Memoria e Futuro
X-mas Trainspotting
Dopo un anno di polemiche, anche durante il periodo delle feste il sistema dei trasporti italiano, soprattutto quello ferroviario, è stato sotto pressione. Ma il nostro non è il solo paese a vivere questo tipo di dinamiche. Il 2025 si chiude con i sistemi ferroviari britannico e italiano che raccontano storie parallele di crisi, ritardi e frustrazione. Eppure, c’è una differenza fondamentale nell’esperienza dei passeggeri: nel Regno Unito, per quanti problemi ci siano, non provi mai quella sensazione devastante di essere lasciato solo, in balia degli eventi.
Infatti, anche le ferrovie britanniche hanno vissuto un anno difficile. Il 23 dicembre, guasti al sistema di segnalamento tra York e Newcastle sulla East Coast Main Line hanno causato ritardi superiori alle due ore per decine di migliaia di passeggeri. Lo stesso giorno, un problema analogo a Rugby ha paralizzato la West Coast Main Line tra Londra Euston e Birmingham. ScotRail ha registrato oltre 17.000 treni cancellati nell’anno fiscale 2024/25, con il 45% dei convogli in ritardo di oltre un minuto (che detto così, pensando alle statistiche italiane, fa impressione). Network Rail ha registrato un deficit di 488 milioni di sterline e ha ridotto i piani di rinnovamento, aumentando il rischio di future interruzioni.
Ma ecco il punto cruciale: quando un treno britannico è in ritardo di 15 minuti, scatta automaticamente il sistema Delay Repay. Non serve dimostrare colpe, non importa quale sia la causa. Il passeggero riceve una compensazione che va dal 12,5% del biglietto per ritardi tra 15 e 29 minuti, fino al 100% per ritardi superiori a due ore. Nei primi dieci mesi del 2025, gli operatori britannici hanno pagato oltre 138 milioni di sterline in compensazioni. Il sistema è nazionale, trasparente e spesso automatico: se hai acquistato un biglietto tramite l’operatore, ricevi un’email che ti avvisa del tuo diritto al rimborso.
Il contrasto con l’Italia è stridente. Il sistema italiano ha chiuso il 2025 con 104 casi di rallentamenti o sospensioni significative, di cui 76 causati da guasti tecnici alla rete. L’82% dei ritardi dell’alta velocità è dovuto a problemi infrastrutturali: linee elettriche usurate, centraline difettose, pantografi danneggiati. Dicembre è stato particolarmente drammatico. Il 1° dicembre, un guasto tra Gallese e Orte ha causato ritardi fino a 110 minuti. Il 12 dicembre, uno sciopero generale ha paralizzato la rete per 21 ore consecutive. Il 16 dicembre, la scoperta di un cadavere a Chiusi ha bloccato l’alta velocità per oltre due ore.
Il 28 dicembre è arrivato il picco della crisi: alle 18.35, l’investimento mortale di una donna di 48 anni nei pressi di Firenze Rifredi ha causato la sospensione della circolazione per un’ora. Quando il traffico è ripreso, decine di treni dell’Alta Velocità diretti a Milano, Torino, Venezia, Napoli, Reggio Calabria e Salerno viaggiavano con ritardi fino a 120 minuti. I passeggeri sui treni fermi e quelli in attesa nelle stazioni non sapevano quando avrebbero ripreso a muoversi, se i loro treni sarebbero stati cancellati, se avrebbero dovuto cercare alternative. Solo alle 22, quasi quattro ore dopo, Trenitalia ha comunicato che la circolazione “permane fortemente rallentata”. Il giorno successivo, il 29 dicembre, guasti multipli a Pontremoli, Grizzana, Siena e Porretta hanno causato un nuovo caos alla stazione di Santa Maria Novella fin dalle 6 del mattino, con passeggeri ammassati senza sapere quali treni partissero realmente.
Ecco la differenza fondamentale. Quando sei su un treno italiano fermo in mezzo alla campagna da un’ora senza spiegazioni, senza informazioni precise, senza sapere quando ripartirai, provi quella sensazione devastante di essere completamente in balia degli eventi. Nessun sistema automatico ti avvisa dei tuoi diritti. Nessuna app ti dice esattamente dov’è il problema e quanto ci vorrà.
Nel corso dell’anno, Trenitalia ha dovuto sborsare 102 milioni di euro in rimborsi, ma la procedura per ottenerli è complessa e frustrante. I rimborsi esistono sulla carta, ma richiedono di conservare biglietti, fare richieste entro termini precisi, spesso compilare moduli complessi. Non c’è nulla di automatico. Devi sapere che hai diritto, devi dimostrare il ritardo, devi insistere.
Entrambi i sistemi condividono problemi strutturali identici. Il traffico è cresciuto del 30% dal 2017 in Italia, su una rete che registra 10.000 interruzioni annuali. In Gran Bretagna, i finanziamenti sono calati del 36% in termini reali dall’inizio del secolo. Le tensioni sindacali attraversano entrambe le nazioni, con scioperi ricorrenti. La manutenzione è il nodo cruciale: Rete Ferroviaria Italiana ha speso 9 miliardi in lavori nel 2024, causando però interruzioni continue, mentre Network Rail ha ridotto i piani di rinnovamento per contenere i costi.
Il paradosso è che entrambi i governi promettono investimenti massicci. Il Gruppo Ferrovie dello Stato ha annunciato 100 miliardi di euro per il 2025-2029, ScotRail ha pianificato l’acquisto di 69 nuovi treni elettrici. Ma le promesse di investimenti futuri suonano vuote quando i problemi fondamentali—infrastrutture obsolete, carenza di personale, manutenzione insufficiente—restano irrisolti.
La fine del 2025 lascia una lezione fondamentale: i problemi tecnici possono colpire ovunque, ma l’esperienza del passeggero dipende da come questi vengono gestiti. Nel Regno Unito, anche quando il treno è fermo, sai perché, per quanto tempo, cosa fare e che verrai compensato. In Italia, troppo spesso sei lasciato in quella terra di nessuno dove non hai informazioni, non hai certezze, non hai tutele immediate. La modernizzazione delle ferrovie non riguarda solo binari nuovi e treni veloci, ma la costruzione di un sistema di fiducia dove il passeggero non si senta mai completamente abbandonato. Ed è qui che l’Italia ha ancora molta strada da fare.
Mi permetto di aggiungere in chiusura anche la mia avventura dicembrina al grande romanzo dei trasporti ferroviari, partendo da quelli italiani: qualche settimana fa, dovendo prendere un treno Firenze–Roma, ho scoperto che un tragitto di mezz’ora è riuscito nell’impresa epica di accumulare trentacinque minuti di ritardo.
Adesso invece sono in Scozia, dove sono arrivato un po’ prevenuto, visti i dati e le cronache che avevo letto. Ciononostante, mi sono spinto fuori dalle linee principali per raggiungere dei minuscoli paesini sulla costa est: un incastro tra due treni e un autobus locale, la classica situazione in cui in Italia ti prepari psicologicamente al bivacco nei giorni feriali, figurarsi in periodo di festa.
E invece no. Non solo non c’è stato un minuto di ritardo, ma il bus è persino partito in anticipo — perché noi del treno eravamo arrivati tutti puntuali, come in un universo parallelo governato dalla logica.
E il vero miracolo? Le coincidenze tra i due treni erano sulla stessa banchina. Sì, proprio così: stessa banchina. Una cosa che da noi, evidentemente, richiede ancora un intervento divino.
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