La parolaccia della settimana
CUCINA!
Le parolacce, in questi ultimi giorni, sono talmente tante che ci mettono in difficoltà. C’è una grande predisposizione, soprattutto da parte della politica, ad appropriarsi di termini che, se fossero usati come esigerebbero la grammatica e la proprietà di linguaggio, avrebbero tutt’altra valenza. Invece no, questi termini riempiono la loro bocca e coloro li assaporano come se fossero pregiati bocconi rari (è proprio il caso delle parolacce di cui ci occuperemo), almeno così credono, e per questa ragione li rivomitano pensando di aver detto qualcosa di intelligente.
Le parolacce correlate sono tre, in realtà: “patrimonio immateriale” e “UNESCO”. Scusate la scurrilità, ma purtroppo devo nominarle. Però, la più oscena, in bocca ai nostri vip, è una quarta ed è “cucina”. Vi prego, io sono una persona educata, non ho mai detto tante parolacce in così poche righe di seguito. Perdonatemi, ma è il dovere di cronaca.
La prima che si è risvegliata è stata, naturalmente, la presidentessa del consiglio, mal consigliata, forse, anche se sembra ormai palese che si consigli da sé, non c’è persona più autoreferente di lei.
Temo che si sia immaterialmente bagnata appena ha sentito che la cucina italiana è diventata improvvisamente patrimonio immateriale dell’UNESCO. L’abbacchio a scottadito, perdiana! Ha vinto su tutti! Ha vinto sul foie gras, sul sushi, sul gazpacho e sulla tortilla e pure sulle olandesissime friet met mayonaise, tiè.
Voi pensate che la biondina abbia la più vaga idea di cosa sia la cucina italiana? Pensate che sappia cucinare? Che sappia fare almeno due uova al tegame, che sono qualcosa d’internazionale, roba da due stelle Michelin? Io credo che se le chiedeste quali sono gli ingredienti del pesto trapanese o dei tortelli di zucca vi risponderebbe che è così comodo comprarli al supermercato, perché mai dovrei rispondere a domande tanto banali.
Quando ha fatto l’annuncio, subito moltiplicato all’infinito attraverso tiktoktak e tutti i vari asocial, io non ci credevo.
Vale la pena riportarlo per intero, perché si trova sul sito ufficiale del governo:
Buongiorno a tutti!
Voglio condividere con voi una notizia che ci riempie d’orgoglio.
Oggi l’UNESCO ha riconosciuto la Cucina italiana Patrimonio dell’Umanità.
Siamo i primi al mondo ad ottenere questo riconoscimento, che onora quello che siamo, che onora la nostra identità. Perché per noi italiani la cucina non è solo cibo, non è solo un insieme di ricette. È molto di più: è cultura, tradizione, lavoro, ricchezza.
La nostra cucina nasce da filiere agricole che coniugano qualità e sostenibilità. Custodisce un patrimonio millenario che si tramanda di generazione in generazione. Cresce nell’eccellenza dei nostri produttori e si trasforma in capolavoro nella maestria dei nostri cuochi. E viene presentata dai nostri ristoratori con le loro straordinarie squadre.
È un primato che non può che inorgoglirci, che ci consegna uno strumento formidabile per valorizzare ancor di più i nostri prodotti, proteggerli con maggiore efficacia da imitazioni e concorrenza sleale. Già oggi esportiamo 70 miliardi di euro di agroalimentare, e siamo la prima economia in Europa per valore aggiunto nell’agricoltura. Questo riconoscimento imprimerà al Sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi.
Il Governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo risultato, e ringrazio prima di tutto i Ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier. Ma è una partita che non abbiamo giocato da soli.
Abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano, insieme ai nostri connazionali all’estero, insieme a tutti coloro che nel mondo amano la nostra cultura, la nostra identità e il nostro stile di vita.
Oggi celebriamo una vittoria dell’Italia. La vittoria di una Nazione straordinaria che, quando crede in sé stessa ed è consapevole di ciò che è in grado di fare, non ha rivali e può stupire il mondo.
Viva la cucina italiana!
Viva l’Italia!
La nostra cucina nasce da filiere agricole che coniugano qualità e sostenibilità. È una delle cose che mi ha fatto più ridere, perché la biondina sembra ignorare quanti stranieri vengano sfruttati, al Nord come al Sud (Report ci ha insegnato cosa avviene nelle campagne), nei campi di coltivazione e raccolta. Non solo, è un articolo recente, del 27 ottobre 2025 su LA VOCE –NOVARA E LAGHI, i NAS hanno scoperto le scadenze camuffate in molti depositi di alimentari, di come non così infrequentemente, ai prodotti surgelati o in frigorifero scaduti vengano cambiate le confezioni e quindi le etichette colla scadenza. E sono anche magazzini e supermercati insospettabili, non solo quelli gestiti da cinesi, che sono i più probabili a delinquere nell’immaginazione collettiva: succede a Granozzo, a Turbigo e in altre località delle tre regioni considerate le più ricche e civili del Paese: Piemonte, Emilia Romagna, Lombardia, quelle dove si lavora, quelle depredate da Roma ladrona, dove la Lega, partito al governo, raccoglie più voti che altrove. Le filiere sostenibili. Chissà per chi lo sono, sostenibili. Facciamo finta che questi inconvenienti carsici non esistano e così tutto diventa sostenibile. Alle filiere ci torniamo dopo.
Il Governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo risultato, e ringrazio prima di tutto i Ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier. Fantastico, proprio Lollobrigida che (ci insegna sempre Report, benedetto Ranucci) a proposito del fungo porcino, ingrediente così squisito e fondamentale in tante ricette sovraniste, sembra non sapere che il 90% dei funghi porcini spacciati per nazionali siano in realtà balcanici (o forse vengono da ancora più lontano, non si sa). E Giuli che ha fatto, in così poco tempo, ha aperto il museo della tagliatella emiliana o dell’abbacchio di cui si parlava prima? Ha deciso di finanziare solo i film che parlano d’italica gastronomia e i libri di ricette?
Adesso il merito di questa tradizione “millenaria” è degli ultimi arrivati che si prendono il piatto, è il caso di dirlo. Ma millenaria di cosa? Di questa cippa? La nostra cucina attuale è frutto del consumo, nessuno aveva codificato la cucina “italiana” da mille e passa anni, come dicono coloro che non conoscono una minchia fritta di Storia, figurarsi la Storia della Gastronomia. Chissà se la biondina conosce il ricettario De Re Coquinaria di Apicio e le schifezze che mangiavano gli antichi Romani. Perché il famoso “liquame” che si trova nelle molte ricette del ricettario, che sono cose prese qua e là dalle varie parti dell’Impero, è un’orrenda salsa di pesce fermentato, della quale potete immaginare l’odore che poteva diffondere. Non c’erano i frigoriferi, non scordiamolo.
I pavoni non sono così vanitosi come i nostri politici che fanno ruote a destra e a sinistra, e pure al centro, lasciando i poveri uccelli disoccupati.
Abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano, insieme ai nostri connazionali all’estero, insieme a tutti coloro che nel mondo amano la nostra cultura, la nostra identità e il nostro stile di vita. È uno dei brani più divertenti, perché il popolo intero avrebbe partecipato a questi Giochi senza frontiere della gastronomia, sbaragliando gli altri concorrenti.
Signora mia, anche lei, proprio lei che fa la Pasta alla Carbonara senza seguire il ricettario, così, come le viene, e la fa anche vegana perché sennò la figliola non la mangia e le fa una pippa che non finisce più, sapeva di aver vinto, signora? No? La rassicuro io, anzi la rassicura la presidentessa del Consiglio, che le consiglio di diffidare perché lei non se la merita questa competizione non richiesta. La sua pasta alla carbonara vegana è sua e basta, glielo dica alla biondina che non gliene frega niente che sia patrimonio immateriale dell’UNESCO.
Ma la cosa più avvilente è che immediatamente, lo stesso giorno della dichiarazione dell’UNESCO, arrivarono le proteste dell’Alto Adige o Südtirol che dir si voglia: “I canederli non sono italiani!”, come molti sudtirolesi o altoatesini non si sentono italiani. E no, eh! I canederli sovranisti proprio no. Allora voglio che i Cannoli siciliani siano esclusi dalla classifica perché, nonostante le ridicole imitazioni dei cinesi o di sedicenti pasticcieri sovranisti, sono parte del patrimonio più che materialissimo della Sicilia, che è una regione autonoma tanto quanto l’Alto Adige (o Südtirol). A questo punto anche il Frico friulano potrebbe rivendicare le sue distanze dal patrimonio immateriale così come i Culurgiones sardi e la Fonduta valdostana (detta cacimperio dall’Artusi) e così via, non si finirebbe più. Chi osa contaminare la fonduta con altri formaggi? Si fa SOLO colla fontina valdostana, perbacco!
Ed ecco che la cucina italiana, così festeggiata nel mondo, si ripiegherebbe su sé stessa, impoverita dalle cucine regionali che non si sentono assolutamente italiane mentre Alessandro Borghese cerca di ricucire le tradizioni regionali perché sennò i suoi quattro ristoranti vanno a ramengo. Credo che Borghese se ne fotta altamente delle dichiarazioni governative di questo fratellame d’italia allo sfascio cerebrale. La cucina italiana… Qual è la cucina italiana che conoscono così bene all’estero, nei ristoranti italiani dove i cuochi modificano le ricette, modellandole secondo il gusto degli avventori che se vedono una carbonara senza panna storcono il muso e chiedono la pizza coll’ananas? Non cercate la cucina italiana all’estero, per carità, gli stessi ristoratori italiani fanno di quei pasticci che metà bastano. Non solo: andate a vedere chi sono i cuochi in buona parte dei ristoranti in Italia. Sono… colorati. Vengono dal Senegal, dalla Thailandia, dall’India. E portano con sé anche le loro spezie (per fortuna). E sapete perché? Me lo raccontò un bravo ristoratore siciliano nelle campagne fiorentine in riva all’Arno: perché i giovani italiani, dopo un mese di vita massacrante in cucina (è così, la vita in cucina non è una passeggiata), vanno via, pur pagati bene, e allora lui ha preferito uno straniero ma di buona volontà che non fa storie per le domeniche e i giorni festivi, che sono spesso i giorni in cui i ristoranti lavorano… Ed era bravissimo, il senegalese. Di quale tradizione “millenaria” parliamo, biondina?
Cos’è dunque la “cucina italiana”, biondina sovranista, con cognato ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste annesso? Te lo spieghiamo noi. La cucina italiana è l’arte di arrangiarsi con ciò che si ha in casa, la capacità delle massaie e dei massari di combinare gli ingredienti per cercare di mettere sotto i denti qualcosa di buono, nei secoli, in mezzo alle difficoltà delle carestie e delle guerre. È anche la tradizione di trovarsi intorno a un tavolo e parlare di cibo, di come il gattò di patate o il sartù lo facevano la zia Ernestina o il nonno Peppe, cosa che facciamo solo noi e che a volte è anche oggetto di scherno da parte di altri, nel mondo, per cui il cibo è secondario. Ma, parlando di come lo faceva la zia Ernestina, significa anche rievocare un tempo, un costume, un’epoca, con annessi e connessi, aneddoti, ricordi, costumi, l’importanza della memoria. È questo, forse, il riconoscimento che è stato dato alla cucina italiana, la sua capacità evocativa, non certo la cucina italiana “millenaria” blasonata di cui tanto ti vanti tu, coinvolgendo un popolo che con te non ha nulla a che vedere, e di cui non conosci assolutamente niente; la tua cucina dei prodotti D.O.C. che poi, andando a indagare, si scopre che proprio D.O.C. ce ne sono pochi e che le etichette sono spesso assai bugiarde.
Biondina, senti, torna all’abbacchio di casa tua e smettila di dire minchiate (studia!), coinvolgendo il popolo italiano che, per fare le ricette familiari, utilizza cose di recupero perché si rifiuta di comprare e mangiare i pomodori che vengono dal Belgio e dall’Olanda (nei supermercati Lidl o Aldi, ma non solo, è così, sta scritto sulle etichette: “provenienza: BELGIO”), pagandoli pure a peso d’oro. La filiera, sì, sì, come no, te la do io la filiera, millantatrice. Questa autoesaltazione di matrice elettorale, oltre che di malissima fede, non corrisponde per nulla all’educazione alimentare degli italiani che continuano a mangiare assai male, soprattutto in famiglia, proprio perché nella maggior parte dei casi consumano prodotti di cattiva qualità perché economici. Va’ a dare un’occhiata nel carrello della spesa dei più poveri al supermercato, soprattutto ai discount, quelli dei pensionati, quelli che hanno meno soldi a disposizione, a come le famiglie faticano a comprare gli ingredienti di alta qualità e a come spesso sono costrette dall’indigenza e dalla povertà sempre crescente a comprare il meno caro, che, guarda caso, viene dall’estero, come l’olio d’oliva o certe passate di pomodoro cinesi a buon mercato. Fa finta di non sapere la Lollo del Parlamento? Come per i funghi porcini? Ha idea, colui, da dove venga il pomodoro che viene sparso in abbondanza sulle pizze, dalla Vetta d’Italia a Lampedusa? La filiera, seh! Il festival dell’ipocrisia.
Così come l’educazione alimentare nelle scuole per prevenire l’obesità infantile. Cosa si fa per spiegare alle famiglie che se gli allievi apprendono a scuola tutto sui prodotti a chilometro zero e poi i genitori comprano le schifezze perché non possono permettersi l’olio purissimo o il pane con farine italiane e controllate, oltre alle merendine industriali, proprio quelle delle imprese più italiane, quelle che danno lustro alla nazione, che producono cornetti, panettoni, biscotti finti che sono puro veleno? Sapranno farsi la crema di nocciole a casa o compreranno le molteplici nutelle ipercaloriche?
La cucina italiana passa soprattutto dalle famiglie, biondina, i tuoi trionfalismi finti come i soldi del Monopoli sono semplicemente ridicoli. Posso modificarti il discorso? Ecco ciò che avresti dovuto dire e che non hai detto perché accecata dal tuo narcisismo e dalla tua mala fede:
Oggi l’UNESCO ha riconosciuto la Cucina italiana Patrimonio dell’Umanità.
Siamo i primi al mondo ad ottenere questo riconoscimento, che onora quello che siamo, che onora la nostra identità. Perché per noi italiani la cucina non è solo cibo, non è solo un insieme di ricette. È molto di più: è cultura, tradizione, lavoro, ricchezza.
Dobbiamo fare onore a questo riconoscimento internazionale perché significa che il mondo ha fiducia nelle nostre possibilità di capire la realtà anche attraverso il cibo e il mancato spreco, che oggi è uno degli scandali che affligge la nostra società dei consumi.
Ogni spreco è un delitto, ogni piccolo avanzo diventa un rifiuto che si poteva salvare, è un bambino in un’altra parte del mondo, o anche nella nostra parte, che non mangerà.
La nostra cucina nasce da filiere agricole che potrebbero coniugare qualità e sostenibilità ma non sempre è così. Lo Stato, che deve custodire un patrimonio enorme di sapienze e di coltivazioni che si sta perdendo grazie alle importazioni obbligate di cibo non controllato e coltivato con prodotti tossici, che gli Stati Uniti e altri stati ci costringono a fare, si dovrà impegnare molto di più. Bisognerà smetterla di spacciare prodotti che non sono nazionali e quindi controllati dalle nostre strutture per tali. E oltre all’educazione alimentare bisognerà insegnare agli allievi anche le tecniche di coltivazione e le particolarità di ogni territorio che compone la Nazione.
Altrimenti che riconoscimento sarebbe da parte dell’UNESCO? Dovremo smascherare chi cercherà di infangare l’eccellenza italiana. E punire i colpevoli, rifiutare tutti i compromessi che gli accordi internazionali vorrebbero che accettassimo, proprio per salvaguardare le nostre tradizioni e anche la salute dei cittadini.
I nostri cuochi migliori dovranno essere le mamme, i papà, i nonni e gli stessi ragazzi che apprenderanno a scuola cosa è buono e cosa non lo è. Mi scuso per ciò che i miei ministri non hanno fatto finora e se non lo faranno vi prometto che li cambierò con persone più adatte, che, voglio ricordarlo per onestà, come me, sono profumatamente pagati da voi, perché non sono le cifre in soldi di esportazione che determinano la qualità, ma i metodi di coltivazione, di raccolta e di conservazione.
È solo così che potremo salvaguardare un primato che non può che inorgoglirci, che ci consegna uno strumento formidabile per valorizzare ancor di più i nostri prodotti, proteggerli con maggiore efficacia da imitazioni e concorrenza sleale. Questo riconoscimento imprimerà al Sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi, eliminando la corruzione e i loschi traffici che si svolgono intorno al sistema alimentare, ve lo prometto.
Oggi celebriamo una vittoria dell’Italia. La vittoria di una Nazione straordinaria che, quando crede in sé stessa ed è consapevole di ciò che è in grado di fare, non ha rivali e può stupire il mondo. E, se non sarò in grado di garantirvi questo avrete ragione a non votarmi mai più così come a non votare tutte le persone che mi girano intorno e a diffidare in eterno di chi si è dimostrato bugiardo.
Viva la cucina italiana!
Viva l’Italia!
Quousque tandem, biondina, abutere patientia nostra?



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