Per non dimenticare: il Bignami della bomba atomica

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2 Marzo 2024

da sinistra: Oscar D’Agostino, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Enrico Fermi

Brevetto numero 324458 per rallentare i neutroni, registrato il 26 ottobre 1935 a Roma presso lo Studio Laboccetta[1], ed esteso poi ad altri Paesi: la storia della bomba A, cioè atomica, nonché quindi delle bombe H all’idrogeno e delle bombe N a neutroni, comincia da qual brevetto, la cui storia è davvero avventurosa oltre che lunga.

È registrato a nome di Enrico Fermi, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo, Franco Rasetti ed Emilio Segrè, i più attivi tra i “ragazzi di via Panisperna”, come sono stati chiamati una volta famosi perché in quella via, all’attuale numero civico 89, c’era l’Istituto di Fisica dell’Università di Roma, dove Fermi all’età di soli 27 anni s’era guadagnato la cattedra di fisica teorica. Dell’istituto oggi in quella strada e a quel numero s’è persa anche la memoria.

Poiché la loro scoperta brevettata aveva permesso agli Stati Uniti di costruire le prime bombe atomiche e di usarle vittoriosamente contro i giapponesi nella seconda guerra mondiale, i “ragazzi” hanno intentato causa al governo degli Stati Uniti per vedersi riconoscere dei diritti, e di conseguenza dei quattrini[2]. La causa è durata anni, in piena guerra fredda con l’ormai scomparsa Unione Sovietica, e si è conclusa nel 1953 fruttando agli ex di via Panisperna la bella cifra di 400’000 dollari dell’epoca: pari a un bel pacco di milioni di euro di oggi, diciamo tra i 15 e i 20.

È una storia che vale la pena conoscere. Depositato il brevetto, l’accordo prevedeva che gli eventuali guadagni sarebbero stati anche suddivisi con il chimico del gruppo, Oscar D’Agostino, e con il professor Giulio Cesare Trabacchi, che aveva prestato il grammo di radio utilizzato dai “ragazzi” per i loro esperimenti coronati da successo.

Per quanto possa apparire incredibile, il momento clou è stato quando nell’acqua della fontanella con i pesci rossi del cortile dell’istituto di via Panisperna quei giovanissimi geni hanno immerso il grammo di radio, che emette neutroni, e un piccolo cilindro d’argento: hanno avuto infatti così la conferma che l’idrogeno, costituente dell’acqua insieme con l’ossigeno, rallenta significativamente i neutroni, particolare questo alla base sia delle centrali atomiche che producono corrente elettrica sia della reazione a catena che fa esplodere gli ordigni nucleari A, H ed N. “Ma mi spaventate i pesci…”, ha protestato l’ignaro custode dell’istituto.

Una volta esteso il brevetto anche all’estero, un italiano emigrato negli USA ed ex allievo di Fermi, Gabriello Giannini, in cambio di una quota degli eventuali proventi, offriva di cercare industrie interessate allo sfruttamento del brevetto, cioè all’utilizzo della possibilità di rallentare i neutroni, e una società olandese, la Philips, anticipò le spese. Giannini si dava molto da fare, ma senza combinare nulla. Unico utilizzo, quello del primo piccolo reattore atomico che è riuscito a ottenere una reazione a catena controllata grazie soprattutto al lavoro di Fermi, emigrato negli USA con la moglie ebrea a causa delle leggi razziali imposte dal fascismo.

Il reattore faceva parte del gigantesco “progetto Manhattan” approvato dal governo Usa per produrre le prime bombe atomiche. Motivo per cui alla base di tale produzione c’era il brevetto numero 324458, registrato il 26 ottobre 1935 a Roma presso lo Studio Laboccetta[3]. Un bel giorno, a guerra finita, il parlamento americano approva la legge che riconosce il diritto al risarcimento per i cittadini titolari di invenzioni espropriate dal governo per utilizzarle liberamente in guerra. Oltretutto, tra i fisici al lavoro per la bomba atomica Usa c’era anche Segrè, a Los Alamos, nel cui deserto verrà fatto esplodere in via sperimentale il primo ordigno A. E c’è Pontecorvo che ha contribuito dal Canada e dall’Inghilterra. Approvata la legge, Giannini chiede allo Stato americano 10 milioni di dollari come “giusto compenso”.

Inutile il tentativo del governo americano di sollevare il conflitto d’interessi nei confronti di Fermi, perché membro anche del Comitato Consultivo della Commissione Atomica Statunitense. È infatti semplicemente ridicolo affermare che può avere spinto per la realizzazione dell’atomica per il proprio lucro personale. Alla fine il governo pagherà come “giusto compenso” per l’esproprio i 400’000 dollari. Da dividere con una persona in meno: Pontecorvo infatti nel ’50 è scomparso, emigrato clandestinamente in Unione Sovietica per evitare ci fosse uno Stato col monopolio delle bombe atomiche, che avrebbe potuto così ricattare non solo Mosca, ma il mondo intero[4].

Era scomparso già nel ‘38, forse suicida o forse in un convento, anche Ettore Majorana, il più geniale tra tutti i ragazzi di via Panisperna, ma assolutamente non interessato a guadagni né a onori di sorta dato il suo carattere molto chiuso e un po’ asociale, tant’è che non ha voluto figurare tra i titolari dello storico brevetto. Risultato: ognuno del gruppo che s’era rivolto alla magistratura per vedersi riconoscere i propri diritti per il brevetto numero 324458 ricevette 28’000 dollari. “Detratte le spese, comprese quelle degli avvocati, ognuno di noi ha ricevuto 24.000 dollari”, ha precisato a suo tempo Segrè[5]. Cifra equivalente a qualche centinaio di migliaia di euro oggi.

[1] https://terzadecade.it/download/la_sfinge_-_dialogo_su_enrico_fermi/Emilio-Segre-Enrico-Fermi-Fisico-Una-Biografia-Scientifica.pdf
[2] https://www.illaboratoriodigalileogalilei.it/altriscritti/pontecorvo/pontecorvo01.pdf
[3] https://www.consiglio.regione.toscana.it/upload/PG/documenti/atti_pg_2013_completo_bq.pdf
[4] https://www.galileonet.it/fermi-brevetto-neutroni-lenti/
[5] https://www.consiglio.regione.toscana.it/upload/PG/documenti/atti_pg_2013_completo_bq.pdf

TAG: bomba atomica, Edoardo Amaldi, Emilio Segrè, enrico fermi, Franco Rasetti, Oscar D'Agostino
CAT: Scienze Naturali

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