Giustizia
Anche chi sorveglia ha bisogno di essere visto
Nel 2025, almeno 13 agenti di polizia penitenziaria si sono tolti la vita. Lo conferma il Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria SAPPE. Una strage silenziosa, che nessuno conta.
Si parla spesso dei suicidi in carcere. Dei detenuti che si tolgono la vita. Dei numeri che crescono. Ma c’è un’altra strage, più silenziosa, più invisibile, che si consuma tra le stesse mura: quella degli agenti di polizia penitenziaria. Nel 2025, almeno 13 si sono suicidati. È il SAPPE a lanciare l’allarme, indicando che il sistema penitenziario non è solo al collasso per chi lo subisce, ma anche per chi lo custodisce. Uomini e donne che ogni giorno entrano in un mondo chiuso, teso, sovraffollato. Che portano addosso il peso di chi deve garantire sicurezza, ma spesso senza strumenti, senza personale, senza ascolto. Il loro lavoro è fatto di turni massacranti, di tensione costante, di solitudine. E di un silenzio che diventa insopportabile.
Secondo i dati raccolti negli ultimi anni, la frequenza dei suicidi tra il personale penitenziario è tre volte superiore a quella della popolazione generale. Ma di loro si parla poco. Non fanno rumore. Non si prestano a campagne. Non diventano icone. Sono considerati una categoria grigia. Invisibile. Tecnica. Quasi burocratica. E invece sono uomini. Sono padri. Madri. Figli. Esseri umani travolti da un sistema che li consuma senza proteggerli.
Il carcere non è solo una macchina punitiva. È un luogo simbolico. E come ogni simbolo, può essere anche un luogo che uccide. Non serve solo più personale. Servono occhi che guardino. Voci che dicano. Parole che non lascino soli. Perché anche chi sorveglia ha bisogno di essere ascoltato. Anche chi indossa una divisa ha diritto a una fragilità riconosciuta. Anche chi presidia un cancello ha diritto di essere chiamato per nome.
Nessuno può reggere a lungo in un ambiente che toglie respiro. Che nega umanità. Che spegne ogni luce. Il carcere è uno dei luoghi dove si misura la tenuta etica di un Paese. E chi ci lavora è cartina al tornasole di quel confine. Se muoiono loro, in silenzio, senza lasciare traccia, allora qualcosa si è già spezzato. E non riguarda più solo loro. Ma tutti noi.
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