Signora Professoressa

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20 Settembre 2019

Entra in classe, si siede, fa l’appello, giungono risposte confuse, non li riconosce e non sa con certezza chi sia effettivamente presente o assente. Potrebbe essere una supplente, oppure è l’inizio di un nuovo anno scolastico. Ripete più volte un cognome, poi un altro, supplica gli alunni di rispondere chiaramente e uno alla volta, viene derisa fino a quando, sull’orlo di una crisi di pianto, abbandona l’aula.

Qualcuno potrebbe chiedersi perché ai ragazzi sia consentito l’uso dello smartphone in classe, soprattutto quel determinato uso, tuttavia, nella fattispecie, il video rubato documenta una manciata di minuti che suscitano diverse riflessioni in cui nessuno, regista compreso, esce sotto una luce edificante.

«Gran signori quei ragazzi!» commenta una donna matura mentre osserva su Facebook le risate di quelli che potrebbero essere suoi nipoti.

Signori… Un concetto importante quello di signorilità perché supera la tanto sopravvalutata qualità di umana empatia appartenente alla sfera emotiva, all’indole di ciascun individuo e quindi non così facilmente trasmissibile.
La signorilità invece è una condotta legata alla sfera comportamentale che, se non connaturata, può essere trasmessa e appresa.

Anche solo il modo in cui sono seduti, in cui distribuiscono gli accessori sul banco ostenta una mancanza assoluta di signorilità e compostezza.

Lacune familiari, certo: la maggior parte dei genitori nella società attuale è raramente consapevole della responsabilità educativa cui deve adempiere. Il docente quindi si ritrova a dover rispettare il programma didattico ministeriale e a tentare di arginare gli errori e la trascuratezza domestici persino negli istituti superiori.
Un lavoro di squadra assente fra quelli che i sociologi definiscono gruppi primari (i cui membri sono tenuti insieme da vincoli affettivi) e gruppi secondari (ruoli diversi legati da rapporti formali finalizzati al raggiungimento di determinati obiettivi).
Un’intesa fratturatasi più o meno nel momento in cui cade rovinosamente il vincolo formale dei rapporti.

Quando esattamente la scuola è diventata una sorta di seconda casa sempre più sfilacciata dalla sua funzione istituzionale? Quando si è persa l’abitudine di alzarsi all’ingresso del signor professore e soprattutto quando il professore ha smesso di essere un signore?
Quando ha cominciato a prendersi quella disperata libertà esibizionista di rendere pubblici post sui social riconducibili a episodi legati alla propria intimità più profonda dimenticando o fingendo di dimenticare quanto l’allievo nutra una certa curiosità — che dovrebbe restare inappagata — sul privato del suo maestro?
Quando è nata questa parità inconsistente fra ímpari?

Nel video, in classe, la Signora Professoressa non è mai entrata. Ha lasciato il posto a una donna partita sconfitta già da casa. La sua reazione, che rivela panico, disagio, dolore, è totalmente comprensibile sul piano umano; meno su quello professionale, dove gestire un pubblico che facilmente diventa branco è forse l’abilità fondamentale, insieme alla tenuta della scena.

Sotto i riflettori, invece, la precarietà di un essere umano travolto e ingoiato dalle spietate correnti di una società senza regole.

TAG: Alunni, aula, classe, docente, formalità, Gruppi, maestro, professoressa, scuola, Video
CAT: scuola

4 Commenti

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  1. ferdy 5 anni fa

    non è facile commentare una situazione del genere.sono passati oltre settanta anni dalla mie elementari,ed anche nel prosieguo la rigidità dei professori in genere non è mai venuta meno.Quando,andando a scuola i miei figli, facevo parte dei primi consigli di istituto,e sentivo a volte dare del tu ai professori,specialmente negli istituti artistici,lo faceve presente nei consigli,ma sembrava che fossi fuori dalla realtà.Adesso succede quel che succede,e purtroppo tornare indietro sarà difficile.

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  2. evoque 5 anni fa

    Pare brutto dirlo, ma quasi sempre queste cose accadono con insegnanti percepiti come deboli: deboli perché privi di una personalità definita, ma soprattutto perché mostrano ai ragazzi (i bambini, i ragazzi sono formidabili nel riconoscere le qualità e / o i difetti dei propri insegnanti). Frequentavo le medie inferiori, eravamo una classe piuttosto vivace, ma solo con l’insegnante di italiano che consideravamo (a ragione, va detto) poco competente nella sua materia. E non mancavamo di rimarcarlo ad alta voce. Mentre con l’insegnante di inglese, nessuno batteva ciglio, non perché fosse un cerbero: non alzava mai la voce, non dava note, non buttava fuori dall’aula. No, semplicemente le riconoscevamo l’autorità derivante dalla sua competenza professionale. Ancora oggi la ricordo con affetto e gratitudine per quanto mi ha insegnato per il rigore metodologico. E non sono il solo.

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  3. evoque 5 anni fa

    Il primo periodo è monco e pertanto appare confuso, va letto così: ma soprattutto perché mostrano ai ragazzi di non conoscere bene la propria materia.

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  4. xxnews 5 anni fa

    se si è la prima a dimenticare che si è li per “servire” ma non per essere una “serva” .
    Purtroppo chi non è capace di “coinvolgere” avrà sempre problemi … ciò non significa fare i duri come si sia “PADRONI” dell classe … della scuola , significa pretendere e dare “RISPETTO” , si rispetto anche nei confronti di ragazzini …
    se si “piagnucola dentro” si è già “fregati . E’ pur vero che non si nasce “IMPARATI” , ma è indubbio che tra le prime parole di un anno da trascorrere insieme DEVONO ESSERE CHIARE LE REGOLE RECIPROCHE ma anche che si è “capaci” di rispettarle e FARLE RISPETTARE CHIARENDOLE SUBITO … il modo per farlo può cambiare da persona a persona ma è SEMPRE CHIARO .
    Chi parte con il piede sbagliato ha perso in partenza ……….

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