
L'arco di Ulisse
Gaza sarà memoria collettiva, denuncia, condanna
Mi chiedo se alla devastazione di Gaza e del genocidio dei palestinesi seguirà una letteratura, una cinematografia e una produzione artistica in genere che ne racconterà l’orrore, il dolore, il dramma. Si pensava che la narrazione della Shoah espressa nelle varie arti creative fosse talmente faconda e raggiungesse un così alto valore di insegnamento da rendere non più ripetibili le atrocità dell’eliminazione sistemica di un popolo. E, invece, il governo dello Stato ebraico, della gente, cioè, legata alla memoria della sofferenza, dei discendenti delle donne e gli uomini innocenti e indifesi dell’Olocausto, proprio come lo sono i gazawi della Nakba, oggi, ha paradossalmente dato luogo a una strage etnica che assume ancora una volta le dimensioni nefaste della disumanità. Credo, ma lo spero di più, che Gaza non cadrà nell’oblio e nella dimenticanza. Voglio dirmi certo che vi saranno pagine, sequenze e raffigurazioni a preservare la memoria delle vittime e delle loro storie personali, spazzando via il negazionismo e qualsiasi tentativo di revisionismo storico. Sull’odio razziale di Netanyahu nei confronti dei palestinesi, la propaganda subdola del suo governo e la spietatezza con cui ha fatto uccidere donne, bambini, uomini disarmati e non belligeranti, cadrà la sentenza irrefutabile della storia per decretare il disonore di uno Stato criminale, protetto dagli Stati Uniti d’America con la complicità dell’Unione Europea.
I sopravvissuti di Gaza, le loro famiglie e le comunità colpite sapranno recuperarsi all’esistenza, e tra loro ci saranno gli equivalenti palestinesi di Primo Levi, Elie Wiesel e Anna Frank, che narreranno della loro lacerazione interiore, lo strazio vissuto e la barbarie degli oppressori sionisti. Gaza andrà oltre il suo spasimo e diventerà un trauma collettivo per le future generazioni che presteranno attenzione alla sua sorte. Una testimonianza sintomatica, trasmessa attraverso una narrazione lucida e sapiente, darà finalmente voce alle vite spezzate. Sarà una voce lirica, intensa, visionaria, volta a intonare un’elegia per gli ultimi attimi di tante giovani vite. Auspico con tutto il cuore che i figli e i nipoti delle vittime di Gaza sapranno, con la scrittura e qualsiasi altra forma comunicativa, ricucire il filo della propria identità, trasformando la tragedia in parola viva. Dio voglia che non cedano alla vendetta più immediata e diventino terroristi, ma scrittori, artisti, cineasti! In un mondo dove tutto scorre rapidamente, i romanzi scritti bene restano. Restano per raccontare ciò che la cronaca dei nostri giorni, sovrintesa dai pavidi e i corrotti, ha taciuto, negato, nascosto. E un libro scritto col sangue dei padri saprà raccontarne la tragedia dettagliatamente e meglio di qualsiasi articolo elaborato nel prospetto di una speranza.
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