L'arco di Ulisse
Riviera di Gaza, 18 luglio 2045
di Oscar Nicodemo
18 Luglio 2025
RIVIERA DI GAZA, 18 luglio 2045
Dopo aver scelto dal menu kosher un abbondante pasto, Shimon, Esther, Sarah, Raaphael e David lo consumano all’ombra di una sciccosa tenda. A servirli è Rahma, una donna dal portamento elegante e lo sguardo fiero, da nobile regina araba. Corpo slanciato e ginnico, capigliatura nera, taglio alla francese, collo lungo e nuca scoperta. Occhi scuri, profondissimi, bocca ben delineata e senza gonfiori da lifting, naso con una piccola imperfezione a renderla ancora più graziosa e avvenente: Rahma ha vent’otto anni ed è gazawa. Una sopravvissuta al genocidio del 2025, quando aveva solo tre anni. Il chiassoso e allegro gruppo turistico, costituito da ebrei newyorkesi di mezza età, originari di Tel Aviv, ha preso ad osservarla sin da quando lei si è presentata con regale gentilezza, per prendere le ordinazioni. Rahma si muove avvolta da un’aura che non può passare inosservata. Se poi ti guarda è come se ti tenesse fermo in una morsa di acciaio. E questo, qualcuno della bella compagnia vacanziera, lo ha già sperimentato. In lei vi è un’energia che sovrintende al suo portamento che si traduce in una forza ancestrale, di natura misteriosa e invincibile. Dominante come una neo-babilonese, ha la fermezza di una guerriera assira, il coraggio di una persiana, la finezza ellenistica e la razionalità romana. Rahma porta in sé il coacervo culturale delle dominazioni che si sono avvicendate in Palestina. Questa sua indole straordinaria le ha permesso, pur tra mille difficoltà, di resistere e ricostruire, anche se il dolore che porta dentro, l’orrore che ha vissuto e la violenza che ha osservato non vanno via e si consolidano giorno dopo giorno, con ricordi che riaffiorano all’improvviso e le tormentano l’anima, fino a consumare del tutto le sue riserve di compassione.
È stata una bambina affamata, denutrita, contro cui hanno sparato mentre attendeva insieme ad altri un pezzo di pane e una ciotola d’acqua. Per fortuna riuscì a mettersi in salvo, restando solo ferita a un braccio, colpita di striscio da un proiettile. È stata una delle decine di migliaia di orfane, senza più genitori, smembrati dalle bombe israeliane. La stessa fine delle due sorelline appena più grandi di lei e del fratellino di soli due anni, di cui ricorda solo il pianto. Mentre, ha provato, Rahma, a ricordarsi la voce della madre, senza riuscirvi. Di lei conserva soltanto l’accenno di un sorriso, non altro. Il vuoto tra lei e l’affetto, tra lei e l’amore materno, tra lei e la dolcezza di un sentimento sembra essere un abisso, che tutto cancella e rende oscuro. Delle sorelline ricorda qualche strillo e del padre le braccia coperte di polvere grigia. Ed è stata una bambina che per forza di cose ha dovuto crescere in fretta, senza aver mai giocato, riso, gioito di qualcosa. Non è stato per niente facile, nelle sue condizioni, crescere e diventare una persona indipendente, ma lei ce l’ha fatta, diventando uni dei migliori ingegneri dell’azienda statunitense, “Tetra Tech”, tra le più rinomate e avveniristiche del mondo. Una donna affermata, dunque, ben pagata, stimata e ammirata. Già, ma perché, ora, si trovava lì, a servire il pranzo a gente che si raccontava barzellette sulla catastrofe palestinese, ridendone a crepapelle? Perché aveva fatto calare il silenzio puntando ognuna delle cinque persone a cui con magistrale compostezza metteva davanti un piatto? Cosa aveva in mente? Aveva forse ceduto alla tentazione che negli ultimi tempi andava facendosi strada nella sua volontà? Rahma porta un nome che significa “misericordia”. Ma nel suo sguardo, ora, diventato improvvisamente rigido, non ve n’era neanche un residuo. Solo freddezza. Glaciale freddezza. E risolutezza che non prometteva niente di buono. L’umore dei vacanzieri cambiò e montò un certo disagio, quando Rahma rispose al complimento di David, un signore dal faccia anonima, grassoccio e rossiccio.
– Sono una bella donna, dice? Ma non affatto buona, men che meno affidabile, nel senso che riservo spiacevoli sorprese quando decido di occuparmi di gente come voi.
– Si spieghi. Che genere di gente saremmo noi. – chiese, risoluta, Esther.
– Oh, gentile signora, dovrei innanzitutto spiegarle perché delle persone come me si mettono in cerca di persone come voi, ma temo di non avere molto tempo a disposizione. La cameriera che ho sostituito riprende servizio tra poco e io dovrò cederle il posto. Pertanto, preferisco sbrigare questa faccenda per tempo. E in men che un attimo, Rahma portò al termine la sua faccenda. Mai una volta che la sua pistola ad acqua si fosse inceppata. Le piaceva da matti osservare i volti impauriti delle persone che inondava. Ma non riusciva a riderne.
Devi fare login per commentare
Accedi