e il Sole, quasi 150 milioni di km)[33].

Il sistema in cui viviamo assomiglia a una sfera a più strati. Oltre l’orbita dell’ultimo pianeta, Nettuno, si trova la Fascia di Kuiper, una regione a forma di disco contenente milioni di corpi ghiacciati, residui della formazione del sistema solare[34]. Èd è proprio laggiù, verso il lontano pianeta nano e la regione inesplorata, che nel 2006 il programma spaziale della NASA ha inviato la sonda New Horizons. La sonda ha il compito di studiare le caratteristiche atmosferiche e geologiche di Plutone e della sua luna Caronte, nonché di altri oggetti della Fascia di Kuiper. Per supportare la missione, la sonda è stata equipaggiata con 7 strumenti scientifici: 3 sistemi ottici, 2 sistemi per l’analisi del plasma, un analizzatore di polveri e uno spettrometro radio[35].

La sonda ha portato a termine la sua missione: mentre sorvolava Giove è stata in grado di rilevare i cambiamenti climatici globali del pianeta e ha scoperto per la prima volta i fulmini nelle regioni polari, ha studiato in dettaglio la superficie e l’atmosfera di Plutone e Caronte[36], ha raccolto dati su molti altri satelliti, ha scattato incredibili immagini di oggetti lontani del nostro sistema solare e ha anche raccolto una serie di dati la cui analisi ha fatto riconsiderare agli scienziati i modelli precedenti del sistema[37]. Ha poi proseguito verso l’oggetto della fascia di Kuiper Arrokot, raggiunto con successo nel gennaio 2019, scoprendo un oggetto spaziale inedito[38].

New Horizons è ora in “modalità ibernazione” a una distanza di oltre 7 miliardi di chilometri dalla Terra e doveva essere attivato il 1° marzo 2023. In futuro, New Horizons potrebbe essere inviato a esplorare altri oggetti nella Fascia di Kuiper[39]. Le sonde incaricate di esplorare le zone più lontane del Sistema Solare presentano analogie tecnologiche: utilizzano generatori termici a isotopi (alimentati da Pu38), in quanto non ha senso utilizzare pannelli solari a distanze maggiori dal Sole; sono dotate di strumenti scientifici altamente sensibili: a) Sensori e rivelatori di plasma per misurare la densità, la temperatura e la velocità del plasma nello spazio; b) Magnetometri per misurare l’intensità e la direzione del campo magnetico; c) Strumenti per la misurazione della radiazione cosmica, tra cui rivelatori di raggi cosmici, rivelatori di raggi gamma e spettrometri; d) Rivelatori di ioni e neutri per studiare la composizione dell’ambiente gassoso; e) Fotocamere per fotografare pianeti, lune e altri oggetti vicini alla sonda; f) Spettrometri per studiare la composizione della superficie di pianeti e lune; g) Strumenti per misurare la temperatura e la radiazione termica; h) Antenne e ricevitori di onde radio per le comunicazioni con la Terra; i) Analizzatori di gas e spettrometri di massa per studiare la composizione chimica dell’atmosfera di pianeti e lune; j) Strumenti per misurare la velocità e la direzione della sonda[40].

Per garantire la comunicazione, l’orientamento della sonda rispetto alla Terra è molto importante e le sonde sono dotate di sistemi di orientamento autonomi. Il più delle volte vengono utilizzati sensori ottici che rispondono alla luce (proveniente dal Sole o da stelle luminose come Sirio), in modo che la navicella possa trasmettere un segnale in direzione del Sole e quindi della Terra[41]. Naturalmente, ogni navicella successiva è superiore alla precedente in termini di equipaggiamento tecnico e di qualità dei materiali utilizzati, poiché i progressi tecnologici non si fermano e si aggiungono nuovi strumenti ad ogni nuova missione.

Vagabondando nello spazio

Un’immagine ipotetica del nostro Sistema Solare visto dall’esterno[42]

L’esplorazione dello spazio continua. L’attenzione degli scienziati è rivolta allo studio dell’interazione tra il sistema solare e il mezzo interstellare. Due missioni della NASA sono attualmente attive in questo settore: l’Interstellar Boundary Explorer (IBEX) – lanciata nel 2008[43] – e la Parker Solar Probe – per studiare il Sole e la sua corona, nonché per ottenere dati sull’interazione del Sole con il mezzo interstellare vicino al Sistema solare esterno[44].

La comunicazione è un collegamento critico in tutte le missioni interplanetarie. Se si perde il contatto con il veicolo spaziale, per quanto efficiente esso sia, diventa inutile per la Terra, così come i dati raccolti, che non possono essere trasmessi. La comunicazione radio viene utilizzata per comunicare con i veicoli spaziali. Funziona oscillando la corrente nell’antenna del trasmettitore per creare onde elettromagnetiche che si propagano quasi alla velocità della luce e raggiungono l’antenna del ricevitore. Il ricevitore è sintonizzato sulla frequenza dell’onda radio trasmessa e il risultato è una corrente elettrica alternata nell’antenna che viene poi amplificata, analizzata e utilizzata per trasmettere informazioni[45]. Questo processo consente di trasmettere informazioni su lunghe distanze nello spazio[46].

Per eseguire questo processo, le sonde spaziali sono dotate di antenne e trasmettitori speciali. Queste antenne sono solitamente montate in una direzione specifica per migliorare la qualità del segnale. Inoltre, le sonde sono solitamente dotate di più antenne posizionate su diversi lati del corpo per garantire la comunicazione in qualsiasi posizione della sonda rispetto alla Terra. Un altro fattore molto importante per le comunicazioni spazio-terra sui veicoli spaziali è la ridondanza dei sistemi, ossia l’uso di un canale di comunicazione a bassa velocità (antenne non orientate verso la Terra) e di un canale di trasmissione delle informazioni veloce e a direzione stretta.

In caso di guasti, che comportano la perdita dell’orientamento, o di requisiti contrastanti per la posizione del veicolo (i pannelli solari rispetto alla luce, il motore rispetto alla manovra che si sta eseguendo, l’attrezzatura scientifica rispetto all’oggetto da studiare), o quando si utilizza la modalità “sleep”, in questi casi il canale di comunicazione lento ridondante diventa un’opportunità per trasmettere informazioni “vitali” e, se necessario, utilizzando i comandi dalla Terra, un modo per riportare il veicolo alla piena funzionalità[47]. Ad esempio, l’antenna di 4,8 metri della stazione Galileo (la navicella robotica della NASA per l’esplorazione di Giove e dei suoi satelliti) non si è aperta in volo. Per fortuna, la stazione era collegata alla Terra tramite un canale non direzionale a soli 160 bps invece dei 134 kbps previsti durante i suoi 8 anni di permanenza su Giove, e ha continuato a funzionare, anche se con una bassa velocità di trasmissione[48].

Il DSN della NASA in tempo reale[49]

Più le stazioni interplanetarie si allontanano dalla Terra, più diventa difficile captare i loro segnali. Purtroppo non possiamo ancora disseminare il nostro sistema solare di satelliti orbitanti che fungano da ripetitori ovunque, quindi dobbiamo costruire enormi antenne paraboliche[50].

Il Deep Space Network (DSN) della NASA è il più grande e sensibile sistema di telecomunicazioni scientifiche al mondo, costituito da gigantesche antenne radio della NASA che formano tre siti equidistanti – a circa 120 gradi di longitudine – in tutto il mondo. I siti si trovano a Goldstone, in California; a Madrid, in Spagna, e vicino a Canberra, in Australia. Questa posizione è dovuta alla necessità di garantire una comunicazione ininterrotta con i veicoli spaziali durante la rotazione del nostro pianeta. Se il segnale viene perso in una località, un’altra stazione lo capta e continua le comunicazioni[51].

Ad esempio, l’antenna parabolica principale del Complesso di comunicazioni spaziali di Madrid, DSS-63, ha un diametro dello specchio di oltre 70 metri e pesa 3500 tonnellate. Per seguire le sonde, l’antenna ruota su quattro cuscinetti a sfera, ognuno dei quali pesa una tonnellata. Tuttavia, trovare piccoli oggetti nello spazio per puntare con precisione l’enorme antenna è un compito molto difficile, quindi si ricorre alla “triangolazione radio”, in cui due stazioni a terra confrontano l’angolo esatto in cui un segnale colpisce lo specchio dell’antenna a intervalli diversi. In questo modo è possibile calcolare la distanza di un oggetto e la sua posizione[52].

Il DSN non è solo un insieme di grandi antenne, ma è anche un potente sistema utilizzato per controllare, tracciare e monitorare le condizioni e la sicurezza dei veicoli spaziali in molti punti distanti del sistema solare. La comunicazione non così distante può essere effettuata utilizzando Estrack (stazioni di tracciamento dell’Agenzia Spaziale Europea), un sistema mondiale di stazioni di terra che collega i satelliti in orbita al Centro Europeo per le Operazioni Spaziali (ESOC) di Darmstadt, in Germania. È composto da sette stazioni situate in diversi Paesi, tra cui tre antenne per lo spazio profondo.

La velocità di trasmissione delle informazioni è un fattore fondamentale del sistema di comunicazione. Non dipende tanto dall’intensità del segnale quanto dal rapporto tra l’ampiezza del segnale e il rumore che interferisce con la ricezione. Il rumore è dovuto al movimento termico degli atomi nelle apparecchiature riceventi e trasmittenti, e lo spazio è tutt’altro che “silenzioso”: la radiazione a microonde, rimasta dopo il Big Bang, “canta”. L’informazione spaziale viene trasmessa in forma digitale, cioè in una sequenza di zeri e uno – i bit – e quanto peggiore è il rapporto segnale/rumore, tanto più tempo occorre per trasmettere ogni bit. Pertanto, più lontano è il dispositivo, più debole è il suo segnale, più lento è lo scambio di informazioni con esso[53].

Le sonde Voyager, che hanno un’antenna parabolica di 3,65 m di diametro, lo dimostrano: durante l’orbita intorno a Giove e Saturno, quando i satelliti erano abbastanza vicini alla Terra, sono state raggiunte velocità di trasmissione dati di 115’000 e 45’000 bps. Ma poiché la potenza del segnale varia inversamente al quadrato della distanza tra i trasmettitori, Voyager 2 trasmetteva a 9000 bps durante il rilevamento di Urano. A Nettuno, il numero è sceso a 3000 bps[54]. A oltre 23 miliardi di km di distanza, Voyager 1 trasmette a 160 bit/sec, con un tempo di trasmissione a senso unico di 20 ore e 33 minuti[55], mentre un ping da Marte, che viaggia alla velocità della luce, impiega soltanto 20 minuti per raggiungere la Terra[56].

L’esplorazione dei pianeti

Il rover Perseverance della NASA si è scattato un selfie con una delle 10 provette di campioni che ha inserito nel caveau dei campioni[57]

Tutto ciò serve per comprendere meglio la natura del nostro sistema solare, la sua origine e la sua evoluzione, per studiare le leggi che operano al suo interno e per determinare il potenziale utile per l’umanità, nonché la possibilità di forme di vita su altri oggetti nello spazio. L’esplorazione della superficie degli oggetti del sistema solare, invece, ha obiettivi diversi, e per questo motivo i veicoli spaziali utilizzati sono diversi.

La ricerca sul nostro vicino lunare mira a studiare la struttura e la composizione della sua superficie e a cercare le risorse necessarie per le future missioni spaziali. Il rover lunare Yutu 2 Chang’e-4 è un veicolo cinese senza equipaggio che è stato lanciato nel dicembre 2019 e ha effettuato un atterraggio morbido sul lato posteriore della luna. Il rover lunare, che pesa 140 kg, funziona con pannelli solari e, come il suo modulo, opera per circa due settimane terrestri quando il sole splende e poi si spegne per sopravvivere alla lunga e fredda notte lunare. Finora ha percorso più di 1 km sulla Luna[58] e, tra le altre scoperte, ha trovato due sfere di vetro semitrasparenti, probabilmente formate da rocce vulcaniche causate dall’impatto di meteoriti[59].

Nel 2011, il Mars Science Laboratory della NASA ha inviato Curiosity, il rover più grande e potente mai inviato sul “Pianeta rosso”. La sua missione è rispondere alla domanda: su Marte ci sono mai state condizioni ambientali adatte ai microbi?[60] È dotato di una serie di 10 strumenti scientifici, 17 telecamere, un laser per vaporizzare e studiare le rocce e un trapano per raccogliere campioni di roccia frantumata. Già nel primo anno dopo l’atterraggio su Marte, gli scienziati hanno trovato prove di un antico basamento e i campioni di suolo prelevati dal pianeta contenevano circa il 2% di acqua. Nel 2022 sono stati pubblicati i risultati di uno studio sulle rocce prelevate nella regione di Glen Torridon del cratere Gale. La ricerca indica che Marte un tempo aveva laghi e sorgenti calde, il che è confermato dalla presenza di strutture e interstrati ad alto contenuto di fluoruro, simili a quelli che si formano sul fondo dei laghi sulla Terra. Inoltre, gli scienziati hanno rilevato ossigeno, anidride carbonica e zolfo su Marte utilizzando il Sample Analysis at Mars (SAM)[61].

Nel 2020, nell’ambito dello stesso progetto, per continuare la missione del suo predecessore, è stato inviato il rover Perseverance. Il rover è dotato di un trapano per raccogliere campioni di roccia e suolo marziano e conservarli in tubi sigillati per una futura missione che li riporterà sulla Terra per analisi dettagliate. Il piano di missione prevede anche l’identificazione di altre risorse (come le acque sotterranee), la caratterizzazione del tempo, della polvere e di altre potenziali condizioni ambientali. Il suo compito è anche quello di testare la capacità di produrre ossigeno dall’anidride carbonica dell’atmosfera marziana[62].

Il programma ExoMars dell’Agenzia Spaziale Europea, articolato in due fasi, promette di rispondere alla domanda se la vita sia mai esistita su Marte. L’orbiter Trace Gas è stato lanciato nel 2016 e la seconda parte del programma, che comprende un rover e una piattaforma terrestre, è in attesa di conferma del lancio[63].

Un’immagine del suolo dell’asteroide Bennu, studiato a fini dello sfruttamento minerario[64]

Anche gli asteroidi sono di grande interesse. L’agenzia aerospaziale giapponese JAXA ha lanciato una missione, Hayabusa2, verso l’asteroide Ryugu, nel 2014. La sonda ha raccolto terreno e ha fatto atterrare diversi robot autonomi sull’asteroide per studiare le rocce sottostanti utilizzando una bitta di rame per creare un cratere. La capsula contenente i campioni raccolti è atterrata con successo sulla Terra nel 2020. Per quanto riguarda la navicella stessa, la sua missione è stata estesa e in futuro studierà altri asteroidi[65]. Un altro campione di materiale asteroidale arriverà sulla Terra già quest’anno. Sarà consegnato dalla missione OSIRIS-REx, che ha studiato l’asteroide Bennu dal 2018 al 2021[66].

Nonostante le sue piccole dimensioni (500 m di diametro), Bennu si è rivelato un corpo celeste molto interessante. Si è rivelato un oggetto piuttosto sciolto, costellato da molti detriti rocciosi di grandi dimensioni e che di tanto in tanto lancia grumi nello spazio. Durante il campionamento c’era il rischio che l’OSIRIS-REx vi cadesse dentro, come in una piscina piena di palline di pietra. Dopo aver lasciato cadere la capsula con i campioni di materia di Bennu, OSIRIS-REx si è diretto verso un rendez-vous con Apophis, un tempo l’asteroide più pericoloso del sistema solare. Il rendez-vous avverrà nel 2029[67].

La missione DART ha alzato il tiro, cambiando l’orbita dell’asteroide. È stata l’attuazione pratica del progetto di protezione della Terra da un corpo celeste minaccioso mediante un’azione cinetica. L’obiettivo del DART era l’asteroide Dimorph, di 160 metri, che è un satellite dell’oggetto più grande Didim. La collisione del DART con l’asteroide è avvenuta il 26 settembre 2022. Il DART ha colpito Dimorph a una velocità di 6,6 km/s. Il risultato, sostengono gli scienziati, ha superato di molte volte le loro aspettative: la variazione del periodo orbitale di Dimorph è stata ridotta di 32 minuti, anche se una riduzione di soli 73 secondi sarebbe considerata un successo[68].

Tutto ciò sembra facile, ma in realtà è pieno di rischi. Non tutti i lanci spaziali hanno avuto successo, ma anche se un lancio va bene ci sono molte situazioni inaspettate che possono accadere nello spazio. I detriti spaziali rappresentano un rischio di collisione molto elevato, indipendentemente da ciò che l’oggetto incontra: un meteorite o un satellite abbandonato sono pericolosi quanto una scaglia di vernice[69]. Indipendentemente dalle dimensioni, mentre gli oggetti detritici di grandi dimensioni sono catalogati, le piccole particelle (da 1 a 10 cm) non lo sono, ma possono ugualmente avere un ruolo fatale[70].

Malfunzionamenti, malfunzionamenti delle apparecchiature o del software, così come problemi di comunicazione, possono mettere a rischio la missione. Inoltre, l’ambiente in cui operano i veicoli spaziali è instabile e sotto l’influenza dell’ambiente spaziale il veicolo spaziale può essere esposto a radiazioni, vento solare e polvere, effetti magnetici e altri fattori che possono danneggiare il veicolo o influire sulla qualità dei dati acquisiti[71].

L’atterraggio su un corpo spaziale può essere pericoloso, perché la superficie può essere irregolare o contenere oggetti pericolosi, come rocce taglienti o scogli. Oppure depressioni, come è accaduto a Philae (realizzato dall’Agenzia Spaziale Europea), la cui missione era quella di sondare il nucleo della cometa Churyumov-Gerasimenko. A causa della bassa gravità della cometa, il veicolo ha dovuto utilizzare il motore di prossimità e l’arpione per agganciarla, ma gli strumenti non hanno funzionato e Philae è rimbalzato due volte sulla cometa. Solo alla terza volta si è fermato, ma è finito in una depressione dove ha rapidamente esaurito l’energia, dato che funziona a pannelli solari, e si è “addormentato”. I tentativi di svegliarlo sono stati vani[72]: una confluenza di diversi fattori ha portato al fallimento della missione. Tuttavia, ogni passo falso è un enorme progresso e, grazie alle moderne tecnologie e ai progressi scientifici, la maggior parte dei rischi legati all’esplorazione dei corpi spaziali viene minimizzata e controllata.

C’è qualcun altro oltre a noi?

Uno studio dell’astrofisico Adam Frank sul possibile collasso ecologico di una civiltà aliena[73]

Siamo soli nell’Universo? Credo che questa sia una domanda che si pone chiunque pensi al cosmo. Ci sono molte organizzazioni che si sono proposte di rispondere a questa domanda. Il SETI Institute (Search for Extraterrestrial Intelligence Institute, California, USA) è un’organizzazione di ricerca no-profit fondata nel 1984 per cercare vita intelligente nell’universo. L’istituto cerca segnali radio che potrebbero indicare la presenza di civiltà aliene, studia la possibilità di vita su altri pianeti, analizza i dati sui pianeti candidati e conduce vari esperimenti volti a trovare e studiare la vita intelligente. Le loro attività sono finanziate da fonti pubbliche e private.

Utilizzando un array di radiotelescopi Allen Telescope Array, composto da 42 antenne di 6,1 metri di diametro, il SETI Institute capta segnali radio dallo spazio, alla ricerca di vita intelligente. Sulla base dell’ATA Data Center ha elaborato e analizzato grandi quantità di dati provenienti dai radiotelescopi. Inoltre, utilizza telescopi a terra in diverse parti del mondo, come il Green Bank Telescope in West Virginia o il Parkes Telescope in Australia[74].

Oppure c’è il Breakthrough Listen, un progetto scientifico privato istituito nel 2015 per cercare civiltà aliene nell’universo. Il progetto utilizza potenti radiotelescopi in tutto il mondo per rilevare segnali elettromagnetici dallo spazio che potrebbero essere collegati alla vita oltre la Terra. Utilizza ricevitori di alta precisione e algoritmi di elaborazione dei dati in grado di rilevare segnali insoliti provenienti solo da fonti non naturali[75].

Queste organizzazioni conducono vari progetti e missioni scientifiche e collaborano tra loro e con altri gruppi di ricerca e organizzazioni, come la NASA, per condividere dati e lavorare insieme. La ricerca di vita intelligente sta per ricevere un importante impulso strumentale, sotto forma dello Square Kilometer Array (SKA), un progetto internazionale per la costruzione di un’infrastruttura scientifica per la ricerca in radioastronomia. Lo SKA sarà composto da migliaia di antenne dislocate in cluster in diversi Paesi, con un diametro di oltre 1 chilometro e una superficie fotosensibile di diversi milioni di metri quadrati.

Si prevede che lo SKA sarà molto più sensibile dei radiotelescopi esistenti e sarà utilizzato per una serie di indagini scientifiche, tra cui lo studio dei misteri della materia e dell’energia oscura, nonché l’evoluzione delle galassie e l’origine della vita nell’universo. Lo SKA è in fase di progettazione e costruzione e dovrebbe essere completato entro il 2030[76]. Ma la speranza, e la paura di incontrare civiltà aliene appassiona tutti, scienziati o no.

Curiosità o profitto?

Il modulo Altair della NASA con le capsule di carico, in grado di trasportare 15 tonnellate di equipaggiamento sulla superficie lunare[77]

Non si tratta solo di sogni e di sete di sapere. L’esplorazione di altri pianeti e dello spazio interstellare aiuta gli scienziati a capire meglio come avvengono i processi nell’universo, come la formazione e il ciclo di vita di stelle, pianeti e altri corpi, l’origine della vita, che a sua volta approfondisce la conoscenza del nostro pianeta, delle sue origini e della sua storia. Ma oggi l’umanità sta cercando di sfruttare le risorse dello spazio, che sembrano molto attraenti. Quanto sono realistiche le capacità dell’industria spaziale di estrarle?

I dati sulla composizione minerale di piccoli corpi, come gli asteroidi, sono attualmente molto scarsi per poter affermare che abbiano un potenziale rilevante. Inoltre, per realizzare una vera e propria missione di ricerca su asteroidi e comete, occorrerebbe creare un sistema di attracco per un corpo celeste di bassa massa che sia altrettanto efficace per un asteroide monolitico, sia per un nucleo cometario friabile, sia per un ipotetico ammasso di rocce[78].

Un’altra risorsa preziosa è la Luna. La costruzione di una base spaziale sulla Luna potrebbe facilitare le future missioni spaziali, consentendo di utilizzarla come punto di sosta per i voli verso altri pianeti e asteroidi. Il nostro satellite potrebbe anche diventare un sito per la ricerca scientifica, come l’astronomia e la fisica. Grazie alla mancanza di atmosfera, gli scienziati possono studiare gli oggetti spaziali senza distorsioni o interferenze. Uno dei progetti più noti è Artemis, sviluppato dall’agenzia spaziale statunitense NASA. L’obiettivo è quello di creare una base permanente sulla Luna entro il 2024 e garantire una presenza umana sostenibile sulla Luna nel lungo periodo[79].

Ma progetti di questo tipo richiedono enormi risorse provenienti dalla Terra. Solo con enormi riserve energetiche sotto forma di un flusso costante di energia solare sarebbe economicamente fattibile estrarre metalli dal suolo lunare, che è per metà silicio e ossidi metallici, e produrre sottoprodotti di ossigeno. I metalli (come materiali da costruzione) e l’ossigeno (come ossidante per il carburante dei razzi e come gas necessario per la respirazione degli astronauti) possono essere estratti sulla Luna con un buon rapporto costi-benefici, il che significa che l’estrazione di minerali in situ per l’industria lunare sarebbe più efficiente della loro spedizione dalla Terra. Ma i vantaggi di fornire materie prime per l’industria terrestre dallo spazio esterno sono discutibili[80].

Nessuno ha ancora iniziato l’esplorazione industriale dello spazio, ma questo potrebbe portare a gravi controversie in futuro, data la mancanza di un quadro giuridico che regoli l’esplorazione dello spazio e la responsabilità per la sua violazione, che consente un’interpretazione molto libera del principio che proclama lo spazio esterno come “provincia di tutta l’umanità”. I primi campanelli d’allarme sono stati la legge statunitense HR 2262 del 2015[81], che conferisce ai cittadini statunitensi diritti di proprietà sulle risorse estratte al di fuori dei confini del pianeta Terra, e una legge simile adottata dal governo del Lussemburgo nel 2017[82]. Per ora, però, si tratta soltanto di ipotesi. I nostri progressi sono certamente impressionanti, ma nella scala di Kardashev, che classifica lo sviluppo tecnologico delle civiltà[83], noi non raggiungiamo ancora nemmeno il livello uno, e assomigliamo a un bambino piccolo, con molte domande senza risposte, di fronte a un universo infinito.

Certo. Ma stiamo crescendo.

[1] https://www.nasa.gov/mission_pages/hubble/main/index.html
[2] https://www.jwst.nasa.gov/
[3] https://tonkosti.ru/%D0%98%D1%81%D1%82%D0%BE%D1%80%D0%B8%D1%8F_%D0%BE%D1%81%D0%B2%D0%BE%D0%B5%D0%BD%D0%B8%D1%8F_%D0%BA%D0%BE%D1%81%D0%BC%D0%BE%D1%81%D0%B0
[4] https://nssdc.gsfc.nasa.gov/planetary/chronology.html#2020
[5] https://epizodsspace.airbase.ru/bibl/spaceage/11.htm#8
[6] https://www.scienceabc.com/innovation/gravitational-slingshot-how-did-gravity-assist-voyager-1-2-in-escaping-the-solar-system.html
[7] https://bgr.com/science/something-terrifying-is-happening-at-the-border-of-our-solar-system/
[8] https://www.nasa.gov/centers/ames/missions/archive/pioneer.html
[9] https://www.nasa.gov/feature/50-years-ago-pioneer-10-launches-to-explore-jupiter
[10] https://www.nasa.gov/feature/50-years-ago-pioneer-10-launches-to-explore-jupiter
[11] https://dzen.ru/media/deep_cosmos/chto-stalo-s-zondami-pioner10-i-pioner11-607ae95c19675453a5cdd368?utm_referer=www.google.com
[12] https://prokocmoc.ru/issledovaniya/kosmicheskij-apparat-pioner-11/
[13] https://solarsystem.nasa.gov/missions/pioneer-11/in-depth/
[14] https://solarsystem.nasa.gov/news/911/10-things-unsolved-mysteries-of-saturns-moons/
[15] https://dzen.ru/media/deep_cosmos/chto-stalo-s-zondami-pioner10-i-pioner11-607ae95c19675453a5cdd368
[16] https://solarsystem.nasa.gov/missions/pioneer-11/in-depth/
[17] https://cosmos.vdnh.ru/izdoma/kosmicheskie-apparaty-za-predelami-solnechnoy-sistemy/
[18] https://dzen.ru/media/kosmos_x/kratkaia-istoriia-zondov-voiadjer1-i-voiadjer2-5c1628b49ccc0700ae5f4555
[19] http://lgbtkvartal.com/topic/1342-%D0%B2%D0%BE%D1%8F%D0%B4%D0%B6%D0%B5%D1%80-1-%D0%B8-%D0%B2%D0%BE%D1%8F%D0%B4%D0%B6%D0%B5%D1%80-2-%D0%B3%D0%BB%D0%B0%D0%B7%D0%B0-%D1%81%D0%BE%D0%BB%D0%BD%D0%B5%D1%87%D0%BD%D0%BE%D0%B9-%D1%81%D0%B8%D1%81%D1%82%D0%B5%D0%BC%D1%8B-%D0%B8%D1%81%D1%82%D0%BE%D1%80%D0%B8%D1%8F-%D0%B8-%D0%BA%D0%BE%D0%BD%D1%81%D1%82%D1%80%D1%83%D0%BA%D1%86%D0%B8%D1%8F-%D0%B7%D0%BE%D0%BD%D0%B4%D0%BE%D0%B2-%D1%87%D0%B0%D1%81%D1%82%D1%8C-1/
[20] http://lgbtkvartal.com/topic/1342-%D0%B2%D0%BE%D1%8F%D0%B4%D0%B6%D0%B5%D1%80-1-%D0%B8-%D0%B2%D0%BE%D1%8F%D0%B4%D0%B6%D0%B5%D1%80-2-%D0%B3%D0%BB%D0%B0%D0%B7%D0%B0-%D1%81%D0%BE%D0%BB%D0%BD%D0%B5%D1%87%D0%BD%D0%BE%D0%B9-%D1%81%D0%B8%D1%81%D1%82%D0%B5%D0%BC%D1%8B-%D0%B8%D1%81%D1%82%D0%BE%D1%80%D0%B8%D1%8F-%D0%B8-%D0%BA%D0%BE%D0%BD%D1%81%D1%82%D1%80%D1%83%D0%BA%D1%86%D0%B8%D1%8F-%D0%B7%D0%BE%D0%BD%D0%B4%D0%BE%D0%B2-%D1%87%D0%B0%D1%81%D1%82%D1%8C-1/
[21] https://voyager.jpl.nasa.gov/mission/spacecraft/instruments/
[22] https://dzen.ru/media/kosmos_x/kratkaia-istoriia-zondov-voiadjer1-i-voiadjer2-5c1628b49ccc0700ae5f4555
[23] https://ikfia.ysn.ru/voyadzhery/
[24] https://news.mail.ru/society/50975224/
[25] https://voyager.jpl.nasa.gov/mission/timeline/#event-nasas-voyager-2-probe-enters-interstellar-space
[26] https://universemagazine.com/ru/voyager-2-y-masshtaby-solnechnoj-systemy/
[27] https://kosmolenta.com/index.php/129-2014-09-15-voyager
[28] https://voyager.jpl.nasa.gov/mission/status/#where_are_they_now
[29] https://nauchkor.ru/media/gde-zakanchivaetsya-solnechnaya-sistema-58a211285f1be7192ee4eb28
[30] https://universemagazine.com/ru/voyager-2-y-masshtaby-solnechnoj-systemy/
[31] https://postnauka.ru/video/76482
[32] https://universemagazine.com/ru/voyager-2-y-masshtaby-solnechnoj-systemy/
[33] https://academic.oup.com/mnras/article/140/4/537/2604425?login=false
[34] https://starwalk.space/ru/news/kuiper-belt
[35] https://www.nasa.gov/mission_pages/newhorizons/spacecraft/index.html
[36] https://www.britannica.com/topic/New-Horizons
[37] https://solarsystem.nasa.gov/missions/new-horizons/in-depth/
[38] https://www.planetarium-moscow.ru/about/news/transneptunovyy-asteroid-arrokot2021/
[39] https://solarsystem.nasa.gov/missions/new-horizons/in-depth/
[40] https://voyager.jpl.nasa.gov/mission/science/ ; https://www.nasa.gov/centers/ames/missions/archive/pioneer10-11.html ; https://www.nasa.gov/mission_pages/newhorizons/spacecraft/index.html
[41] https://www.wikiwand.com/ru/%D0%94%D0%B0%D0%BB%D1%8C%D0%BD%D1%8F%D1%8F_%D0%BA%D0%BE%D1%81%D0%BC%D0%B8%D1%87%D0%B5%D1%81%D0%BA%D0%B0%D1%8F_%D1%81%D0%B2%D1%8F%D0%B7%D1%8C
[42] https://quizlet.com/550478253/beyond-our-solar-system-diagram/
[43] https://www.space.com/ibex-mission.html
[44] http://parkersolarprobe.jhuapl.edu/
[45] https://www.vokrugsveta.ru/vs/article/5956/
[46] https://www.vokrugsveta.ru/vs/article/5956/
[47] https://www.vokrugsveta.ru/vs/article/5956/
[48] https://aboutspacejornal.net/2017/11/19/%D0%BA%D0%BE%D1%81%D0%BC%D0%B8%D1%87%D0%B5%D1%81%D0%BA%D0%B0%D1%8F-%D1%81%D0%B2%D1%8F%D0%B7%D1%8C/
[49] https://eyes.nasa.gov/dsn/dsn.html
[50] https://habr.com/ru/company/yota/blog/350168/
[51] https://www.nasa.gov/directorates/heo/scan/services/networks/deep_space_network/about
[52] https://habr.com/ru/company/yota/blog/350168/
[53]https://www.vokrugsveta.ru/vs/article/5956/
[54] https://hi-news.ru/eto-interesno/voyadzher-samyj-bystryj-kosmicheskij-apparat-vo-vselennoj.html
[55] https://www.space.com/voyager-1-telemetry-issue
[56] https://www.iguides.ru/main/other/voyadzher_2_pochti_vyletel_iz_solnechnoy_sistemy_chto_zhdet_ego_vperedi/
[57] https://mars.nasa.gov/resources/27262/perseverances-three-forks-sample-depot-selfie/
[58] https://www.space.com/china-yutu-2-moon-rover-3-years-panorama
[59] https://www.space.com/china-moon-rover-finds-strange-glass-spheres
[60] https://mars.nasa.gov/msl/mission/overview/
[61] https://www.ixbt.com/live/offtopic/10-let-na-marse-kakie-otkrytiya-sdelal-marsohod-curiosity.html
[62] https://mars.nasa.gov/mars2020/timeline/surface-operations/
[63] https://www.esa.int/Science_Exploration/Human_and_Robotic_Exploration/Exploration/ExoMars
[64] https://www.youtube.com/watch?v=QunVAWABQSc
[65] https://www.hayabusa2.jaxa.jp/en/
[66] https://www.nasa.gov/osiris-rex
[67] https://maxpolyakov.com/ru/asteroidy-missii/
[68] https://www.nasa.gov/planetarydefense/dart/dart-news
[69] https://www.nasa.gov/offices/nesc/articles/space-debris
[70] https://www.esa.int/About_Us/ESOC/Space_debris_assessing_the_risk
[71] https://www.captechu.edu/blog/hazards-of-space-how-satellite-missions-can-go-wrong
[72] https://nauka.tass.ru/nauka/6822949
[73] https://www.rochester.edu/newscenter/astrobiology-alien-apocalypse-can-any-civilization-make-it-through-climate-change-322232/
[74] https://www.seti.org/
[75] https://breakthroughinitiatives.org/initiative/1
[76] https://www.skao.int/
[77] https://astronomy.com/news/2020/11/is-space-mining-the-eco-friendly-choice
[78] https://www.vesvks.ru/vks/article/issledovanie-i-promyshlennoe-osvoenie-kosmicheskih-16550
[79] https://www.nasa.gov/specials/artemis/
[80] https://www.vesvks.ru/vks/article/issledovanie-i-promyshlennoe-osvoenie-kosmicheskih-16550
[81] https://www.congress.gov/bill/114th-congress/house-bill/2262
[82] https://cyberleninka.ru/article/n/initsiativa-lyuksemburga-spaceresources-lu-i-vozmozhnye-posledstviya-dlya-regulirovaniya-mirovogo-rynka-kosmicheskoy-deyatelnosti
[83] https://habr.com/ru/post/680958/

TAG: asteroide, Giove, gravità, luna, M'Arte, NASA, Perseverance, Pioneer 11, rover spaziali, Saturno, sistema solare, sonda, space, Voyager
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