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Ambiente

Cecità ed ipocrisia ci condurranno all’estinzione

di Titti Ferrante
5 Ottobre 2024

Mentre scrivo questo pezzo mi viene in mente “Il pianeta delle scimmie”. La serie è iniziata con il romanzo La Planète des Singes dello scrittore francese Pierre Boulle in cui gli esseri umani si scontrano per il controllo della terra con scimmie intelligenti. Fortemente influenzato dai racconti fantastici di viaggi del XVIII e XIX secolo, in particolare i satirici “I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift. Boulle fa un uso realistico della scienza nel libro con vari riferimenti a teorie scientifiche, la principale è la teoria darwiniana dell’evoluzione che viene ripresa e capovolta su Soror, dove sono le scimmie ad aver raggiunto il maggior grado evolutivo. Un’altra teoria utilizzata è la teoria della relatività. Tuttavia, Boulle ha rifiutato l’etichetta di fantascienza per il suo lavoro, definendola “fantasia sociale”. Il romanzo è una satira sociale il cui messaggio centrale è che l’intelligenza umana non è una qualità fissa e può essere atrofizzata se presa per scontata.
Non é certamente fantascienza il fatto che finora abbiamo fatto il possibile per mettere a serio rischio la sopravvivenza degli umani sulla Terra. Il nostro egoismo ha offeso oltre misura un pianeta che non ci tollera più e non vede l’ora di sbarazzarsi di noi.
Come potrebbe, d’altronde, essere diversamente? La liturgia capitalista ha premiato la corsa arraffona al profitto, la miopia cinica, lo sfregio perpetuo dei territori. L’espressione é non a caso nel nostro Paese sintesi di pratiche sciagurate e al tempo stesso un’abitudine immutabile. Per non parlare dell’inquinamento massiccio e perverso che mostra l’attitudine al suicidio collettivo. Estinguersi, avrà pensato qualcuno, non é un problema di noi viventi ma di chi verrà, e quindi avanti tutta a colpi di malcostume.
Dopodiché ci sono gli effetti collaterali. Senza bisogno di tirare in ballo esempi lontani da casa, basta il disastro ciclico a cui stiamo assistendo in Emilia Romagna per capire quanto non siamo in grado di gestire il cambiamento climatico. Ogni anno piogge feroci e straripamenti di fiumi puniscono una Regione dove ciò che si sarebbe dovuto fare per arginare i danni é rimasto in parte sulla carta, cedendo il passo ai guasti della burocrazia e di una mancata consapevolezza di base: quella che il climate changing non é uno dei tanti temi sul tavolo di chi comanda – esaustivo con qualche lezioncina di educazione civica nelle scuole – ma l’argomento principe da trattare con urgenza. Un concetto tanto semplice da capire quanto difficile da tradurre in atti concreti.
D’altro canto il nostro é un Paese in cui ogni tre secondi si alza in piedi un lobbista a dire che siamo pronti per il ritorno del nucleare, trascurando il fatto che la sua versione pulita al momento non esiste e sorvolando sul dettaglio minimo che costruire centrali é un hobby tra i più cari e lenti. Lo stesso mood balzano applicato il discorso delle auto elettriche, ancora care e limitate nelle loro performance ma indispensabili in prospettiva per garantire mobilità sostenibile. Anche qui, invece di entrare nel merito delle questioni e provare a risolvere assieme, forte é l’impegno di soloni in debito di lungimiranza nel sostenere il peggio: che in questo caso é la guerra talebana alla transizione verde. Cioè da un’economia di solo fatturato a uno stile non autolesionista del fabbricare, consumare e vivere in generale. Pattume indifferenziato, questo oscurantismo, con cui ci troveremo a confrontarci per lungo tempo.
Come ha scritto Mario Tozzi, primo ricercatore al Consiglio Nazionale delle Ricerche, riguardo ai guai targati Romagna e in particolare ai negazionisti delle mutazioni planetarie in corso.

 

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