L'architettura e noi
Adolf Loos, l’uomo che ha restituito all’architettura il dominio dello spazio
Se ci rechiamo in una libreria di Architettura troviamo molte opere sui maestri del ‘900, ma quasi nulla su uno dei più grandi tra questi, cioè Adolf Loos.
All’opera Loos si adattano diverse definizioni:
– Elementi primari dell’architettura ed elementi storici
– Storia nella sua evoluzione e non storicismo
– Attualità del vivere civile come sobrietà
– Decorazione come intralcio
– Decorazione come essenza di un portato storico
– Architettura come mestiere
– Architettura come tecnica
– Modo di abitare, il metodo “Raumplan”: cioè progettare per cubi e non per piani.
Crediamo che, grazie a Loos, il futuro dell’architettura sia il ritrovato dominio dello spazio che avverrà anche con una tecnica del cemento armato più evoluta, che vada oltre anche all’attuale “ballon frame”, fuori dalla sua rigida gabbia.
“L’interesse per Adolf Loos ha il valore di una scelta: egli è tra coloro che appartengono al nostro mondo” scriveva Ernesto Rogers.
Ovviamente occorre storicizzare l’esperienza viennese del maestro che rappresenta l’anti polarità rispetto alla Secessione (il Liberty viennese), che pure ha i suoi valori.
Anche il suo contemporaneo Van de Velde è contro il decoro estrinseco: ma per un nuovo decoro ritenuto “intrinseco” rispetto la sua architettura.
Ma Loos diceva: verrà un tempo in cui una cella carceraria progettata dal professor Van de Velde sarà considerata un inasprimento di pena.
Anche il Milizia, trattatista del ‘700, era contro il decoro.
Si tratta di una linea progressiva della storia: ogni bizzarria deve essere bandita.
Credo che studiare Loos non voglia dire soltanto interessarsi della storia dell’architettura, ma che apra la possibilità di corrispondenze, di paragoni: cioè che contribuisca alla conoscenza in sé, come valore, come necessità.
L’architettura come paragone di civiltà, e come fatto di civiltà dal quale si ritagliano e si enucleano valori e immagini duraturi e assoluti. L’esterno non si esibisce in quanto la civiltà è nell’insieme, il contributo alla quale deve essere minimo e non ingombrante. Essenziale nella sua evidenza. L’interno è una sintesi, espressa in una sequenza.
Rivoltando idealmente l’interno verso l’esterno abbiamo una città intera, come un fronte unico articolato.
Architettura come insieme di elementi formati e come riduzione della forma di insieme.
Adolf Loos (1870-1933) ruppe gli schemi della Secessione viennese (il suo modo figurativo) in nome di un rinnovamento dell’architettura di sempre: dove rinnovamento e “di sempre” vanno insieme, come parti dello stesso problema.
Solo i ritrovati moderni fanno uno strappo alla tradizione, diceva:
“Non c’è sviluppo nelle cose risolte una volta per tutte (…) la pialla medievale – si veda la Malinconia di Durer – è identica alla nostra.”
Neanche la colonna dorica può essere mutata: in architettura non è dissimile dalla pialla medievale, è un compendio perfetto tra forma e funzione.
“L’architettura non è un’arte: solo una piccola parte dell’architettura appartiene all’arte”. E quindi la possibilità concreta è quella del mestiere: “Io so che sono un artigiano che deve servire gli uomini del suo tempo. Ed è per questo che so che l’arte esiste veramente”.
In effetti, il dilemma tra arte e artigianato, sconosciuto agli artisti antichi fino al settecento, è il problema principale degli architetti moderni, risolto in modi differenti: Mies van der Rohe e Tessenow, che sono coscienti della storia dell’architettura, sanno di essere nella storia e misurano la storia con l’evoluzione del presente.
Dice Aldo Rossi: “Adolf Loos non è mai stato posto all’interno di questo mondo culturale a cui egli apparteneva. Da qui egli viene costretto in una polemica con gli artisti della Secessione, polemica aspra ma anche congeniale al suo carattere, senza vederne la più generale posizione nell’architettura moderna. Rispetto ai due architetti o maestri (Mies van der Rohe e Tessenow) tra i quali lo vedo come terzo, egli denuncia radicalmente i termini che essi compongono: e la sua eccezionalità sta nel non volerli riunire. Anzi, questa denuncia della separazione o conflitto sembra quasi essere un motivo di sopravvivenza; come il grande poeta, suo amico, Georg Trakl, anche lui può scrivere che ‘ora tutto questo è perduto’; il suo saggio più bello, e anche il titolo più affascinante, Ornamento e delitto è l’apologia dell’ornamento e quindi si chiude con una impossibilità.”
“Ciò che è stracciato, stracciato deve rimanere”
Devi fare login per commentare
Accedi