Cos’è l’educazione in un tempo privo di modelli? Il caso italiano in un’indagine

13 Settembre 2023

L’attuale contesto induce a riflettere sulla dimensione educativa al di là della retorica dell’auspicio. Educazione stradale, educazione finanziaria, educazione sessuale, educazione informatica e così via. Temi su cui non si può non essere d’accordo e pure non si realizzano mai fino in fondo e l’attenzione non è mai abbastanza.
Nell’occhio del ciclone sono in questo momento sono accezioni primarie del termine educazione e riguardano i giovanissimi, a causa dei recenti fatti di cronaca che hanno suscitato interventi, reazioni accese e dibattiti.
La preoccupazione di molti commentatori, che condividiamo, è che ci sia molta confusione sulle basi etiche di riferimento, troppo spesso esaurite nel solo rispetto delle regole, pur necessario, in ottica securitaria.
Cosa si intenda per educazione in generale è proprio di ogni cultura e non rientra nel campo dei sondaggi e delle ricerche di mercato.
Ma è possibile analizzare le opinioni dichiarate, sollevando nuove domande su questi temi.

Nel monitoraggio continuativo di  CSA  Research c’è una corrente socioculturale  che chiamiamo ‘buone maniere’, perché sottintende proprio un’accezione formale dell’educazione, codificata in canoni. Su particolari apparentemente poco importanti, però fondamentali nel nostro Paese per definire un collante comune di convivenza. Proprio su queste ‘maniere’ tendono a focalizzarsi giudizi morali o moralistici, incrociati, a cui ciascuno da un suo significato ma che sottintendono un certo conformismo di vedute, nel senso proprio di una pretesa di conformità.

Il 90% pensa che la maleducazione sia sempre più diffusa. Il 90% è d’accordo con l’affermazione ‘è irritante vedere sempre più gente che disprezza le buone maniere o non le conosce affatto’ (il 44%, in crescita di 3 punti quest’anno, si dichiara molto d’accordo).
‘La gente non si vergogna più di niente’ lo pensa l’88% degli italiani. Il 30% è molto d’accordo con l’affermazione ‘non sopporto la gente che non sa stare a tavola’. In una prospettiva più allargata e sostanziale una caratteristica saliente degli italiani è quella di sovrainvestire la famiglia come agenzia educativa.

I genitori sono considerati i primi responsabili di quello che fanno i ragazzi, e d’altra parte sono i primi a fare sacrifici per loro. Registriamo, proprio a questo proposito, un calo graduale, corrispondente, alla percezione di maggiori difficoltà economiche. D’altra parte, come tutti sappiamo, la famiglia sta incontrando grandi cambiamenti che mettono in crisi la funzione genitoriale di contenimento e  di trasmissione del senso del limite. La ‘questione familiare’  è sempre più contraddistinta dall’amore che tiene uniti i suoi componenti. E possiamo chiederci se questo non possa valere anche per l’educazione. Se le famiglie restano sempre sulle barricate, è la società, con il suo insieme di istituzioni  deputate, che dovrebbe sviluppare strumenti, modelli, professionalità. Ma su questo c’è una percezione diffusa di latitanza o inadeguatezza, che alimenta il circolo vizioso della sfiducia.

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CAT: scuola

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