Uno spettro si aggira per l’Europa: la guerra nucleare

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4 Marzo 2022

Negli anni 70, lo psicoanalista italiano più di rilievo, Franco Fornari, fondò il Gruppo Anti-H diventato poi L’Istituto Italiano di Polemologia, con l’obiettivo di far prendere coscienza dei pericoli di una guerra nucleare. Vi ho partecipato anch’io con un ruolo di consulenza militare (competenze personali che qui è inutile illustrare).

Cercavamo con conferenze e articoli di far capire alla gente quali fossero gli effettivi pericoli di un conflitto che sarebbe sfociato nell’utilizzazione delle armi atomiche. In quegli anni Fornari ed io partecipammo ad un dibattito alla televisione del Canton Ticino avendo come contraltare un colonello dell’Esercito Svizzero e il direttore del più importante giornale conservatore ticinese che ci guardavano in cagnesco, facendo una semplicistica equazione: essere pacifisti significava essere traditori al servizio dell’Urss. Ma soprattutto quando facevamo i nostri discorsi a gente (poca) invitata alle conferenze, venivamo considerati con benevola attenzione che rivelava il fatto che allora l’incubo nucleare venisse vissuto come qualcosa astratto, quasi frutto di fantasie apocalittiche, che non si sarebbero mai concretizzate. Eppure, in quegli anni che terminano con la caduta nel 1989-1991 dell’Urss, il pericolo era costante e immanente: quando i due contendenti fanno a gara per superarsi continuamente a livello quantitativo e qualitativo, negli armamenti, aumenta il rischio del conflitto, magari scatenato da eventi che sfuggono al controllo. Si aggiunga il fatto che il sistema militare atomico stava transitando da un’esclusivo scambio di colpi tra Usa e Urss (tramite vettori intercontinentali) verso un allargamento relativo all’uso tattico delle armi nucleari sul campo di battaglia. La cosiddetta guerra tattico-nucleare, la cui pericolosità non è solo nei danni effettivi ai reparti ma nel pericolo di un estensione progressiva su tutto il territorio dei belligeranti (soprattutto urbano).

Dopo la caduta dell’Urss abbiamo dei documenti sulle pianificazioni militari sovietiche che ci confermano il proposito di uno sfondamento, mediante esplosioni atomiche, dello schieramento nemico con il successivo sfruttamento da parte dei reparti corazzati. Ovviamente gli Usa pensavano e progettavano allo stesso modo. Ma la gente non ci pensava e neppure era informata da un sistema dei media controllato e ridotto.

Ma oggi tutto è cambiato: la gente davanti alla guerra in Ucraina e le contemporanee dichiarazioni delle leadership sui pericoli di un impiego del fuoco nucleare, amplificato da una pressione continua mediatica, incomincia a chiedersi, con angoscia, quali possono essere gli scenari futuri e non lontani. L’atteggiamento preoccupato è diretto anzitutto verso un’estensione del conflitto (di questo conflitto, che è in Europa, con gente come noi, in città come le nostre. Altre guerre che continuamente insanguinano il mondo sembra che non abbiano rilevanza).

Dietro lo spettro generico di una guerra “normale” con missili, carri armati ecc., si intravvede però, date le succitate dichiarazioni delle leadership, lo spettro ben più terribile dall’impiego dell’arma atomica sui teatri di operazione per scivolare verso un’estensione più ampia. Noi italiani (e lo avessimo avuto all’inizio dei due conflitti mondiali che ci sono costati un milione di morti), eccetto qualche caso clinicamente maniacale, abbiamo un piccolo sano egoismo di rifiuto della partecipazione a queste catastrofi. Possiamo dire che la fine delle ideologie in questo caso è stata un ottimo vaccino. Purtroppo questo strano, imprevedibile, intruglio che è la Storia può andare verso esiti drammatici, aldilà delle speranze realistiche di ognuno.

 

TAG: europa
CAT: Scienze sociali

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