
Costume
Un uomo d’altri tempi
Ieri ci ha lasciato Paolo Sottocorna, erede di Bernacca e della meteorologia sobria degli anni ’70, che resisteva all’allarmismo urlato di oggi. Quando spiegare era meglio che terrorizzare, e le previsioni erano scienza, non spettacolo.
Stamattina ci siamo svegliati e non c’era. Non c’era il suo sorriso pacato, lo sguardo sorridente, la sua “force tranquille”. Paolo Sottocorona se n’è andato sottovoce, come faceva le sue previsioni del tempo.
Pensando a lui, mi viene in mente un’epoca della televisione italiana in cui le previsioni del tempo erano un momento di rassicurante quotidianità. Sottocorona, con il suo tono pacato e la sua competenza scientifica, ha rappresentato una continuità con quella grande tradizione meteorologica televisiva che ha formato generazioni di italiani.
Il capostipite fu il colonnello Edmondo Bernacca, vera icona degli anni Settanta, con la sua voce calma e il suo inconfondibile “Che tempo che fa”. Bernacca non urlava, non drammatizzava: spiegava. Con la sua bacchetta indicava le isobare sulla carta sinottica, parlava di anticicloni e perturbazioni con la pazienza di un maestro. Accanto a lui, il generale Andrea Baroni portava avanti lo stesso stile sobrio e autorevole, fatto di competenza militare applicata alla meteorologia.
C’erano poi Guido Caroselli e tanti altri professionisti che consideravano le previsioni del tempo un servizio pubblico, non uno spettacolo. Parlavano di “cielo poco nuvoloso” o “precipitazioni sparse” con terminologia precisa, quasi burocratica, ma proprio per questo rassicurante.
Oggi il panorama è radicalmente cambiato. Le previsioni meteo sono diventate spesso un bollettino di guerra, con allerte colorate che lampeggiano sullo schermo come semafori impazziti. Ogni pioggia diventa “maltempo estremo”, ogni temporale estivo è un “evento apocalittico”. I bollettini sono urlati, drammatizzati, accompagnati da grafiche aggressive che mostrano Italia colorate di rosso sangue e arancione fuoco, con i nomi sempre più fantasiosi legati ad improbabili cambi repentini delle temperature.
Questo stile sensazionalistico risponde a logiche televisive moderne: serve audience, serve coinvolgimento emotivo, serve che la gente resti incollata allo schermo. Ma si perde qualcosa di fondamentale: la capacità di informare con equilibrio, di educare il pubblico a comprendere i fenomeni atmosferici invece di temerli indiscriminatamente.
Paolo Sottocorona cercava di mantenere quel rigore scientifico, quella misura espositiva che fu di Bernacca. Non gridava, spiegava. Non terrorizzava, informava. In un panorama mediatico dominato dall’ansia e dall’allarmismo climatico spesso strumentale, questa sobrietà professionale appare quasi rivoluzionaria.
Chissà se ci sarà ancora posto per quello stile: meno allarmi rossi per ogni nuvola, più spiegazioni scientifiche. Meno spettacolarizzazione della natura, più rispetto per l’intelligenza del pubblico. Il meteo è scienza, non fiction catastrofista. Bernacca lo sapeva, Sottocorona lo ricordava ogni mattina. Ci mancherà.
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