Memoria e Futuro
Hanno tutti ragione
Forse non è stato compreso fino in fondo, dai protagonisti in scena, l’invito ad abbassare i toni in seguito all’omicidio di Charlie Kirk. Mi sa che hanno capito “abbassare il livello”, per citare il professore Pazzaglia da Quelli della notte. Così parrebbe a vedere le scene in Parlamento di ieri o le baruffe tra leader (con rispetto parlando) politici.
In un’Italia che pare confermare l’analisi che dice “le esistenze sono solo tentativi, perlopiù fatti a cazzo” come scriveva Paolo Sorrentino in Hanno tutti ragione, anche la politica sembra ormai ridotta a una farsa tragicomica permanente. L’ultima (ennesima) polemica tra Giuseppe Conte e Giorgia Meloni ne è l’emblema: il leader del Movimento 5 Stelle ha accusato la premier di essere degna di Wanna Marchi, mentre lei lo ha paragonato al Conte Mascetti del film Amici miei, simbolo di cialtroneria e battute da bar. Il dibattito, se così si può chiamare, si è trasformato in uno scambio di insulti da varietà televisivo, dove la sostanza politica è stata sostituita oramai costantemente da citazioni pop.
Mi sono ritrovato a pensare, guardando queste scene, proprio al primo romanzo del regista napoletano che descriveva con feroce lucidità il degrado culturale e morale dell’Italia. Qualche esempio: “Il bluff è il motore della nostra seduzione. Ma un bluff col sapore della verosimiglianza” (Hanno tutti ragione, p. 69). E ancora: “Hanno tutti ragione. È in base a questo principio elementare che prospera il benessere e il conto corrente” (p. 291). Frasi che sembrano scritte apposta per descrivere il panorama politico attuale, dove ogni leader rivendica la propria verità, ignorando il confronto e alimentando il narcisismo.
La polemica tra Conte e Meloni non è un caso isolato, ma parte di un più ampio spettacolo grottesco. Basti pensare anche all’episodio del barbiere del Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, che si è (è stato) candidato alle elezioni regionali del 2025. Un gesto che ha suscitato ironie e perplessità, ma che è stato difeso come espressione di “civismo” e “partecipazione popolare”. Nulla contro i barbieri (categoria da me profondamente apprezzata), ma quando la selezione della classe dirigente si basa su rapporti personali più che su competenze, il rischio è quello di trasformare le istituzioni in salotti privati. Ed è interessante notare come la cosa oramai sia registrata come fatto di costume, buono per interviste al protagonista e nessuna polemica. Altri tempi, rispetto alle igieniste dentali.
Il problema non è solo la qualità del dibattito, ma la sua totale assenza. La politica italiana sembra aver smarrito il senso del progetto, della visione, della responsabilità. Si preferisce il battibecco, il sarcasmo, la battuta ad effetto. Mi faccio aiutare ancora da Sorrentino: “La distrazione. La massima invenzione dell’essere umano per continuare a tirare avanti. Per fingere di essere quello che non siamo. Adatti al mondo” (p. 101). Ecco, la politica italiana è distratta, finge, si adatta. Ma non cambia.
In questo contesto, il cittadino resta spettatore impotente di un teatro dell’assurdo, dove i protagonisti si insultano con riferimenti a truffatrici televisive e personaggi cinematografici, mentre i problemi reali – inflazione, sanità, lavoro – restano sullo sfondo. “Le esistenze sono solo tentativi”, scrive Sorrentino. Ma forse è tempo che la politica smetta di tentare a caso, inseguire gli applausi virtuali di un pubblico sempre più sparuto e cominci a costruire (e ricostruirai) con serietà. Anche se, per ora, sembra che “hanno tutti ragione” – e quindi, nessuno.
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