L'architettura e noi
La mancanza della piazza, un vuoto incolmabile
Scriviamo ancora della piazza, e della mancanza di piazze. In tutte le consistenti addizioni urbane, quelle più significative degli anni sessanta, settanta e ottanta del secolo scorso, sia in America che in Europa, la piazza scompare, in favore dell’open space pubblico.
Come parte della “tessitura”, che caratterizza quei progetti di ampio respiro. Ricordo soltanto la piazza come realizzazione del centro servizi nel quartiere INCIS a Pieve Emanuele di Guido Canella e nel progetto per la Villette di Diana Agrest.
Successivamente, nell’indistinto urbano e nei micro piani di zona, men che meno. La piazza vuole la città già formata: e infatti diverse volte si è “aperta” una piazza. La ben nota piazza di Vigevano è stata aperta nel tessuto urbano. Oggi non si tratta più di aprire, ma propriamente di “fondare”.
Fondazione nella mancata fondazione.
Pertanto la possibile costruzione di una piazza è oggi sospesa tra classicismo e criticismo, valori di conoscenza che sono invece insiti con naturalezza e identità nelle piazze antiche. L’invadenza del telaio di cemento armato, soprattutto attorno alla metà del secolo scorso, si insinua in ogni giardino, in ogni vuoto urbano considerando la città antica poco più che un relitto, entro i quali gli alloggi sono ritenuti non adatti (o adattabili, come invece in larga parte lo sono poi stati) al vivere moderno, con buoni disimpegni, un buon bagno e un buon riscaldamento. Il condominio e non il vicinato o la corte è la modalità di relazione.
Ho visto nascere e crescere questa forma di intrusione a Intra di Verbania, la città dove vivevo da ragazzo.
Il primo “condominio”, rivestito di piastrelle azzurrine l’ho visto sorgere in faccia all’ingresso porticato di villa Simonetta, un edificio neoclassico il cui giardino, estendendosi oltre il taglio della strada statale, terminava, con il suo approdo, a lago. E il nuovo edificio, insistendo sul giardino, si interpone appunto tra la strada e il palazzo, poi diventato sede di pubbliche funzioni: e questa parte del giardino avrebbe potuto esserne la piazza antistante. Confermando così la possibile identità di piazza e villa.
Proseguendo sul lungolago, e all’interno di esso, col tramite di un vicolo, esisteva poi piazza Castello: anche se non esisteva più il castello duecentesco e il Borgo dei borghesi di allora. Un nuovo palazzo affacciato sul lago, assai pretenzioso nel suo sovrapporsi di archi scemi, mostra ora il suo povero interno su questa piazza, ridotta a uno spazio senz’anima. Infine la piazza della basilica di San Vittore, stretta e ridotta a fronte della grandezza della chiesa, aveva su uno dei suoi lati una grande canonica, una grande corte quadrata la cui vocazione a diventare piazza era più che evidente. Tanto che la distruzione di questa e la contestuale nuova edificazione ne conserva una parvenza: un inutile spazio ovviamente sempre deserto, che da centro è diventato retro.
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