La mascherina non è un preservativo

8 Ottobre 2020

Indosso la mascherina tutti i giorni, per molte ore. Lo facevo anche quando non c’era l’obbligo. Non credo che faccia smettere di respirare, che faccia venire malattie varie, etc.
Questo, quindi, non è un articolo nomask, negazionista o cialtrone in generale. È piuttosto il tentativo di spostare l’attenzione su alcuni aspetti della strategia di contrasto al Covid che vengono oscurati dal fatto che, in Italia, si parla solo di mascherine.

La mascherina non è un preservativo

Per quanto i due dispositivi di protezione abbiano alcuni aspetti in comune (servono per prevenire la trasmissione di alcune malattie, non servono quando si è soli e non possono essere riutilizzati), mascherina e preservativo hanno una differenza enorme: l’efficacia.
Esistono oramai moltissimi studi sull’efficacia del preservativo come mezzo di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. Naturalmente i risultati sono vari, ma l’efficacia è unanimemente riconosciuta come molto alta. Si va dal 75 al quasi 100% dei casi, a seconda degli studi. Rimanendo pessimisti e riconoscendo che sicuramente non tutti sono capaci di indossare un profilattico correttamente, se riuscissimo ad imporre a tutta la popolazione mondiale l’utilizzo dei preservativi in tutti i rapporti sessuali, nel giro di qualche tempo avremmo eliminato o quasi malattie come l’AIDS o le malattie veneree.
Esistono molti studi anche sull’efficacia della mascherina, specialmente da quando il globo terrestre è colpito dalla pandemia del Covid-19.
I risultati, però, sono molto diversi.
Ad agosto, su Valigia Blu, fu pubblicato un resoconto molto dettagliato degli studi allora disponibili. Da allora altri se ne sono aggiunti (sono consultabili sul sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), ma tutti, anche i più ottimistici, si spingono a dire che la mascherina (a seconda delle circostanze e dei tipi, perché ne esistono di molto diverse) è in grado di prevenire la trasmissione del Covid-19 solo in maniera molto limitata. Che sia il 20, il 30 o il 50% dei casi (e non ho alcuno strumento per stabilire quali degli studi abbia ragione), siamo lontani anni luce dalle percentuali del preservativo. Questo significa che se riuscissimo ad imporre a tutta la popolazione mondiale l’uso della mascherina, anche 24 ore su 24, anche indossata sempre alla perfezione, il Covid non si fermerebbe.

Molto dipende da come la usi (spoiler: noi la usiamo male)

La stragrande maggioranza della popolazione, siamo sinceri, non sa o non riesce ad usare correttamente la mascherina. La tocchiamo, spostiamo, alziamo, abbassiamo, la mettiamo in tasca, la poggiamo sulla scrivania e poi la indossiamo di nuovo. Soprattutto: la cambiamo pochissimo. Una mascherina chirurgica andrebbe cambiata ogni volta che viene toccata con mani che non siano state igienizzate e, comunque, ogni volta che si inumidisce con il nostro respiro. Vogliamo tenerci larghi? Dovremmo cambiarla ogni 4/5 ore. Il che significa che chi va a lavorare dovrebbe cambiarne 2 o 3 al giorno. In quanti lo fanno? Da quel che vedo (e scommetto da quel che vediamo tutti) in pochissimi, per non dire nessuno. Usata in queste condizioni, la mascherina perde in tutto o in parte la sua efficacia, si riduce, forse si azzera in alcuni casi.

Sto dicendo di non indossare la mascherina?

No, anzi. Indossiamola, seguiamo le prescrizioni, magari guardiamo qualche tutorial su youtube, così impariamo ad indossarla e toglierla bene. Io sto chiedendo un’altra cosa: sto chiedendo di smetterla di parlare solo di mascherine, perché se ci concentriamo solo su questo, non ne usciremo. Lo dimostrano i Paesi (come Spagna, Francia o Belgio) dove (in tutto o in parte) è stata resa obbligatoria ed il contagio non si è fermato.

Oltre la mascherina

Abbiamo visto (purtroppo) che il lockdown, il chiuderci in casa, il non incontrarci più, è stato in grado di azzerare quasi la diffusione del Covid-19. È un viurs, si trasmette di persona in persona, per poter proseguire il contagio c’è bisogno di terreno fertile, costituito dalle nostre relazioni sociali, dal nostro lavoro, dalla nostra vita. Per fermarlo, dunque, c’è bisogno di cambiare qualcosa. Se ci comportiamo come prima della pandemia, questa dilagherà. Ce l’hanno detto dall’inizio: distanziamento e igiene delle mani. Due cose molto semplici a dirsi, ma molto difficili da mettere in pratica, soprattutto in determinate condizioni. Anche perché, diciamo la verità, i provvedimenti per rendere queste due operazioni più praticabili, sono in larga parte insufficienti. I gel igienizzanti sono presenti in più o meno tutti gli uffici e gli esercizi commerciali, ma sul loro effettivo utilizzo non vigila nessuno. I commercianti andrebbero sensibilizzati su questo e negli uffici dovrebbe essere vietato entrare senza aver prima igienizzato le mani.

Così lontani, così vicini

Quanto al distanziamento, sui mezzi di trasporto è praticamente impossibile ottenerlo. Girando sui social si trovano migliaia di foto, scattate in ogni angolo del Paese, che mostrano tutte la stessa scena: passeggeri accalcati su autobus, metropolitane e tram. Quali provvedimenti sono stati presi per evitarlo? Posto che in qualche mese era impossibile potenziare il trasporto pubblico, si poteva forse ricorrere ad una strategia decongestionante, che diluisse nell’arco della giornata il carico di passeggeri che si muovono coi mezzi pubblici. Era così impossibile differenziare gli orari di scuole, uffici, apertura dei negozi, ingresso nelle fabbriche? Non si poteva impedire che sullo stesso autobus, alle 8 del mattino, si trovino contemporaneamente lo studente, l’operaio, l’impiegato e il commerciante? Sicuramente non era impossibile costruire pensiline più capienti per evitare che, con l’arrivo delle piogge, ci si assembri, per non bagnarsi, anche per aspettare il bus, oppure intervenire sulle tariffe assicurative per aumentare la diffusione degli scooter (magari elettrici, ma anche a carburante) visto che in alcune zone d’Italia uno scooter usato in buone condizioni si trova a 300 euro, ma poi ne servono 1500 per assicurarlo. Invece si è investito in monopattini (ma siamo seri?) e bici elettriche, roba da hipster. Se proprio non siamo in grado di fare niente per impedire che i mezzi si affollino, almeno informiamo i cittadini che se lo fanno, mascherina o non mascherina, si stanno esponendo ad un rischio altissimo di contagio.

Di cosa vorrei che discutessimo

Con questo virus dobbiamo convivere ancora per un bel po’ di tempo. Il vaccino è lontano, il contagio non si ferma. Vorrei che si discutesse di come rendere la nostra vita il meno brutta possibile. Non ne posso più della continua colpevolizzazione di malati e cittadini. Nei mesi scorsi ce la siamo presi con chiunque: con i runners, i padroni dei cani, quelli che sono andati al mare, quelli che sono andati all’estero, quelli che sono andati a ballare, quelli che hanno fatto una festa, quelli che hanno consumato un aperitivo, quelli che volevano tornare a scuola, quelli che volevano aprire gli stadi… la lista non finisce più.
Io non ce l’ho con nessuno di questi. Ognuno di noi, chi più o chi meno, ha avuto qualche comportamento sbagliato. Per distrazione, per leggerezza, per incoscienza, magari per educazione (io a volte non ce la faccio a non stringere la mano a chi me la porge, anche se so che non dovrei) o per errore di calcolo. È una pandemia, diamine, il virus gira in tutto il mondo ad una velocità impressionante, ma davvero ce la vogliamo prendere con i singoli? Per di più con singoli che con uno dei comportamenti che ho descritto hanno messo in pericolo loro stessi ed i loro cari? Dobbiamo mettere in conto che la perfezione non è possibile e così come abbiamo automobilisti che corrono troppo o si addormentano alla guida, così come abbiamo alpinisti improvvidi che rimangono intrappolati o provocano valanghe, così come abbiamo pedoni che attraversano senza guardare, allo stesso modo avremo una certa fetta di popolazione che non saprà tenere il comportamento migliore in ogni situazione. Possiamo sbraitare quanto vogliamo, invocare l’esercito e comminare multe, questo fatto non cambierà.
Dovremmo, allora, discutere di come limitare al massimo le possibilità di contagio, senza gravare ancora su un’economia già stremata.
Si studino protocolli sempre più efficaci per i luoghi pubblici, si sensibilizzi ancora di più la popolazione, si studino metodi migliori per ottenere il distanziamento.  A naso, si potrebbe stabilire che si accede a bar e ristoranti solo su prenotazione, si potrebbe vietare la consumazione di cibo e bevande in piedi, si potrebbero istituire sportelli telefonici (assicurandosi però che qualcuno risponda) per tutti gli uffici pubblici, si potrebbe ampliare l’orario di apertura degli esercizi commerciali più frequentati… oppure magari si potrebbero trovare 100 soluzioni migliori di quelle che mi sono venute in mente, ma di questo dovremmo discutere o, per lo meno, anche di questo.
Si agisca, infine, sempre di più, sui tamponi e sul tracciamento. C’è un’enorme differenza nel numero di tamponi che vengono effettuati quotidianamente nelle regioni italiane e c’è altrettanta differenza tra l’Italia e i Paesi più avanzati attorno a noi. Si deve migliorare. Così come si deve insistere perché la popolazione installi e tenga attiva Immuni, l’app per tracciare i contatti dei positivi.

 

TAG: assembramenti, coronavirus, mascherina, pandemia, preservativo, tamponi, tracciamento, trasporti pubblici
CAT: Sanità

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