Memoria e Futuro

La maladolescenza

di Marco Di Salvo 18 Settembre 2025

Quando “Adolescence” sbarcò sulle piattaforme di streaming, nel marzo scorso, molti la liquidarono come un dramma britannico eccessivo e disturbante, un prodotto di finzione che dipingeva una gioventù inglese allo sbando, dedita a violenze gratuite e a una crudeltà incomprensibile. Sembrava un problema distante, culturalmente altro, confinato nelle periferie del Regno Unito. Oggi, quella serie sembra purtroppo una sinistra premonizione che si materializza ogni giorno di più nelle cronache italiane.

Sempre più frequentemente, le pagine dei giornali riportano episodi agghiaccianti: ragazzini di 10, 11, 12 anni che picchiano, umiliano e torturano coetanei. Aggressioni filmate per essere condivise, come trofei di un sadico gioco di potere. Un fenomeno che preoccupa e pone interrogativi, ma che forse non dovrebbe sorprendere più di tanto.

All’inizio di questo anno scolastico, gli psicologi scolastici e dell’età evolutiva hanno lanciato un allarme preciso, dipingendo un panorama preoccupante: aumento esponenziale di ansia, aggressività e difficoltà relazionali, con un 68% dei dirigenti scolastici che, in un’indagine, segnalava un peggioramento del benessere psicologico degli studenti rispetto al pre-pandemia. Sono emersi ritardi nella capacità di gestire la frustrazione, riconoscere le emozioni e stabilire rapporti sani, spesso sostituiti da dinamiche di branco e dalla ricerca di visibilità sui social network, sola realtà a disposizione di ex bambini drammaticamente lasciati a loro stessi. E che non saranno certo rimessi in pista dagli “ordini esecutivi” di diverse scuole italiane sul dress code o dal sequestro dei cellulari all’ingresso degli istituti.

La prima, drammatica differenza con il Regno Unito, che in “Adolescence” faceva da sfondo, è la risposta istituzionale a questo malessere. Oltremanica, da anni esiste un sistema giudiziario minorile strutturato che, pur tra mille critiche, non ha paura di intervenire con misure specifiche, spesso considerate fin troppo crudeli. Gli Youth Rehabilitation Orders (ordini di riabilitazione per giovani) e i Parenting Orders (che coinvolgono obbligatoriamente i genitori nel percorso rieducativo) sono strumenti pensati per agire tempestivamente, cercando di correggere la rotta prima che sia troppo tardi. Alla sicurezza urbana sono dedicati piani specifici, che giungono nelle condizioni più estreme al coprifuoco per gli adolescenti nelle ore serali e notturne. Sono misure risolutive? Probabilmente no, ma di certo rappresentano un tentativo di affrontare in maniera organica il problema.

In Italia, invece, si naviga a vista tra un vuoto normativo e un approccio spesso emergenziale. La tendenza è ancora quella di minimizzare (“sono solo ragazzate”) o, all’opposto, di criminalizzare precocemente, senza avere gli strumenti rieducativi adeguati, magari condendo il tutto con qualche spruzzatina di acido contro “gli italiani di seconda generazione” (che sostituisce il più crudo “figli di immigrati”). Il sistema fatica a concepire che un minore di 12 anni possa essere autore di violenze così efferate, e ancor di più a intervenire con programmi seri e obbligatori di supporto psicologico e recupero, proprio quello che gli esperti reclamano a gran voce. Il risultato è il pubblico ludribio e l’aumento esponenziale di minori in carcere.

Secondo gli ultimi dati ufficiali a nostra disposizione, alla fine di marzo 2025, i giovani detenuti negli istituti penali minorili italiani erano 597, di cui 26 ragazze. Nel 2024 le presenze erano 587 e nel 2022 erano 381, quindi c’è stata una crescita significativa nel numero di minori detenuti, pari a circa il 54% in due anni. Questa crescita è associata in gran parte al Decreto Caivano del settembre 2023, che ha ampliato la possibilità di applicazione della custodia cautelare per i minorenni, riducendo l’uso delle alternative al carcere. Nel 2023 i reati denunciati a carico di minorenni sono diminuiti del 4,15% rispetto al 2022, e questo trend è proseguito anche nei due anni successivi, mostrando che l’aumento dei minori detenuti non corrisponde a un aumento della criminalità minorile. Una soluzione oggettivamente inefficace, se non per farsi belli in conferenza stampa. Forse ha ragione Lorenzo Vitelli, che nell’ultimo numero di Nemesi scrive: “…la giovinezza non esiste. Non si è mai giovani al presente. Al massimo si è stati giovani. Ecco il dramma e la forza della giovinezza. Credere fermamente che la verità transitoria di cui si dispone sia eterna. E non solo un vezzo giovanile.”

Comunque sta di fatto che “Adolescence” non era solo un ottimo prodotto di impegnato intrattenimento, capace di affrontare senza retorica un tema all’ordine del giorno in Gran Bretagna. Era un campanello d’allarme anche per noi italiani che abbiamo sottovalutato, scambiandolo per un prodotto in qualche modo esotico. Oggi quei comportamenti sono nelle nostre città, alimentati da un disagio profondo e documentato. La domanda ora è: avremo il coraggio di smettere di stupirci e iniziare a costruire, come altri paesi hanno fatto, una risposta seria, prima che lo specchio della fiction diventi una finestra su una realtà irrimediabilmente perduta?

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