Il museo Hans Christian Andersen, in Danimarca

Il museo Hans Christian Andersen, in Danimarca: l’architettura che emoziona

di Cristoforo Bono 16 Agosto 2025

Il Museo Hans Christian Andersen a Odense in Danimarca è suggestivo e suscita emozioni. Diversi sono gli stati d’animo di fronte ad una architettura. In genere un certo “ordine” di questa provoca un allargamento della leggibilità dell’opera, come se coincidesse con qualcosa di conosciuto o vissuto.

Oppure, e all’inverso, noi sappiamo da Henry Miller, che “confusione è parola inventata per indicare un ordine che non si capisce”. Quest’ordine che non si capisce provoca emozione, cioè qualcosa che sta al di qua della conoscenza: o che la propone.

Si tratta di immagini improvvise, che spesso si dimenticano rapidamente: una sorta di costellazione. Ciò vuol dire che il cielo dell’architettura è più profondo di quanto non si immagini. O che i riferimenti dell’architettura vadano oltre i nostri consueti. Ora, se vogliamo schematizzare, l’attività di progettazione si suddivide in tre momenti: quello della incubazione, quello della elaborazione e quello della configurazione.

Ci sono casi particolari (come era quello di Aldo Rossi) nei quali si salta il momento della elaborazione, passando direttamente alla configurazione. Casi felici, certamente, in quanto il secondo momento può aggiungere qualcosa di importante, ma certamente toglie verità ed essenzialità al progetto. Diciamo che gli toglie magia.

Il riferimento che noi ci facciamo, guardando un’architettura, può a volte proiettarsi nella “confusione” di Miller, cioè in un ordine talmente lontano che dobbiamo ricercarlo. In senso generale l’emozione nasce sul posto, con la luce, con i riferimenti d’ambiente. Ma è a volte anche possibile sfogliare un semplice manuale.
Vale a dire che l’emozione non è estranea alla storia, per come ci si presenta. Ed essa si presenta come eterno presente.

Ciò che è singolare è che l’emozione scompare quando ti allontani, quando non sei a tu per tu con l’opera, resta un ricordo che si imprime. Allora l’architettura è anche questo, è un accumulo dentro di te, è un mondo che ti conforma. A volte l’emozione si trova in un particolare, un particolare che richiama la fattura, la fattura della materia che degrada, se non la fattura stessa.
Sono le stelle più lontane, che scompaiono presto, ma che hanno illuminato la notte.

A volte l’emozione in architettura avviene quando si noti una sorta di contrasto o concordanza tra architettura colta e architettura spontanea.  Anche se la differenza tra le due categorie è in realtà più una distanza apparente.

In termini logici e razionali l’architettura è una e una sola: può esprimersi spontaneamente o in modi colti, ma il risultato non cambia. È il gradiente tra queste due modalità che provoca l’emozione. Quando l’emozione si fissa possiamo chiamarla fascino: ma allora i casi sono molto pochi.

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