Memoria e Futuro

Il fantasma della Costituzione

di Marco Di Salvo 5 Giugno 2025

Leggendo un articolo sull’ultimo numero del sempre stimolante mensile Una città, scopro che Israele è un paese senza costituzione (si, lo so, avrei dovuto saperlo, ma ai miei tempi diritto costituzionale italiano e comparato limitava il raffronto tra la costituzione italiana è quella di Francia, Germania e Stati Uniti).

Inevitabilmente,  mi sono ritrovato a pensare al nostro paese, visti anche gli ultimi fragorosi dibattiti nelle aule parlamentari sulla vicenda del decreto sicurezza. E pochi confronti risultano tanto paradossali quanto quello tra Israele e Italia: da una parte un paese che non ha mai avuto una costituzione scritta, dall’altra una nazione che ne possiede una magnifica ma apparentemente dimenticata in qualche cassetto polveroso di Montecitorio.

Israele, dopo 76 anni di esistenza, continua a governarsi con un collage di “Leggi Fondamentali” che ricorda vagamente un puzzle mai completato. È come costruire una casa iniziando dal tetto: funziona, ma ogni tanto qualche tegola cade. Il risultato? Un sistema dove la Knesset può teoricamente fare qualsiasi cosa, e l’esecutivo israeliano, forte di questa flessibilità costituzionale, governa con la disinvoltura di chi sa che le regole del gioco si possono riscrivere durante la partita.

L’Italia, dal canto suo, vanta una delle costituzioni più belle del mondo – almeno sulla carta. Scritta nel 1948 da padri costituenti illuminati, è un capolavoro di equilibri e contrappesi che fa invidia alle democrazie più mature. Peccato che sin dall’inizio e sempre di più negli ultimi decenni sia stata trattata come un libro d’arte: bellissima da ammirare, ottima da portare in corteo con la pretesa di difenderla, ma guai a toccarla o, peggio ancora, a leggerla ed applicarne davvero i principi.

I governi italiani hanno via via sviluppato un’arte sopraffina: quella di aggirare la Costituzione con l’eleganza di un torero. Decreti-legge che diventano permanenti, fiducie che trasformano il Parlamento in un ufficio di ratifica, commissioni parlamentari che si riuniscono e che producono leggi con la frequenza delle eclissi solari. L’esecutivo italiano governa come se la separazione dei poteri fosse una raccomandazione, non un principio fondamentale. E l’ultima vicenda del decreto sicurezza è esemplare da questo punto di vista.

Paragonare Israele e Italia in questi termini è come paragonare chi guida senza patente ma rispetta il codice della strada (modificandolo a piacer suo di tanto in tanto) con chi ha la patente ma considera i semafori come “consigli cromatici”.

Forse la vera lezione è che le democrazie, come le famiglie disfunzionali, trovano sempre il modo di sopravvivere – con o senza manuale d’istruzioni. Fin quando sopravvivono, naturalmente.

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