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Mondo

“Popoli contro Populismi” nelle faglie del ciclo Occidente-Oriente per una tregua attesa

di Luciano Pilotti

“Popoli contro Populismi” nelle faglie del ciclo Occidente-Oriente con (apparenti) leader forti ostaggio di interessi di parte e senza visione?
Eppure si affaccia oggi la speranza di una tregua verso una pace giusta domani

9 Ottobre 2025

Milioni di persone nelle piazze europee per esprimere l’indignazione contro il massacro di Gaza che sta subendo una pulizia etnica con 15 morti su 16 che sono persone civili, soprattutto donne e bambini. Una indignazione anche contro l’inazione di una politica impotente oltre che di consumatori insoddisfatti che vogliono riappropriarsi di una identità di cittadinanza e di una etica della responsabilità da condividere nello spazio pubblico. Solidarietà, identità, etica e compassione nella responsabilità espresse da manifestazioni oceaniche mai viste dal dopoguerra (non sporcate da manipoli di irresponsabili), germi della indignazione di fronte alla sottrazione della libertà con l’ultimo attacco piratesco in acque internazionali alla Global Sumud Flottilla (iniziativa umanitaria del 1 ottobre) che ha acceso un risveglio delle coscienze mondiali e ora seguita anche dal secondo abbordaggio della Freedom Flottiglia (molti medici con aiuti sanitari e 9 italiani) dell’8 ottobre. Ma, anche contro leadership inadeguate per farne la supplenza oppositiva alla mutazione delle democrazie in autocrazie elettive spesso anche vestite da teocrazie messianiche che “sciolgono” la laicità dello Stato e le sue regole costituzionali. Perché il Popolo Palestinese è doppiamente vittima e colpito da Hamas che ha usato i Palestinesi come scudi umani da una parte e dal Governo di Israele dall’altro per la over-reaction sproporzionata al pogrom del 7 ottobre e ora confermata da ormai 67mila morti (ma ormai superano i 70mila guardando a quelli non ancora “rilevati) e da strumenti di persecuzione contrari al diritto internazionale colpendo civili con sottrazione di aiuti, cibo, acqua e medicinali. Tutti noi cittadini del mondo (europei e non) ci aspettiamo che il Piano Trump di 21 punti – nonostante fragilità e buchi (tra cui la posizione marginale dei Palestinesi) – possa avviare almeno un processo di tregua che porti subito ad un cessate il fuoco e alla restituzione degli ostaggi anche scambiati con prigionieri Palestinesi (compreso Barghouti pensando al futuro di una leadership credibile) per provare a progettare poi un percorso di pace. Ma una pace che per essere stabile dovrà essere condivisa e – auspicabilmente – verso soluzioni che salvaguardino uno stato minimo di autodeterminazione che possa presto farsi Stato Palestinese. Ora un accordo sembra raggiunto e verrà firmato tra poche ore. Va rilevato tuttavia questo nuovo fenomeno globale di Popoli che emergono protagonisti senza bandiere di partito o ideologiche a compensare le fragilità e i vuoti di una politica populista e di politici nazional-sovranisti che si stanno affacciando nel sempre più stretto ciclo Occidente-Oriente dove gli estremi si toccano, seppure su faglie di crisi (dall’ invasione Ucraina di Putin all’ involuzione americana alla paralisi politica francese fino alle fragilità di Ursula Von der Leyen). Forse shock virtuosi di una catena globale Occidente – Oriente sempre più vicina ma anche sempre più instabile e infuocata? In generale, le piazze mondiali esprimono una vasta testimonianza popolare e di critica all’impotenza delle leadership globali di fronte alla catastrofe di Gaza (e molto meno dell’Ucraina certo da indagare). Populismi, tuttavia che – anche per leader che invece di unire puntano sulle divisioni e che sembrano vivere tra le curve sud degli stadi – non aiutano l’esplorazione di soluzioni solide e stabili (tra riforme utili, stabilità necessarie e innovazioni possibili) soprattutto nel complesso quadro geostrategico della popolazione di Gaza e del Popolo Palestinese immersi in una catastrofe umanitaria mai vista con queste dimensioni e persistenza dal secondo dopoguerra in un tempo così breve. Dobbiamo sperare che cessate il fuoco e restituzione degli ostaggi e accesso agli aiuti nell’Accordo ora raggiunto portino poi a un Comitato Internazionale di governance della ricostruzione per garantire il ritiro di Israele e l’avvio di una soluzione umanitaria e politica con i paesi arabi al centro di una soluzione stabile e condivisa utile per tutta l’area oltre che per la sopravvivenza dei Palestinesi, in primo luogo, per la sicurezza di Israele. Una traiettoria che porti da una parte al disarmo di Hamas e al suo disimpegno da Gaza ma anche alla marginalizzazione degli estremisti messianici razzisti del Governo Netanyahu (Ben-Gvir e Smotrich) che stanno minando le stesse condizioni di esistenza di Israele visto l’isolamento nel quale lo hanno portato in 28 mesi. Come dice Ilan Pappe’ – grande storico Israeliano – che sostiene che Israele rischia l’implosione se non ritroverà la sua anima democratica e il suo storico sentiero costituzionale oltre che umanitario e di solidarietà globale come vero alveo laico dell’ebraismo. Al Cairo con il bypass coronarico del Piano Trump – per quanto fragile –  si è raggiunto un Accordo fondamentale per Gaza per riprendere a respirare  e vivere ma anche per Israele che non può inseguire in eterno la sua estrema destra messianica e per interrompere il rischioso isolamento internazionale con un ombrello USA che potrebbe non rimanere aperto per sempre e  incondizionatamente viste le posizioni allineate di tutto il mondo arabo e il riconoscimento all’ONU dello Stato di Palestina di 152 nazioni su 190. Anche per contenere l’antisemitismo che riprende con forza e che l’attacco di settembre alla Sinagoga in UK ne è un sintomo forte, quale strumento essenziale “esterno” di protezione di Israele (anche da se stesso). Sapendo che solo gli USA possono svolgere questa funzione protettiva per il forte cordone ombelicale che li lega storicamente e inestricabilmente ma per il quale una costola moderata del MAGA non è disposta a tutto vista la catastrofe umanitaria di Gaza e che ha spinto per questo Accordo. Dunque Popoli contro Populismi vecchi e nuovi e con una Europa ancora troppo timida nelle sanzioni verso Netanyahu così come il Governo Meloni. Facendo emergere con chiarezza che la debolezza della politica purtroppo non coincide con la forza di leader solitari se rimangono isolati e in assenza di visione, spesso prigionieri di interessi di parte e anche personali. Ricordandoci che la pace è una cosa seria e che perché possa realizzarsi impone soprattutto “uomini liberi” e piani che per essere stabili e guardare al futuro impongono inclusione e condivisione. Inoltre, che una pace forte impone – a tutta evidenza – una soluzione congiunta per il Popolo Palestinese e per la sicurezza di Israele e perché sia tale deve irraggiare benefici per tutta l’area. Peraltro, nella consapevolezza che per soluzioni che escludano in futuro sia terrorismo e sia altre guerre l’unica via credibile rimane quella di 2S2P2T (2Stati-per2Popoli-per2Territori) a garanzia di un’autentica convivenza di pace in sicurezza per l’intera area. Ma per questo servono leader capaci, disinteressati e con visioni lunghe immerse in forti sensibilità umanistiche e del realismo che purtroppo non si vedono all’orizzonte. I Popoli allora sollecitano nuovi leader per nuove politiche nonostante i mondi digitali cancellino la memoria del passato e la prospettiva di futuro espandendo un presente replicativo dove vero e falso oppure bene e male non sono più distinguibili in un degrado cognitivo diffuso imprigionati da manipolazioni retoriche e trappole cognitive ricorrenti 24h24 su schermi da 8 pollici, polarizzando ed estremizzando le opinioni pubbliche. Ma la tregua di oggi può aprire i cancelli della speranza verso una pace giusta domani.

"politica"
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