L'architettura e noi
Stanno scomparendo i fari, creature marine dell’architettura
I fari sono creature in estinzione che servono per guardare e per essere guardati. Dico creature in luogo di creazioni perché hanno l’individualità e la solitudine delle persone, e sono uno diverso dall’altro pur avendo la stessa funzione e lo stesso funzionamento; e perché l’uomo del faro ha lo stesso loro destino. Sui fari è stato recentemente pubblicato da Einaudi un Breve atlante dei fari in capo al mondo di José Luis Gonzalez Macias, scritto nel 2020.
Egli dice: “C’è qualcosa di bello e di selvaggio in queste architetture impossibili. Le loro luci si stanno spegnendo, i loro corpi si stanno sgretolando. E anche se molte di queste sentinelle portano ancora avanti la missione di illuminare le acque, oggi le nuove tecnologie di comunicazione marittima rendono la loro funzione sempre più prescindibile. Perlopiù i guardiani, simbolo di protezione vigile, hanno abbandonato le loro occupazioni. Il loro modo di vivere sta per scomparire, ma avremo sempre le loro storie. Le rovine sotto forma di parole che dicono di un tempo in cui la dimensione tecnica e quella eroica coincidevano.”
Allora perché i fari?
Perché essi, scomparendo, sono entrati per sempre nella storia dell’architettura sotto forma di stilemi che in diversi modi la caratterizzano.
Esiste quindi, potenzialmente, una vera e propria archeologia dei fari, reale o immaginata che, una volta estratta, farà vivere per sempre quelle forme, come forme della vita e della memoria.
La cimasa prenderà il posto della lanterna, quale punto di riferimento nell’indistinto urbano, le strutture verranno studiate come si studia un reperto osteologico, le forme daranno origine ad altre forme.
Immagine di copertina: Thérèse Gaigé, creative commons
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