Moda

“Catwalk” al Vitra Design Museum: la Storia delle Passerelle di Moda come spettacolo

“Catwalk: The Art of the Fashion Show”, una mostra sull’evoluzione dei défilé da rito intimo a fenomeno mediatico, intrecciando moda, architettura, spettacolo e rivoluzione culturale

21 Ottobre 2025

La Moda non è mai stata soltanto abiti: è narrazione, presenza scenica, magia effimera che vive in pochi minuti, ma imprime immagini nella memoria globale. Con la mostra “Catwalk: The Art of the Fashion Show”, in corso al Vitra Design Museum  (Weil am Rhein, Germania) dal 18 ottobre 2025 al 15 febbraio 2026, il museo esplora il fenomeno delle sfilate come forma d’arte totale, stratificata e in continuo mutamento. La mostra, curata da Jochen Eisenbrand e Katharina Krawczyk (assieme a Kirsty Hassard e Svetlana Panova), presenta una linea narrativa che parte dagli esperimenti pionieristici del primo Novecento per arrivare alle visioni digitali contemporanee.

Attraverso fotografie storiche, filmati, pezzi d’archivio, abiti celebrati, bozzetti e oggetti scenografici, il visitatore attraversa quattro sezioni principali che offrono chiavi di lettura sul cambiamento del défilé nel tempo. Nelle prime sale, si ricostruisce come le sfilate nascessero in ambienti ristretti — salotti, studi di couturier — e fossero praticate davanti a pochi eletti. Il passaggio al palcoscenico pubblico è lento ma decisivo: negli anni Cinquanta e Sessanta le case di moda cominciano a spostare la passerella in spazi più ampi, a sperimentare scenografie, luci e musica. Una sezione centrale è dedicata agli anni Ottanta e Novanta, quando il défilé diventa “evento”: le top model conquistano il mito mediatico, mentre i designer (tra cui Martin Margiela, Helmut Lang, Prada) portano sulla passerella estetiche radicali e provocatorie.

Nel tratto finale, la mostra analizza la sfida del XXI secolo: la sperimentazione virtuale, le sfilate live-streaming, gli scenari con strutture architettoniche iconiche (Grand Palais, installazioni monolitiche, scenografie ambientali) e il ruolo delle sfilate in epoca digitale.

La mostra vanta una selezione di brand e momenti emblematici della storia della moda: nomi come Balenciaga, Chanel, Dior, Gucci, Martin Margiela, Prada, Viktor & Rolf, Louis Vuitton, Yohji Yamamoto, Giorgio Armani e molti altri sono protagonisti tramite pezzi autentici, materiali di scena, registrazioni video e testimonianze curatoriali. Ad esempio, gli spettacolari show di Chanel (lancio di un “razzo”, scenografie drammatiche), o le sfilate in location ardite (come la Grande Muraglia per Fendi ) compaiono come momenti simbolici del salto dal couture al teatro della moda. Allo stesso tempo, la mostra non dimentica la dimensione modulare del backstage: bozzetti, inviti, luci, modelli tecnici e macchinari scenici rivelano il lavoro invisibile che precede il momento di “entrata in scena”.  Una delle voci curatoriali che emerge è quella del ruolo critico del gesto scenico: nel percorso si accendono riflessioni su come alcune sfilate siano diventate veri atti politici o di rottura (vedi sfilate che rappresentano disuguaglianze, corpi estraniati, installazioni provocatorie). Questa mostra affascina non solo per la ricchezza storica, ma per l’intreccio che propone tra moda, architettura, performance e società. In un allestimento che riflette il desiderio di “camminare dentro” la storia del runway, lo spettatore si trova immerso in installazioni che evocano corridoi scenici, luci puntuali e spazi “in transito”. Il tema della instabilità della moda (e della sua fugacità) è ben presente: quanto dura un défilé? Quindici minuti, forse meno, eppure le immagini restano e si diffondono sui media. Inoltre, l’allestimento all’interno del Vitra Design Museum rispetto alla Moda, sembra voler stimolare il pensiero critico: la passerella non è neutra, è veicolo di ideali estetici, corpi desiderati, norme culturali che mutano. La moda in scena diventa una mappa simbolica del tempo. Molto interessante è anche come la mostra renda evidente il rapporto fra spazio e sfilata: gli archi luminosi, le passerelle specchiate, le strutture pneumatiche, i podi architettonici riescono a diventare protagonisti quanto le modelle stesse. Il confine tra moda e architettura – tra oggetto e spazio – si dissolve. Infine, nell’era della digitalizzazione, la mostra pone una domanda: la sfilata dal vivo è in crisi? Le sfilate virtuali o ibride (accelerate dal lockdown) rimettono in gioco la materialità del corpo e della passerella, ma non riescono a sostituirla. Ecco emergere un’idea: quello che resta insostituibile è l’esperienza collettiva, il vedere e essere visti in un luogo fisico.

Perché questa mostra è importante per il mondo della moda contemporanea

Riconosce la sfilata come medium culturale, non solo veicolo commerciale, valorizzando il défilé come oggetto di studio e sperimentazione. Offre uno sguardo multidisciplinare: non solo abiti, ma scenografia, architettura, suono, luce, performance, un’esperienza immersiva che parla a chi lavora nel campo (stilisti, scenografi, curator) e anche al pubblico curioso. Testimonia il mutamento dei paradigmi estetici e sociali: la moda in passerella riflette fragilità culturali, cambiamenti nei corpi desiderabili, nuove richieste di inclusività e sostenibilità. Collega passato e futuro, esponendo “classici” del passato accanto a proposte virtuali e digitali: la mostra è dunque ponte tra memoria e innovazione. È un’occasione di contaminazione istituzionale: il Vitra Design Museum ospita la Moda, sottolineando che i confini disciplinari sono oggi fluidi, che il fashion show è un fenomeno che merita riflessione anche in contesti “altri”.

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