Costume
Lorettobad, la piscina di Friburgo che mette a nudo corpi e conflitti
Nella piscina femminile di Friburgo, Lorettobad, covano conflitti che raccontano molto più di un’aneddotica locale: tra la Foresta Nera e l’Alsazia, si misura la promessa e la fatica di un’Europa che cerca nuove regole di convivenza.
In giro per Friburgo, in quella parte di Germania incuneata fra la Svizzera e la Francia, è forte la tentazione di sposare il luogo comune sul particolare rapporto che i tedeschi hanno col proprio corpo. Specialmente in estate, le persone camminano scalze sui marciapiedi, a malapena celano le pudenda per cambiarsi la biancheria dopo un bagno rinfrescante nel fiume Dreisam, addirittura prendono la tintarella in costume adamitico sulle rive dei molti laghetti che punteggiano il tessuto urbano.
Il pensiero va allora alla “Cultura del corpo libero” (in tedesco, Freikörperkultur, divenuto un marchio come FKK), che vide la luce all’inizio del ‘900 e si diffuse ampiamente negli anni della repubblica di Weimar: il nudismo nei parchi, sulle spiagge e nelle saune era totalmente de-sessualizzato e rimandava a un’idea di naturalezza, benessere e salubrità. Quando i nazisti presero il potere, inizialmente lo misero al bando e poi cercarono di incanalarlo nelle organizzazioni sociali del partito. L’esibizione del corpo discinto aveva i propri sostenitori fra i gerarchi di Hitler, come eloquentemente dimostrato dal famoso film Olympia, con cui la regista Leni Riefenstahl celebrò i Giochi berlinesi del 1936: i corpi atletici erano scoperti e raffigurati come simboli di una purezza che rimontava all’ideale della scultura classica e all’armonia fra corpo e natura tipica del nudismo.
Nessuna meraviglia quindi che in Germania Est, la dittatura comunista avesse in principio contrastato la FKK, intravedendovi i segni di una triade demoniaca rappresentata dal sesso, dal nazismo e dal cedimento a valori borghesi e decadenti. Tuttavia, il favore popolare rimase immutato e per i cittadini della Repubblica Democratica Tedesca il naturismo divenne uno spazio di autonomia e libertà, un modo innocuo per pronunciare un piccolo “no” contro il regime. Impossibilitato a sradicare il fenomeno, il Governo lo assecondò, presentandolo come il risultato del progresso socialista.
Anche oggi le implicazioni valoriali dell’esposizione di porzioni più o meno vaste di epidermide conducono a contrasti culturali, di diversa specie ma sempre laceranti. Lo si vede proprio a Friburgo, dove dal 1841 si può nuotare nella piscina Lorettobad. In principio riservata agli uomini, nel 1886 vi fu inaugurata un’area separata per le donne e Lollo, come affettuosamente la chiamano i friburghesi, è ancora la sola piscina del paese dove vige la segregazione di genere – i signori sono ammessi nell’adiacente spazio per famiglie. Esiste anche un’associazione degli “Amici della Lorettobad”, che nella bella stagione organizza concerti di musica classica. Anni fa, Lorettobad fu al centro dell’attenzione per risse verbali e fisiche fra le frequentatrici, sedate solo con l’intervento della polizia. Fra le donne svizzere e francesi di origine musulmana, grazie al tam-tam dei social, Lollo era diventata un luogo ambito di svago e ricreazione dove togliere o tenere il burkini o il jilbab senza temere censure o reprimende. A un certo punto però si erano spinte troppo oltre, violando quei codici non scritti di comportamento che sempre segnalano la reale condivisione o meno di una determinata cultura collettiva.
Le clienti assidue della Damenbad (o i tedeschi in generale) attribuiscono una grande importanza al silenzio e al relax: parlare a voce alta, alzare il volume della musica o gridare fanno sollevare più di un sopracciglio. La discrezione e l’assenza di voyeurismo sono obblighi assoluti, così come l’accettazione della nudità e l’uso moderato e non invadente degli spazi comuni. Per le habitué del posto, Lorettobad è una specie di salotto en plein air, dove prende forma un’idea posata di femminilità con saluti discreti, toni pacati, rispetto delle anziane, cura delle attrezzature.
La trasgressione di queste “buone maniere” fu più che altro il mero trasferimento nella Damenbad da parte delle bagnanti “transfrontaliere” delle loro banali abitudini di vita: prole schiamazzante, convivialità rumorosa, grigliate sul prato, uso prolungato di docce e spogliatoi, una (presunta) scarsa attenzione all’igiene personale, furono la miccia dello “scontro di civiltà”. Il consiglio di amministrazione reagì con un inasprimento del regolamento di balneazione, mentre l’associazione di “Amici”, fra il serio e il faceto, inviò una lettera all’ambasciata dell’Arabia Saudita invitandola a finanziare la costruzione di una piscina per signore nella vicina Alsazia francese. Nel 2022, la regista Doris Dörrie rifletté sulla questione con il film “Freibad”, illustrando abilmente come i conflitti culturali siano più aspri e irriducibili proprio nelle piccole vicende della vita quotidiana.
A distanza di anni, la controversia è ancora molto sentita e Lollo più che mai affollata da varia umanità. Una settantenne tedesca, in un topless disinvolto, dichiara la propria appartenenza alla Freikörperkultur e tutto il suo attaccamento alla Damenbad, cui non rinuncerebbe mai per il senso di serenità che prova nello stare semi-nuda sotto il sole ma lontano dalla sguardo giudicante dei maschi. Sollecitata sulle polemiche di cui abbiamo sopra riferito, ne rievoca con puntiglio le varie tappe e punta l’indice contro la mancanza del giusto savoir-faire da parte delle musulmane straniere, quel misto di tatto, etichetta e competenze sociali già acquisito dalle tedesche di seconda o terza generazione (unsere Ausländer, le “nostre straniere”, le chiama quasi comicamente). Non a caso, una libanese di 50 anni, cittadina della Germania da decenni, è fra le più critiche nei confronti delle turiste alsaziane, che proprio non si sanno condurre, sporcano gli asciugamani, lasciano che i bambini scorrazzino per ogni dove, hanno un atteggiamento aggressivo con il personale.
Un po’ in disparte se ne sta un terzetto del tutto singolare, formato da ragazze intorno ai vent’anni. Due di loro indossano l’usuale costume in due pezzi, l’ultima – che è anche la più avvenente – porta invece il velo e il burkini. Sono di origine siriana e scelgono Lollo da quando erano poco più che bambine, perché si sentono libere dal giudizio che sempre alberga nello sguardo degli uomini. Mentre si sistema una ciocca di capelli che sfugge alla cuffia-hijab, la più bella delle tre aggiunge, in un tedesco impeccabile e privo di accenti, che la piscina per signore è un luogo impagabile, non fosse per gli alti palazzi che sono sorti intorno al suo perimetro e dalle cui terrazze è possibile tenere sotto osservazione le bagnanti.
L’ultima notazione – mentre la luce scende radente dalle colline che annunciano la Foresta Nera – ci ricorda un illustre tedesco, il politologo Ralf Dahrendorf e il suo paradosso delle “aspettative crescenti”: ogni progresso genera nuovi desideri di miglioramento, i quali chiedono di essere soddisfatti producendo altro conflitto, che in una democrazia sana è il motore di ulteriori avanzamenti. Le tensioni alla Lorettobad trascendono quindi il semplice folklore aneddotico e ci dicono che le nuove generazioni, di qualunque estrazione, vogliono il pane e le rose. Proprio qui sta la fatica e la promessa di una società più aperta, che dalla frizione tra aspirazioni e consuetudini diverse può incamminarsi verso nuove forme di convivenza, forse imperfette, ma certo più sfaccettate e inclusive.
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