
L'architettura e noi
Non toccate il “cubo nero” di Firenze: che piaccia o no è un segno della nostra civiltà
Il cubo nero e bianco di Firenze: ormai così è chiamato il nuovo insediamento residenziale sul luogo dell’ex teatro. Si tratta di 156 appartamenti “di lusso” articolati negli edifici con diverse finiture materiche di facciata. Spesso, per semplicità, si parla solo di cubo nero: quello che fa più paura. A volte vengono chiamati torri, data l’altezza superiore a quella del teatro precedente (della sua torre scenica).
Eike Schmidt, ex direttore degli Uffizi, sulle pagine del Times, afferma: “Non vogliamo che Firenze perda lo status Unesco, ma l’Unesco potrebbe fare pressione sulla città affinché siano cambiati i colori e sia ridotta l’altezza. Qualcuno avrà dato il permesso per costruire un edificio più alto dei parametri consueti e del teatro che ha rimpiazzato. Di chi è la responsabilità?” Le responsabilità, a quanto risulta, sono chiare e tutto si è svolto regolarmente, compresa l’approvazione della Soprintendenza.
Inoltre che centra l’Unesco? L’Unesco interviene ex post, non ex ante. Ciò che alla fine ne è uscito, con il cubo nero e bianco di Firenze, è una architettura all’altezza dei tempi, che forse ha seguito un po’ le mode e i modi attuali, ma che certo non si può dire che non sia pensata dopo i vari passaggi progettuali (da Casamonti a Grassi). L’idea di tornare indietro, non verso una mimesi ormai impossibile, ma mutilando gli edifici, è un’idea aberrante: sarebbe il vero “mostro”.
Lasciamo una testimonianza del presente, forse non migliore, ma certo non peggiore di altre, in altre città. Si poteva fare diversamente? Si, certo, ma non si può farlo ora. Non forse quest’opera in sé, ma il coraggio di lasciarla è un fatto di civiltà: bene o male la nostra.
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