Memoria e Futuro

Un altro sindacato è possibile

di Marco Di Salvo 10 Giugno 2025

Dopo lo straordinario successo del sindacato dei pensionati (non è un’offesa, solo un dato statistico, visto il peso della categoria sugli iscritti generali della CGIL) dell’ultimo weekend, mi pare sia il caso di guardarsi un po’ intorno. Io, ad esempio, devo fare poca strada per trovare un’alternativa realistica e concreta a quella pantomima di un’organizzazione sindacale il cui segretario ieri in conferenza stampa commentava il risultato referendario con lo stesso sbigottimento  di un commissario tecnico della nazionale di calcio che non ha capito che il suo tempo è finito.

Nel distretto tessile di Prato, mentre i sindacati confederali si dibattono tra crisi di rappresentanza e gestione burocratica, emerge una realtà che racconta una storia diversa: quella dei Sudd Cobas, nati nel 2024 dalla scissione dei SI Cobas con il nome di Sindacato Unitario Democrazia e Dignità.

La differenza con il modello tradizionale confederale è evidente fin dal primo sguardo. Continua, in tutto il distretto pratese, è la lotta di Sudd Cobas contro i turni massacranti dei lavoratori, spesso immigrati, spesso a nero o con contratti irregolari, mentre CGIL, CISL e UIL si concentrano sempre più su servizi e campagne referendarie, lontani dalle fabbriche e dai luoghi di lavoro reali. I sindacati sembrano essere finiti in una “quiet zone”. Forse a causa di una difficoltà intrinseca di elaborazione politica da parte di Cgil, Cisl e Uil. Forse perché il loro “target di riferimento” è cambiato nel corso degli anni.

Il contrasto è stridente. Da una parte, organizzazioni sindacali che hanno trasformato la propria natura da strumento di lotta a erogatori di servizi, con dirigenze spesso composte da funzionari distaccati dalla realtà produttiva e pensionati che guardano al passato. Imbarazzante sentire ieri Landini dire che il mese e mezzo di campagna referendaria gli era servito per entrare in contatto con parte del popolo italiano che soffre, neanche fosse un segretario di partito della “fu” sinistra che fa il giro “di ascolto” delle sezioni delle periferie in preparazione della campagna elettorale prossima ventura.

Dall’altra, i Sudd Cobas che presidiano giorno e notte davanti ai cancelli delle aziende, organizzano scioperi e picchetti, conquistano risultati concreti per i lavoratori. E, guarda caso, subiscono anche aggressioni da parte di squadracce organizzate per fare finire queste lotte. Un ritorno al futuro, sarebbe da dire.

I presidi del sindacato Sudd Cobas si sono comunque quasi sempre chiusi con l’ottenimento, da parte degli operai, di contratti indeterminati da otto ore al giorno per cinque giorni alla settimana (8×5 è il nome della loro campagna, slogan semplice e di impatto). Questo è il tipo di vittoria che i confederali hanno smesso di perseguire, preferendo tavoli di concertazione e compromessi al ribasso.

L’approccio dei Sudd Cobas è radicalmente diverso: conflitto diretto, presenza costante sui luoghi di lavoro, mobilitazione permanente. Centinaia di operai mobilitati ogni giorno a cui va la solidarietà concreta anche di quelli delle ditte già sindacalizzate grazie ai successi ottenuti. Non si tratta solo di numeri, ma di un modello organizzativo che rimette al centro la dimensione collettiva della lotta sindacale.

Mentre i sindacati confederali si concentrano su referendum, tavoli di concertazione e campagne mediatiche, spesso più simboliche che sostanziali, i Sudd Cobas ottengono risultati tangibili. 24 aziende su 28 sul territorio hanno già firmato gli accordi dopo le mobilitazioni, dimostrando che la strada del conflitto organizzato funziona ancora.

Il caso pratese dimostra che un sindacato diverso è possibile. Un sindacato che non si accontenta di gestire la crisi ma la combatte, che non negozia al ribasso ma rivendica diritti, che non si limita a erogare servizi ma organizza la lotta. Un sindacato che, invece di adeguarsi al sistema, lo sfida per cambiarlo.

La lezione dei Sudd Cobas è chiara: la rappresentanza sindacale si conquista sul campo, non nelle segreterie, e la dignità del lavoro si difende con la mobilitazione, non con le ospitate nei talk show o le conferenze stampa.

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