Smart Working, per Sogei il protocollo di Orlando non vale

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3 Dicembre 2021

I casi di aziende pubbliche che violano le regole sono sempre più frequenti. Sogei, azienda informatica del MEF, ha deciso di regolare lo smart working unilateralmente, aggirando quanto previsto da un protocollo promosso di recente dal Ministero del Lavoro. La RSU aziendale ha chiesto al ministro Orlando cosa ne pensa con una petizione firmata da 1.500 lavoratori.

La bozza di Protocollo sul lavoro agile, promossa nelle scorse settimane dal Ministero del Lavoro e sottoposta a sindacati e associazioni datoriali viene bocciata da un’azienda di Stato prima ancora di entrare in vigore. L’articolo 15 del documento, di cui il Corriere ha pubblicato oggi il testo integrale (Corriere031221) e che dovrebbe essere licenziata definitivamente martedì, stabilisce che “Le Parti sociali concordano sulla necessità di incentivare l’utilizzo corretto del lavoro agile anche tramite un incentivo pubblico destinato alle aziende che regolamentino il lavoro agile con accordo collettivo di secondo livello”. Ma Sogei, azienda al 100% del Ministero dell’Economia, che si occupa di innovazione e informatica nella Pubblica Amministrazione, ha deciso di fare diversamente, redigendo unilateralmente un regolamento interno sullo smart working e rifiutando il confronto con la rappresentanza sindacale aziendale.

Nei giorni scorsi i rappresentanti dei lavoratori Sogei hanno pubblicato una petizione online, che ha raccolto 1.500 firme (circa due terzi dei dipendenti) e stamane una piccola delegazione di delegati sindacali e lavoratori – una presenza più ampia non è stata autorizzata per le nuove regole sulle manifestazioni nei centri urbani – ha dato vita a un presidio davanti al Ministero del Lavoro a Roma e consegnato il documento a un rappresentante del ministro Orlando. “Mentre a livello nazionale si riconosce il valore della partecipazione e del confronto tra le parti sociali per concordare un protocollo di regole condivise– scrivono nella petizione –, a livello aziendale una delle più importanti aziende tecnologiche, di proprietà interamente statale, decide di emanare un regolamento unilaterale, disconoscendo qualsiasi contributo di Rsu e Organizzazioni Sindacali”.

Da marzo del 2020 – denunciava la RSU a luglio, in occasione dello sciopero indetto proprio per protestare contro l’atteggiamento reticente dell’Azienda – il 95% dei dipendenti ha lavorato da casa e “in 16 mesi di smart working l’Azienda ha risparmiato circa 3 milioni di euro sul costo del lavoro (trasporti, pasti, utenze, trasferte e straordinari) e beneficiato di maggiore produzione per 6,6 milioni di euro grazie alla riduzione delle assenze retribuite (malattia, congedi, 104, maternità ecc., non ultimi 1.263 giorni  equivalenti di formazione in orario di lavoro non effettuata, una riduzione del 18%). È come se nel corso del 2020 alle dipendenze di Sogei avessero lavorato 81 persone in più” (GliStatiGenerali200721).

Lasciare a Sogei mano libera nella gestione di un istituto delicato come il lavoro da remoto secondo la RSU rappresenta un “grave errore”, perché significa non avere garanzie che vengano trattati adeguatamente aspetti fondamentali come l’inclusione di tutti i lavoratori e le lavoratrici, il diritto alla disconnessione, la pianificazione delle giornate di lavoro, gli orari e la facoltà dell’azienda di contattare i lavoratori durante la giornata.

“Martedì – ci conferma Tania Scacchetti, segretaria confederale della CGIL – come organizzazioni sindacali avremo un incontro per cercare di chiudere l’accordo sulla bozza di Protocollo, che il ministro Orlando ci ha fatto sapere di considerare praticamente definitiva. Con quello strumento non si può imporre alle aziende di fare accordi sullo smart working, ma certo il testo indica con chiarezza che la strada è quella”. E in ogni caso questo è l’approccio del sindacato: “Per noi è chiaro – ribadisce la Scacchetti – che il ruolo della contrattazione collettiva è centrale, perché riteniamo che la materia non possa essere gestita unilateralmente dalle aziende, né ricadere sulle spalle del singolo lavoratore. Non conosco la vicenda Sogei nel dettaglio, ma penso che se dei lavoratori, insieme ai loro rappresentanti, rivendicano il diritto di regolare lo smart working con un accordo aziendale hanno ragione”.

Dopo il caso Alitalia vedere il governo che da una parte è garante del rispetto delle regole, dall’altra lascia che le sue aziende siano le prime a violarle sta diventando uno spettacolo ricorrente. “Il Ministero del Lavoro, che sta operando a livello nazionale per un sistema di regole concordato tra le parti sociali, ritiene compatibile con il quadro politico quest’agire unilaterale di un’azienda di proprietà statale?” è la domanda con cui si conclude la petizione consegnata questa mattina ai funzionari del ministro Orlando. Oggi l’interrogativo posto da questi 1.500 lavoratori al Governo ci sembra assumere una portata più generale.

TAG: andrea orlando, smart working, Sogei, Tania Scacchetti
CAT: Sindacati

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