Memoria e Futuro

I collezionisti

di Marco Di Salvo 28 Maggio 2025

Il panorama imprenditoriale italiano si è arricchito nei giorni scorsi di una nuova figura nel settore editoriale, con l’acquisizione de “La Sicilia” da parte di Salvatore Palella. Il quotidiano, fondato 80 anni fa dalla famiglia Sanfilippo, è passato sotto il controllo di Palella Holdings, la holding dell’imprenditore italo-americano originario di Acireale. L’operazione segna la fine di un’era per l’editoria siciliana e nazionale, con la famiglia Ciancio che ha deciso di “affidare il giornale a un imprenditore giovane e visionario”, come scrivono molti nuovi fan del neo proprietario. Peccato che solo pochi anni fa, era lo stesso quotidiano catanese a narrarne, in termini non elogiativi, le gesta. Sia quelle in ambito imprenditoriale che in quello sportivo, con tanto di amicizie “ambigue”.

Infatti, la figura di Palella non è priva di ombre. Noto principalmente come “re dei monopattini elettrici” attraverso la sua azienda Helbiz, l’imprenditore è stato al centro di controversie e interrogativi sui suoi metodi imprenditoriali. Helbiz, fondata nel 2017 a New York, ha cavalcato l’onda del successo dei monopattini elettrici in sharing ma oggi registra forti perdite, con i suoi veicoli spariti da Milano e Roma. La sua gestione è stata oggetto di inchieste giornalistiche che hanno sollevato dubbi sulla sostenibilità del modello di business e sui rapporti con le istituzioni.

Palella in fondo rappresenta il primo di due nuovi archetipi di imprenditori che stanno ridisegnando il panorama della provincia italiana. Da un lato emergono i collezionisti di testate giornalistiche, figure che acquisiscono quotidiani e periodici in difficoltà economiche senza necessariamente avere una strategia chiara per il rilancio editoriale. Questi soggetti sembrano più interessati al prestigio e al potere di influenza (oramai residuo) che derivano dal possesso di un organo di informazione piuttosto che alla sua reale valorizzazione. Il risultato è spesso un accumulo di debiti, giornalisti in cassa integrazione e testate che continuano a perdere lettori e credibilità. Basti pensare alle vicende de Il Tirreno, per avere un quadro di ciò di cui stiamo parlando.

Dall’altro lato si moltiplicano gli investitori stranieri, principalmente americani di origine italiana, attratti dalle squadre di calcio italiane. E non solo nei campionati maggiori, ma anche e soprattutto in quelli minori, dove le compagini possono essere acquisite a prezzi molto più vantaggiosi e c’è fame di successo. Anche lo stesso Palella, prima di essere affascinato dall’odore della carta stampata aveva tentato la fortuna con la squadra della sua città d’origine, Acireale, venendo respinto con perdite. E negli anni successivi si era parlato di lui anche per il Monza post berlusconiano.

Questi imprenditori sono spesso attratti dal fascino del calcio italiano e dalle potenzialità di crescita del brand, ma sottovalutano le complessità del sistema calcistico nazionale. Molti arrivano con aspettative irrealistiche di rapidi ritorni economici, senza comprendere le peculiarità culturali e strutturali del calcio italiano. Sono 22 le società calcistiche italiane con partecipazioni o maggioranze provenienti da fuori dai confini nazionali, ma non tutti gli investimenti si rivelano vincenti.

Il fenomeno rivela una doppia tendenza preoccupante: da una parte l’informazione italiana rischia di finire nelle mani di imprenditori più interessati al controllo che alla qualità giornalistica (in questo non particolarmente diversi dai loro predecessori nazionali), dall’altra il calcio diventa terreno di sperimentazione per investitori spesso impreparati alle sfide del sistema sportivo nazionale. In entrambi i casi, il rischio è che settori strategici per la cultura e l’identità italiana finiscano per essere gestiti con logiche puramente speculative, perdendo di vista il loro valore sociale e culturale.

Questa nuova generazione di “collezionisti” rappresenta una sfida per la sostenibilità di due pilastri dell’identità italiana: l’informazione libera e indipendente e il calcio come patrimonio collettivo. E sono un altro esempio di quello che cantava Battiato in un suo brano di qualche anno fa, mettendo in musica un testo di Manlio Sgalambro, perfetto per raccontare l’Italia e questi nuovi (in)prenditori.

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