Memoria e Futuro
Il riciclo che unisce
Gli italiani sono diventati campioni del riciclo. Non parliamo solo di carta e plastica, ma di regali: panettoni, sciarpe, libri doppi e profumi sbagliati. Secondo il Centro Studi di Confcooperative, quest’anno quasi uno su due tra noi – 28 milioni di persone – ha riciclato i doni ricevuti a Natale, generando un risparmio complessivo di 3,7 miliardi di euro. Un fenomeno che parla di pragmatismo, necessità economica e anche di una certa sostenibilità, ormai sdoganato al punto da entrare nel dizionario Treccani con il termine “regifting”.
Ma se osserviamo la politica italiana con la stessa lente con cui guardiamo il fondo del nostro armadio dopo le feste, scopriamo un parallelismo inquietante: anche le idee politiche vengono riciclate. Riproposte, riconfezionate, talvolta senza nemmeno togliere il biglietto del mittente originale. E proprio come i regali, spesso circolano senza trovare chi davvero le apprezzi o le metta in pratica.
Nel caso dei regali, il riciclo risponde a logiche precise: il 60% degli italiani conserva i doni per riutilizzarli in altre occasioni, il 30% li rivende online, altri chiedono sostituzioni nei negozi. I prodotti più “riciclati” sono alimentari, abbigliamento, cosmetici e libri. È un circuito che funziona perché risponde a bisogni concreti: ridurre gli sprechi, recuperare valore, alleggerire i bilanci familiari.
Ma c’è un aspetto più profondo che merita attenzione. Il riciclo dei regali è spesso sintomo di una conoscenza superficiale: si regala il panettone generico perché non si sa se il destinatario preferisce il cioccolato o i canditi, la sciarpa anonima perché non si conoscono i suoi gusti, il libro di tendenza perché non si ha idea di cosa abbia già letto. In un’epoca di relazioni frammentate, dove le interazioni sono sempre più virtuali e frettolose, conoscersi davvero è diventato un lusso. Il regalo sbagliato diventa così il simbolo di una distanza, di un rapporto che non è più così intimo da cogliere le sfumature.
Nella politica, il meccanismo è simile ma l’esito diverge. I programmi elettorali italiani, dalle elezioni politiche del 2022 a quelle europee del 2024, fino alle ultime regionali mostrano un catalogo di proposte che si ripetono con costanza: transizione ecologica, economia circolare, sviluppo sostenibile, riduzione delle disuguaglianze, digitalizzazione della pubblica amministrazione. Un’analisi delle parole più ricorrenti nei programmi rivela termini come “imprese”, “investimenti”, “necessario”, “garantire”, “incentivare”. Proposte corrette, persino condivisibili, ma che circolano da un’elezione all’altra senza che si vedano i risultati concreti.
E qui il parallelismo si fa ancora più stringente: anche le idee politiche generiche nascono spesso da una conoscenza superficiale dell’elettorato. I partiti propongono soluzioni standardizzate perché hanno perso il contatto diretto con i territori, con le comunità, con i bisogni reali delle persone. Le sezioni di partito si svuotano, i militanti scarseggiano, i sondaggi sostituiscono l’ascolto. Il risultato è una politica che regala “panettoni generici” – proposte che vanno bene un po’ per tutti e quindi per nessuno in particolare. Come chi non conosce abbastanza il destinatario del regalo, i politici non conoscono abbastanza gli elettori per proporre soluzioni davvero calibrate sui loro problemi.
Qui si tocca il nervo scoperto. Un regalo può essere riciclato solo se lo si possiede davvero. In politica, le proposte senza coperture economiche sono come promettere in dono qualcosa che non si ha. Le analisi sui programmi elettorali italiani mostrano che la stragrande maggioranza delle proposte (fino al 96% in alcuni casi) non specifica da dove arriveranno le risorse per realizzarle.
Vuoi aumentare gli investimenti in rinnovabili? Proposta presente in tutti i programmi, coperture incerte. Vuoi introdurre il salario minimo? Stesso discorso. Vuoi finanziare la transizione digitale? Ancora una volta, si rimanda a fondi europei o si lascia nel vago.
È come se gli italiani che riciclano i regali decidessero di regalare panettoni che non hanno mai ricevuto, promettendo di comprarli “prima o poi”. Il sistema crollerebbe immediatamente. In politica, invece, il meccanismo si perpetua: le promesse circolano, vengono riconfezionate, riproposte ad ogni elezione, mentre i cittadini – come destinatari di regali sempre uguali – finiscono per non crederci più.
Nel caso dei regali, il riciclo funziona perché è onesto: chi riceve un panettone che non gli piace lo cede a chi lo apprezzerà. C’è trasparenza, utilità, e persino un valore ambientale. Piattaforme come Subito.it, swap party e gruppi Facebook facilitano lo scambio, creando valore da ciò che altrimenti finirebbe in un cassetto.
In politica, il riciclo delle idee potrebbe funzionare se ci fosse la stessa onestà. Se un partito dicesse: “Questa è un’ottima proposta del nostro avversario, la facciamo nostra”, ci sarebbe coerenza. Ma spesso le idee vengono riprese senza riconoscerne l’origine, oppure vengono “riconfezionate” con nuove etichette per farle sembrare originali. È come riciclare un regalo dimenticandosi di togliere il biglietto: prima o poi qualcuno se ne accorge.
Il vero problema non è il riciclo in sé – anzi, condividere buone idee dovrebbe essere la norma – ma l’assenza di attuazione.
Forse dovremmo imparare proprio dal pragmatismo del “regifting”. Chi ricicla un regalo lo fa con criterio: verifica che sia in perfette condizioni, che sia adatto al destinatario, che non ci siano imbarazzi. Tiene traccia di chi ha dato cosa, per evitare figuracce.
In politica servirebbe lo stesso approccio. Prima di proporre idee, verificare che ci siano le risorse per attuarle. Prima di copiare proposte altrui, riconoscerne l’origine e costruire consensi trasversali. E soprattutto, smettere di conservare promesse non mantenute per riproporle identiche alla prossima tornata elettorale.
Perché il vero spreco non è riciclare: è continuare a far circolare pacchetti vuoti, sperando che nessuno li apra mai davvero. Gli italiani hanno imparato a fare economia circolare con i panettoni. La politica potrebbe imparare a fare altrettanto con le idee: ridurre gli sprechi, riutilizzare il buono, riciclare con intelligenza. E soprattutto, consegnare regali che qualcuno voglia davvero tenere.
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