Memoria e Futuro
L’incarto
Tutti noi che abbiamo lavorato nei giornali cartacei, anche da prima di averlo fatto, conosciamo bene il detto “i giornali di ieri sono buoni solo per incartare il pesce”. Le tradizioni dei marcati rionali prevedeva questo rito di riutilizzo della carta stampata, per diverse categorie merceologiche. Dal pesce appunto, alle verdure, a qualche piccolo oggetto, c’era sempre accanto al venditore un gancio di quelli da macellaio in cui erano infilati dei fogli di quotidiano perfettamente ritagliati. Ripenso a questa immagine guardando i quotidiani di inizio estate che, non per carenza di informazioni in giro per il paese e per il mondo, vedono il loro formato assottigliarsi in maniera proporzionale alla avvicinarsi di Ferragosto.
Cominciano le sostituzioni estive, si hanno meno giornalisti da mandare in giro, ma il dato essenziale di questa riduzione di pagine è l’assottigliamento della raccolta pubblicitaria. Una raccolta pubblicitaria che dall’altra parte di per sé sta sempre più abbandonando la carta stampata per dirigersi, non in masse oceaniche, verso i mezzi più innovativi. Anche per questo, vista la qualità discendente degli articoli che sono pubblicati negli ultimi anni sulle testate nazionali, anche le più prestigiose, potremmo con una battuta definire i giornali italiani contemporanei come quegli oggetti che servono per incartare la pubblicità.
Questa “tradizione” di rapporto sbilanciato tra il contenuto pubblicitario e quello informativo cominciò con i settimanali e mensili di moda. Veri e propri cataloghi di 4-500 pagine venivano consegnate alle nostre mamme perché ogni articolo all’interno di queste riviste doveva comportare una quindicina di pagine di pubblicità. Poi toccò ai settimanali di opinione che passarono dall’essere smilzi all’essere anch’essi dei balenotteri spillati difficili anche da leggere in alcuni casi. Quanti di noi hanno dovuto sfogliare pagine e pagine prima di raggiungere il sommario del loro settimanale preferito e ancora per riuscire a leggere il primo articolo? Un po’ come quando oggi cercate di leggere un articolo online vi si sovrappongono video pubblicitari che non riuscite mai a chiudere e vi nasce la frustrazione dell’impossibilità di leggerlo.
Infine i quotidiani. Tra inserti, gadget, speciali moda, speciali automobilismo e articoli dedicati allo sponsor delle due pagine successive (vere e proprie marchette spesso scritte direttamente dalla parte pubblicitaria della casa editrice), nei quotidiani italiani si è sempre più ridotta l’attenzione alla qualità del prodotto giornalistico per prediligere la qualità della confezione.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Oggi per leggere un quotidiano italiano bastano all’incirca tra gli otto e i 15 minuti. Attenzione, ho detto leggere, non sfogliare distrattamente e leggerne i titoli. E questo non solo nei mesi estivi. Fino a una ventina di anni fa toccava immergersi in quelle pagine, a volte addirittura ritagliarne gli articoli da mettere da parte per una lettura approfondita in un momento successivo. Oggi tutto questo è superfluo per il modo in cui sono impaginati e scritti i quotidiani. Una sfilza di ripetizioni di articoli che non aggiungono nulla alla conoscenza ottenuta tramite altri mezzi di informazione, anzi spesso sono un passo indietro rispetto ai concorrenti più moderni.
Chiedo a quanti di voi acquistano e leggono ancora i quotidiani (lo so, sono, siamo, la minoranza rispetto a quelli che leggono gli Stati Generali), quante volte vi siete trovati a comprare il vostro quotidiano preferito più per una sorta di solidarietà nei confronti di chi lo produce (parlo dei giornalisti, naturalmente, non certo degli editori che continuano a fare iperprofitti grazie anche alle prebende statali) e dell’edicolante a cui siete affezionati rispetto al desiderio di leggerne i contenuti? A me personalmente capita ogni volta che vado in edicola, queste riserve indiane di carta stampata sommerse dai gadget allegati a testate improbabili e che, come ogni riserva, sono destinate all’estinzione. Senza che nessuna intelligenza, naturale ed artificiale, sappia porre rimedio a questa tragedia.
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