Questioni di genere
Violenza di genere endemica tra pene e repressione inefficaci e prevenzione negata
Tragico teatro delle ombre della politica di fronte alla endemizzazione persistente della violenza sulle donne :
una su tre subisce violenze fisiche o sessuali almeno una volta nella vita (12 milioni di donne 16-75 anni)
Conflitti interni alla destra (Salvini “contro” Meloni o gioco delle parti ?) bloccano al Senato un accordo bipartisan raggiunto sulla “Legge Boldrini”. Un tragico teatro delle ombre di fronte alla endemizzazione persistente della violenza sulle donne : una su tre subisce violenze fisiche o sessuali almeno una volta nella vita (32% del totale, ossia per circa 12 milioni di donne 16-75 anni) e 2 su 3 di tipo psicologico (viste le “violenze sommerse”) e con un femminicidio ogni 3,5 giorni (nel 2025). Una strage catastrofica funzione di una catena di processi interconnessi e di una enorme “violenza sommersa” in contrasto con un’era della modernità che si vorrebbe civile e del rispetto della persona, sempre e con chiunque e in un paese sventolato dalla Presidente del Consiglio della “Triade Dio, Patria e Famiglia”. Quali ? Per quali asimmetrie di educazione familiare maschio-femmina, per quali valori religiosi e per quale patria e per quali statuti valoriali? Mentre riscontriamo ancora impronte di un’era del passato con feroci maschilismi e paternalismi parassitari che si auto-innestano incestuosi nella negazione della vita delle donne incastonati in un patriarcato di potere familistico catacombale (92% delle vittime sono donne). E’ tragico che una politica debole e ostaggio di equilibri di maggioranze “oscurantiste” possa sfregiare un accordo di civiltà già scritto e sulla pelle delle donne. Per dire che il rispetto e la vita delle donne “possono aspettare” sull’altare del raccatto di consensi tra “maschi paternalisti e violenti” avvinghiati come cozze alle rocce dei loro privilegi e poteri di genere e familistici o clanici. Politici fragili che lo spiegano con il finto argomento della presunta “inversione della prova”: un falso storico oltre che di ragionevolezza giuridica. È infatti sempre il PM che cerca la “prova” facendo zampillare la “verità” che si deve formare nel contraddittorio tra le parti circa la natura del reato di violenza sessuale. Questa si deve incardinare nel “consenso libero, attuale e persistente” che non può costituire alcuna ” inversione della prova“, proprio perché gemmata al dibattimento nel processo. È qui e solo qui che si stabilirà se quel rapporto “violento” è avvenuto con o senza “libero consenso“. Quindi non può (e non deve) essere la donna (mai) a dover dimostrare il dissenso attraverso una qualche reazione esplicita (urla, lotta, difesa dall’attacco, lesioni, fuga, peraltro sempre ex-post) per la semplice ragione dimostrata dai fatti e da centinaia di casi e studi che la paura spesso paralizza la vittima e la immobilizza anche nella forma di stati di trans distruttivi (nota anche come freezing syndrome) o come nei “dolorosi silenzi familiari a difesa dei figli o degli equilibri familiari”. Purtroppo “sempre dopo” e mancando insomma misure ex-ante (prossime agli eventi spesso ripetuti ma senza ascolto o nell’indifferenza ) e preventive (distanti e formative ). Infatti, non esistono tracce di violenze senza fatti se non nella mente confusa di maschi violenti e che la usano con le note “querele strumentali” (migliaia le denunce per “calunnia” in casi di violenza nell’estremo tentativo tardivo di “negare nascondendo la mano”) supportate da avvocati compiacenti o giudici distratti. La giurisprudenza più attenta è concorde su tale snodo, tanto che 21 paesi europei l’hanno recepita da tempo anche stimolati da movimenti come il MeToo. Ancora una volta siamo tra gli ultimi in una battaglia di civiltà e come occasione persa tra i governi più longevi. Una longevità certo non declinabile al femminile. Dunque, purtroppo, giuriste della maggioranza e ex ministre si appellano strumentalmente a tali cavilli e tecnicismi per mascherare un limite culturale a tutelare le donne come conquista di civiltà nel primo dei diritti: la vita come funzione di una “libera scelta” che non deve mai essere violata e sempre rispettata, anche nel silenzio, nel non detto o nel non espresso. Sapendo bene che il processo per le donne è sempre una dolorosa crocefissione pubblica. Se tale ” retromarcia della maggioranza in Senato fosse – peraltro – una reazione all’ esito del voto regionale sarebbe ancora più incivile, ignobile e vergognoso per un paese del G7. Forse in una procrastinazione catastrofica di far prevalere una “civiltà ormonale” (del tutto strumentale, tossica e viscosa) su quella del rispetto e della dignità umana? Mentre il consenso deve sempre essere esplicito e chiaro attorno ad un “consenso libero” e in un “contesto mai vincolato” ( né fisico, né psicologico, né percettivo, né transattivo) e perché un no è un no e che a volte anche un si vuol dire no in specifiche condizioni psico-fisiche e/o di assunzione di sostanze psicotrope. E perché astenersi (come maschi) si può e si deve scoprendo magari l’amore, la gentilezza, la prossimità oltre al rispetto della dignità dato che non possiamo né dobbiamo (e né vogliamo) mai possedere una persona, perché si tratta di schiavitù, terminata qualche secolo fa, forse (?) anche “contro” (alcuni ma rilevanti) errori di Cartesio tra molti altri! Possesso che nulla ha a che vedere con il rispetto, la responsabilità o l’amore.
Dunque, quella “retromarcia parlamentare” fa sorgere allora forte il dubbio che non sussista né la volontà politica e né la forza di una scelta culturale di civiltà per eradicare un comportamento maschile endemico come retaggio medioevale di sopruso e violenza sulle donne e che avviene prevalentemente nei perbenismi viziosi di molte mura domestiche. Un comportamento maschile che agisce sul ricatto/terrore verso le donne che denunciano (purtroppo) solo nel 5% dei casi. Che si configura anche negli estremi impensabili per l’umana dignità violata in modo seriale e tossico come nel caso francese di Gisele Pelicot da parte del marito per anni e che ha scioccato l’intero universo dei viventi e che ci interroga – parafrasando Nietzsche – “se siamo ancora umani o non troppo? “. Che l’eroica Gisele ha deciso di svelare al mondo, prima che nei tribunali. Forme di violenza inaudita che non esistono nemmeno tra i primati inferiori, gorilla o scimpanzé. Che ci interroga hic et nunc come maschi su come sia possibile e che senso abbia solo avvicinarsi o toccare una donna senza il suo “libero consenso” e magari nel chiuso ovattato del focolare con un cocktail di meschinità involute spesso iterative? Da qui l’urgente necessità di reinventare il maschio – oltre le pene repressive (che già esistono ma spesso inefficaci e ad evidenza anche con braccialetti non funzionanti) – con una seria politica di prevenzione attraverso l’educazione scolastica all’affettività, alla relazione e alle emozioni, compresa la conoscenza del nostro corpo e delle sue funzioni sessuali e che dovrebbe distinguerci dai primati citati sopra che forse tanto inferiori non sono dato che per loro la conoscenza del corpo è esplorata naturalmente fin dalla nascita. Istituendo una ormai assolutamente necessaria Authority (indipendente dalla politica e nominata dalla Presidenza della Repubblica) e con poteri forti (di monitoraggio, indagine e sanzione) su tutta questa delicata e complessa materia. Sapendo peraltro che l’altro nodo fondamentale è allora supportare l’indipendenza delle donne e la loro autonomia economica, sociale e culturale nelle imprese, nelle istituzioni come nella famiglia o nella scuola. Maschi (padri, mariti, fratelli, fidanzati, zii, amanti e amici) se ci siete ancora battete un colpo e, se non ora, quando… perché domani sarà troppo tardi e senza alcuna possibile reversibilità nella solitudine del buio!
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