La copertina di Il futuro ad alta quota, luoghi che vogliono contare, di Andrea Ferrazzi, con prefazione di Giulio Buciuni, Rubettino Editore.

Beni comuni

“Il futuro ad alta quota” di Andrea Ferrazzi: la rivincita dei luoghi che vogliono contare

11 Dicembre 2025

Pubblicato da Rubbettino e in libreria da inizio gennaio (ma in quelle di Belluno è già disponibile), “Il futuro ad alta quota. Montagne, aree interne, periferie. La rivincita dei luoghi che vogliono contare” è il libro scritto dal direttore di Confindustria Belluno Dolomiti Andrea Ferrazzi e racconta un’Italia che ai margini si svuota mentre i centri corrono. Ferrazzi ribalta la narrazione sulle aree interne e montane mostrando come la frattura tra nostalgia e fiducia plasmi il destino dei territori: la nostalgia congela, la fiducia genera imprese, giovani, creatività. Il libro smonta i cliché sulla montagna come periferia senza futuro e la propone come laboratorio nazionale dell’innovazione sociale ed economica. Con analisi, dati e proposte operative, indica come i territori fragili possano diventare un vantaggio competitivo per l’intero Paese. Un invito a chi non si rassegna al declino e vuole rimettere l’Italia in movimento partendo dalle sue alture. Su gentile concessione dell’editore pubblichiamo la prefazione di Giulio Buciuni.


La cornice teorica di Periferie Competitive aiuta a collocare questa riflessione in una prospettiva più ampia. Oggi il nuovo disegno dell’economia globale moltiplica le periferie e le allontana dai centri, le città alpha dove si concentrano capitale umano, finanziario e tecnologico. In questo scenario la montagna rischia di diventare periferia della periferia, doppiamente esposta a marginalità economica e demografica. Non è solo un problema di distanza fisica, ma di distanza cognitiva e relazionale, che può condannare interi territori a essere tagliati fuori dalle reti che contano.

La montagna, tuttavia, non è condanna. Al contrario, è un terreno che può essere reinventato, se si ha la capacità di leggerne le risorse e connetterle alle traiettorie di sviluppo della nuova economia. Andrea Ferrazzi lo spiega in vari passaggi, soprattutto nella sua parte di proposta, dove indica con chiarezza come il futuro delle Terre Alte non possa fondarsi sulla nostalgia di un passato agricolo o industriale, né sulla monocultura turistica, ma su una strategia che metta al centro conoscenza, capitale umano e innovazione. La montagna non deve limitarsi a sopravvivere, può candidarsi a diventare laboratorio di futuro.

A sostegno di questa visione non mancano casi virtuosi che dimostrano come anche contesti apparentemente periferici possano diventare protagonisti. Boulder in Colorado ha trasformato la sua università e i laboratori federali in un ecosistema di startup e capitali di rischio tra i più vivaci degli Stati Uniti. Grenoble ai piedi delle Alpi francesi è diventata un hub europeo della deep tech, capace di attrarre imprese, scienziati e investitori grazie alla combinazione di ricerca pubblica e filiere industriali. Sono esempi che mostrano come la condizione montana non sia un limite, ma una possibilità se inserita in reti di conoscenza e di mercato.

Questo libro si inserisce in questo orizzonte e lo fa con una cifra personale e insieme collettiva. Personale perché nasce da una biografia e da un attaccamento sincero a un territorio che rischia di perdere centralità. Collettiva perché parla di sfide che riguardano l’Italia intera, delle sue province e delle sue aree interne che oggi vivono la tensione tra declino e rinascita.

Per questo va letto come un manifesto. Un manifesto che non si accontenta di descrivere ma che propone. Che guida il lettore tra riflessioni interiori e sguardo alto, tra coscienza delle fragilità e visione delle possibilità. Non un punto di arrivo ma un punto di partenza. Un invito a ripensare la montagna non come museo del passato ma come cantiere di innovazione economica, sociale e demografica

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