Quirinale

Il Tricolore Tradito: Quando la Bandiera Divide invece di Unire

18 Settembre 2025

Negli ultimi mesi, in diversi Paesi europei, le bandiere nazionali sono tornate al centro del dibattito pubblico. Dall’Inghilterra alla Francia, e presto anche in Italia, esse vengono issate e sventolate non più come simbolo di unità, ma come strumenti di contrapposizione. Sventolare una bandiera non dovrebbe mai significare tracciare un confine tra “noi” e “loro”, eppure sempre più spesso questo è l’uso che se ne fa. Non a caso, in Italia, si preannuncia una manifestazione che avrà come protagonista il tricolore, non inteso come simbolo di coesione ma come vessillo contrapposto, come marchio identitario volto a escludere.

Eppure, la bandiera italiana racchiude in sé un significato ben diverso, un significato che oggi rischia di essere dimenticato o, peggio, tradito.


Il nostro tricolore, nato come simbolo della giovane nazione italiana in lotta per la libertà, non è mai stato un segno di chiusura. Anzi, la sua forza originaria risiedeva proprio nell’inclusione, nella capacità di ispirare, accogliere e unire uomini e donne di diverse culture, lingue e nazionalità attorno a un ideale comune di libertà e giustizia.

Il Risorgimento, infatti, non fu un movimento esclusivamente italiano. Fu un fenomeno che attirò volontari da tutta Europa e persino da oltreoceano, uomini che riconoscevano nella causa italiana una battaglia universale per l’emancipazione dei popoli. Garibaldi, con i suoi Mille, era affiancato da combattenti provenienti da Francia, Polonia, Ungheria, Inghilterra e da tanti altri Paesi. La Repubblica Romana del 1849, ultimo baluardo di libertà repubblicana in Europa prima del lungo inverno reazionario, fu difesa non solo da italiani ma anche da stranieri che caddero sul nostro suolo credendo in un’Italia libera e democratica.

Questi nomi spesso dimenticati sono il cuore pulsante del nostro tricolore. Ricordarli significa ricordare che l’Italia nacque non dall’esclusione ma dall’incontro, non dalla chiusura ma dall’apertura a ideali universali.


La potenza ideale del Risorgimento non si limitò ai confini della penisola. Il pensiero di Giuseppe Mazzini, con la sua idea di un popolo sovrano e di una nazione costruita sui principi della libertà e della fratellanza, divenne modello e fonte d’ispirazione per molti altri movimenti nazionali.

Dall’Europa centrale all’America Latina, fino ad arrivare alla lontana Cina, l’eco del mazzinianesimo alimentò le lotte di liberazione e i processi di costruzione nazionale. È difficile trovare un pensatore politico italiano che abbia avuto un’influenza così vasta e duratura nel tempo.

In questo senso, la nostra bandiera non è mai stata solo “italiana”: è stata, sin dalle origini, un simbolo universale di emancipazione, capace di parlare a chiunque lottasse per la propria libertà. Vederla ridotta oggi a strumento di contrapposizione, brandita contro qualcuno anziché accanto a qualcuno, significa infliggerle un’ingiustizia storica.


Non possiamo dimenticare che la storia italiana è profondamente intrecciata con quella di tanti popoli stranieri. Non solo nel Risorgimento, ma anche durante la Resistenza e la successiva Liberazione dall’occupazione nazifascista, furono numerosi i combattenti provenienti da altri Paesi che contribuirono a restituirci la libertà.

Dai partigiani jugoslavi e greci, fino ai soldati americani, inglesi, francesi, canadesi, polacchi e di tante altre nazionalità che componevano gli eserciti alleati, l’Italia poté risorgere grazie a una solidarietà internazionale che trascendeva i confini. Non era una guerra “solo nostra”: era una battaglia globale contro il nazifascismo, per un mondo nuovo.

Anche in questo caso, il tricolore sventolò accanto a tante altre bandiere, in un’alleanza che sanciva la vittoria dell’umanità sulla barbarie. Ridurlo oggi a simbolo di divisione interna, usarlo come strumento politico di contrapposizione, significa mancare di rispetto non solo alla nostra memoria nazionale, ma anche ai sacrifici di chi, pur non essendo italiano, morì per un’Italia libera e democratica.


Una bandiera nazionale non appartiene a una parte politica, a un movimento, a una fazione. Appartiene al popolo intero, a tutte le sue componenti, senza eccezioni. Ogni volta che il tricolore viene usato per segnare un confine tra “noi” e “loro”, viene in realtà impoverito, svuotato del suo valore originario.

Il rischio è che diventi un simbolo divisivo, incapace di parlare a tutti. Ma il tricolore non è nato per questo: è nato per unire. È nato per dare un volto a un sogno di libertà, uguaglianza e giustizia che ancora oggi deve essere difeso.


Recuperare il significato autentico del tricolore significa innanzitutto ricordare la sua storia. Significa non dimenticare che l’Italia nacque anche grazie al sacrificio di stranieri che credettero in essa. Significa riconoscere che la nostra identità non è mai stata chiusa o escludente, ma sempre aperta al dialogo con il mondo.

Significa, soprattutto, che sventolare la bandiera contro qualcuno è un atto che ne tradisce l’essenza. È un’offesa ai martiri del Risorgimento, a chi morì per unire e non per dividere. È un insulto a coloro che durante la Resistenza e la Liberazione combatterono fianco a fianco con italiani per abbattere il nazifascismo.


Il tricolore italiano è uno dei simboli più nobili e potenti della nostra storia. Non possiamo permettere che venga ridotto a bandiera di parte, a strumento di divisione o peggio a marchio identitario contro qualcuno.

Ogni volta che ciò accade, la bandiera viene tradita. Viene tradita la memoria del Risorgimento, viene tradito il pensiero di Mazzini, vengono traditi i martiri della Resistenza e gli alleati che hanno versato il loro sangue per liberarci.

Il tricolore deve tornare a essere ciò che è sempre stato: un simbolo di inclusione, di libertà universale, di unità. Non un muro, ma un ponte. Non un’arma, ma una speranza.

Difendere il significato autentico della bandiera significa difendere la nostra stessa identità nazionale. Un’identità che non è mai stata costruita contro qualcuno, ma insieme a molti.

Solo così potremo guardare al futuro senza paura, con la forza di un passato che ci ricorda che la libertà non divide: unisce. Non possiamo che dire grazie al Presidente Ciampi, che fece della sua presidenza un impegno nel riscoprire i valori dei simboli dello Stato. Ed un grazie al Presidente Mattarella che ogni giorno ci ricorda che amare la Nazione non è incopatibile con la visione europea.

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