Costume
Tradizioni che il tempo non cambia
Ogni luogo nel mondo si differenzia da un altro per la sua cultura e peculiarità che lo contraddistinguono, realtà uniche cui mettere a confronto aspetti che silenziosamente si collegano o nettamente contrastanti fra paesi limitrofi o visibilmente distanti. Tradizioni e usanze sottolineano l’anima e l’identità di un popolo, valori tramandati, usi e costumi che fanno scena sul panorama geografico che racchiude il bello che ci circonda. Varietà di aspetti che attendono di farsi riscoprire racchiuse nelle tradizioni che sanciscono l’identità di un popolo, senza le quali sarebbe sconosciuto ai più: giochi, feste patronali, sagre. Di generazione in generazione, a testimoniare il cuore pulsante di un popolo e le sue radici, la natura, le stagioni e la ciclicità del tempo fanno da protagonisti evocando ricordi lontani e legami legati al passato, un fuoco che, pur sotto braci silenziose, arde per la cultura semplice e genuina di chi ha vissuto momenti e nostalgie di un tempo ormai trascorso, che riaffiora in circostanze temporali “calendarizzate” legate ad esempio alla tradizione religiosa.
Le società maggiormente industrializzate, orientate prevalentemente alla crescita economica e distratte dal consumismo frenetico, tendono a perdere il legame con la cultura popolare che nasce dalla netta separazione tra la società del passato e quella attuale, diversamente dalle realtà di massa dove si tende a preservare il patrimonio culturale e morale legato ai riti e alle feste di paese che sono ancora accettati come “tesoro trasmesso dagli avi”, tramandato alle giovani generazioni e, laddove questo non avviene, laddove un paese perde il suo contatto con le sue radici e la sua storia, comincia a decadere fino a sparire. Per avere una diversa chiave di lettura col nuovo che avanza, il passato si riscopre nelle scene di vita quotidiana, quando si custodivano momenti a ricordo di una cultura contadina ormai inesistente, scene di vita legate ad antichi mestieri ormai scomparsi, attività agricole che richiedevano la partecipazione di persone che si avvicendavano nella vita dei campi a ricordare aneddoti alla stregua della “ Giara “ di Luigi Pirandello in cui fra il rigore ridicolizzato del padrone e le battute spiritose e le risate dei contadini regnava il buonumore dinanzi al fuoco simile al Falò di San Giuseppe.
Chi non ricorda con nostalgia i pomeriggi passati a giocare, quando finalmente arrivava la bella stagione, fino a che le mamme non reclamavano per cena? Giochi per lo più praticati all’aria aperta per le strade, nelle piazze e nei cortili… erano semplici passatempi che richiedevano velocità, destrezza e tanta fantasia, erano sempre accompagnati dalla gioia dello stare insieme e poter condividere anche le piccole cose. I giochi erano a costo zero e nessun bimbo veniva escluso. La maggioranza dei giochi tradizionali favorivano la socializzazione e lo stare insieme anche per fasce di età diverse. I giocattoli ricavati da semplici materiali reperiti fra gli scarti di falegnameria, dalle sarte in cucina o in cantina: sughero, legno, stoffa, carta, cartone, tappi, bottoni, barattoli di latta assumevano sembianze di giocattoli con i quali ci si divertiva sia da soli sia in gruppo.
Se si parla di feste patronali vengono in mente processioni, bande, cassa armonica, bancarelle, giostre e fuochi d’artificio. Queste feste rispondevano al desiderio e alla necessità vitale dell’uomo di dare spazio alla spiritualità e alla socialità, attraverso manifestazioni di gioia, per interrompere la monotonia del quotidiano. Un momento di forte identificazione in cui tutta la comunità si sentiva, a vario titolo, naturalmente coinvolta e laddove i concittadini espatriati o che vivevano lontano, tornavano proprio in concomitanza della festa. E tante sono le feste patronali in Italia che ogni anno, maggiormente nei mesi estivi, richiamano la cittadinanza che riunita in un lungo corteo religioso, porta in giro a spalla, per le strade del paese o della città, la statua del santo patrono, accompagnata da preghiere, canti religiosi e brani sinfonici di bande musicali. I fedeli partecipano portando altari e costruzioni coreografiche realizzate con candele, ceri e fiori, in un rito che rappresenta sì un momento di forte coinvolgimento comunitario ma soprattutto di grande spiritualità e devozione.
Le sagre, a cadenza annuale, festeggiano il legame profondo tra comunità, territorio e tradizioni locali, eventi il cui protagonista, il cibo e le eccellenze enogastronomiche, suggellano i momenti di incontro, condivisione e festa, spesso accompagnati da mercati, spettacoli e attività celebrate attorno ad un piatto tradizionale, un prodotto tipico o a ricorrenze religiose. Non a caso l’etimologia della parola “sagra” deriva dal latino sacer, che significa “sacro” a ricordare le feste religiose ad esse associate con la celebrazione dei santi patroni. E le sagre si svolgono ancora oggi in prossimità dei sagrati delle chiese, dove si ringraziavano le divinità per i raccolti, si chiedeva protezione per la nuova stagione alle porte e si offrivano offerte di prodotti legati alla terra. Con il tempo, queste festività tradizionali hanno acquisito una dimensione sempre più laica e conviviale, mantenendo però il loro spirito originario di condivisione e gratitudine partendo dal significato autentico della campagna che racchiude sempre il suo significato di luogo pregno di autenticità, valori genuini del buon cibo che rappresenta l’elemento chiave per raccontare le radici culturali e attirare turisti.
Oggi, maggiormente nelle società urbane, complesse, eterogenee e multisfaccettate, hanno preso il sopravvento altri elementi che rischiano di svuotare il contenuto specificamente cristiano e umano che forse presentavano all’origine, perdendo così anche il carattere di occasione favorevole di incontro e di dialogo tra i membri di una stessa comunità. Tuttavia le tradizioni sono le nostre radici, la nostra cultura, la nostra identità, il nostro mondo perchè un popolo senza tradizioni è un popolo privo di anima.
Igor Stravinsky scriveva: “Una vera tradizione non è la testimonianza di un passato concluso, ma una forza viva che anima e informa di sé il presente”.
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